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l'editoriale del direttore

Trumpismi in ritirata. Perché il bicchiere europeo, un anno dopo l'arrivo di Trump, è ancora mezzo pieno

Claudio Cerasa

L'effetto dell'ondata Maga è stato l'opposto di quello che i trumpiani di un anno fa potevano immaginare in Europa: alle elezioni in Austria, Romania, Portogallo, Moldavia e Olanda ha vinto l'europeismo. L'Ue oggi è più consapevole di se stessa

Il trumpismo in America va ancora forte, nonostante tutto, ma il trumpismo in Europa sta conquistando o no i cuori degli elettori che esattamente un anno fa avevano osservato con grande speranza la nuova ascesa al potere di Donald Trump? Sono passati dodici mesi da quel giorno di novembre, il 5, che ha incoronato Trump per la seconda volta presidente degli Stati Uniti. E un anno dopo il trionfo trumpiano, si può dire, senza paura di essere smentiti, che il contagio europeo, almeno per il momento, semplicemente non vi è stato. Dal novembre del 2024 a oggi in Europa vi sono state elezioni importanti. E nella stragrande maggioranza dei casi il vecchio europeismo ha mostrato una vitalità infinitamente superiore al trumpismo di ritorno. Nel gennaio 2025, l’europeista Zoran Milanovic è stato rieletto presidente della Croazia con una vittoria schiacciante, ottenendo il 74 per cento. Nel febbraio 2025, in Germania ha vinto la Cdu e l’AfD è rimasta fuori dal governo.

A marzo 2025, l’Austria ha formato un governo con tutti i partiti europeisti, tenendo fuori gli euroscettici dell’FpÖ. Nel maggio 2025, in Romania ha vinto Nicusor Dan, europeista, sindaco di Bucarest, dopo un voto annullato per infiltrazioni russe, e nello stesso mese in Portogallo, alle politiche, i populisti di Ceuta sono cresciuti ma al governo sono arrivati gli europeisti di centrodestra. Nel settembre 2025, in Moldavia hanno vinto gli europeisti del Partito di azione e solidarietà. A ottobre, qualche giorno fa, in Olanda gli estremisti guidati da Geert Wilders hanno perso seggi rispetto alle elezioni precedenti, gli europeisti liberali conservatori ne hanno guadagnati e andranno al governo. E anche in Italia, in fondo, il partito più euroscettico, la Lega, nell’ultimo anno non ha visto aumentare i consensi, da quando c’è Trump, e il suo elemento più estremista, Roberto Vannacci, da punto di forza è diventato un punto di debolezza. Gideon Rachman, commentatore del Financial Times, ieri ha ricordato che i risultati delle elezioni degli ultimi mesi in Europa suggeriscono che la “marcia inarrestabile” dei populisti è un mito. Spesso perdono, lo abbiamo visto, a volte vincono senza riuscire ad arrivare al governo e quando vincono, se non cambiano, faticano a governare.

Quel che dunque abbiamo visto nel primo anno di trumpismo, in Europa, almeno a livello politico, ci mostra un quadro chiaro: l’effetto dell’ondata trumpiana è stato l’opposto di quello che i trumpiani un anno fa potevano immaginare in Europa. I partiti più vicini a Trump (AfD) non sono arrivati al governo. I primi ministri in teoria più vicini a Trump (Meloni) hanno dovuto trovare metodi creativi per essere sostenitori di Trump senza essere euroscettici. I capi di governo più allineati a Trump (Orbán) sono isolati in Europa.

E i politici che in teoria potrebbero incarnare più degli altri la spinta del trumpismo nei propri paesi (come il lepenismo in Francia, con tutte le sue diramazioni) stanno cercando di non legarsi al carro del trumpismo per provare a dimostrare di essere diversi dal populismo dei Maga americani. Il quotidiano online Politico, ragionando sulle elezioni olandesi, un trionfo di europeismo, ha sostenuto che in Europa, un po’ a sorpresa, il modello Mega, derivazione del modello Maga, ovvero Make Europe Great Again, sia stato sostituito da un altro acronimo, impronunciabile in forma sintetica (MBGA) ma efficace in forma estesa: Make Boring Great Again (facciamo diventare la noia di nuovo grande).

Un anno fa, si sosteneva che Trump avrebbe dato una spinta decisiva al populismo europeo. Un anno dopo, il trumpismo ha prodotto effetti opposti: un’Europa ancora più consapevole di se stessa, un’Ucraina ancora più vicina all’Europa, un movimento nazionalista che per potere avere un futuro piuttosto che rincorrere il trumpismo è costretto ogni giorno ad arginarlo. Il bicchiere europeo, un anno dopo l’arrivo di Trump, è ancora più mezzo pieno che mezzo vuoto. Cin cin.

 

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  • Claudio Cerasa Direttore
  • Nasce a Palermo nel 1982, vive a Roma da parecchio tempo, lavora al Foglio dal 2005 e da gennaio 2015 è direttore. Ha scritto qualche libro (“Le catene della destra” e “Le catene della sinistra”, con Rizzoli, “Io non posso tacere”, con Einaudi, “Tra l’asino e il cane. Conversazione sull’Italia”, con Rizzoli, “La Presa di Roma”, con Rizzoli, e "Ho visto l'uomo nero", con Castelvecchi), è su Twitter. E’ interista, ma soprattutto palermitano. Va pazzo per i Green Day, gli Strokes, i Killers, i tortini al cioccolato e le ostriche ghiacciate. Due figli.