La copertina dell'Economist

La vittoria dell'Ucraina è un'opportunità per l'Europa, e le conviene

Paola Peduzzi

L’Economist ribalta la narrazione sull’impotenza europea: aiutare Kyiv non è solo un dovere morale, ma un investimento strategico e finanziario per indebolire Mosca e costruire una vera autonomia di difesa

L’Economist ha ribaltato la lamentela permanente sull’incapacità europea di fare sul serio con il sostegno all’Ucraina, ha messo un elmetto ricoperto di euro in copertina e ha titolato: “L’opportunità dell’Europa”, dimostrando perché sia nell’interesse e nella convenienza degli europei fornire una assistenza finanziaria che permetta agli ucraini di vincere la guerra contro la Russia. Il magazine britannico, che spesso ha pubblicato articoli mesti sulla tenuta dell’Ucraina, dice che nelle guerre spesso le risorse finanziarie sono un elemento “decisivo” nel determinare il vincitore. Il governo di Kyiv finirà i  fondi a sua disposizione alla fine di febbraio, dopo quattro anni di resistenza, mentre  il sostegno americano si è fatto più volatile e la determinazione russa a continuare la guerra – sfasciando il sistema energetico ucraino – si è fatta più feroce. Tocca agli europei, che però si sono divisi sul prestito all’Ucraina utilizzando gli asset congelati russi e in generale sono molto cauti e molto preoccupati. 

Il costo della guerra è alto: alla fine del 2025, lo sforzo militare della difesa ucraina, calcolato sulla base del budget militare ucraino più le forniture straniere di armi e i prestiti, arriverà, scrive l’Economist, a 360 miliardi di dollari. Quest’anno, questo sforzo richiederà dai 100 ai 110 miliardi di dollari, la cifra più alta dall’inizio dell’aggressione russa su larga scala, che equivale a circa metà del pil ucraino, in un paese che ha un deficit fiscale pari a un quinto del suo pil e un debito pubblico al 110 per certo del pil, raddoppiato rispetto al 2022. Donald Trump ha avuto un approccio altalenante nei confronti dell’Ucraina, ma su una cosa è stato sempre lineare: sono gli europei che devono occuparsi di questa guerra. E gli europei non trovano una soluzione finanziaria, mentre dal punto di vista strategico sono costantemente sotto ricatto dell’Ungheria: il Belgio ha bloccato l’utilizzo degli asset russi; i paesi del nord temono che il debito comune possa svilire la disciplina fiscale dell’Unione europea; la Francia teme che i nuovi fondi europei siano spesi per comprare armi americane ad alto prezzo soltanto per tenere buono Trump; e tutti conservano antichi sospetti sulla corruzione ucraina, che porterebbe a uno sperpero dei finanziamenti.

Ma in questa schermaglia di timori, si perdono i due grandi vantaggi che l’Europa otterrebbe nel finanziare l’Ucraina: le opportunità, appunto, come le definisce l’Economist. La prima è che con questi fondi si potrebbe “smascherare e amplificare” la fragilità russa, che è fatta di un costo umano doppio rispetto a quello ucraino (anche se l’interesse di Vladimir Putin per gli esseri umani, pure russi, è pari a zero) e di prestiti fuori controllo per alimentare la macchina della guerra. Le sanzioni occidentali non hanno messo in ginocchio la Russia, ma la crescita russa è prossima allo zero, la forza lavoro è ridotta, l’inflazione è all’8 per cento, i tassi di interesse al 16,5 per cento: “Altri cinque anni così scatenerebbero una crisi economica e bancaria in Russia. Se l’Europa riesce a dimostrare che finanzierà la difesa ucraina per tutto questo tempo, Putin sarà messo all’angolo”.

La seconda opportunità per l’Ue ha un valore strategico: costruendo “un muscolo finanziario e industriale” per difendersi, aiutando l’Ucraina, diventerà meno dipendente dai capricci americani. Un impegno di quattro anni costa circa 390 miliardi di dollari in armi consegnate all’Ucraina e in fondi per sostenere il deficit ucraino, “è moltissimo, ma ha un valore enorme”. Anche perché se lo si divide   per i membri della Nato, il conto diventa sostenibile: un aumento dallo 0,2 allo 0,4 per cento del pil è ben più gestibile di un’Ucraina che perde la guerra e che vede la sua innovativa industria bellica cadere nelle mani di Putin.

Ci sono incognite e timori, l’Economist non li nasconde, ma conclude dicendo: “L’Europa dovrebbe farsi coraggio e riconoscere la propria forza. Il suo bilancio militare è già quattro volte più grande di quello russo; la sua economia è dieci volte più grande di quella russa. Invece che rifuggire da una competizione finanziaria con il Cremlino, l’Europa dovrebbe affrontarla – e vincere la guerra”. 

La parola vittoria è sempre stata un tabù: Trump l’ha evocata una volta – nella fase settembrina in cui definiva la Russia “una tigre di carta” e valutava di inviare missili a lungo raggio a Kyiv, i Tomahwaks che ieri il Pentagono ha detto che possono essere consegnati, se la Casa Bianca lo vuole – ma forse parlava a vanvera. Però, secondo uno studio della trumpianissima Heritage Foundation fatto assieme all’Ukraine Freedom Project, il fatto che il presidente ucraino Volodymyr Zelensky si sia messo a parlare di vittoria e non soltanto di richieste, e che lo abbia fatto parlando direttamente con podcaster e media conservatori, sta facendo cambiare approccio ai Maga, notoriamente antiucraini. Zelensky ha ricordato che le sue forze di difesa hanno fatto fuori il 35 per cento della flotta russa nel Mar Nero, hanno distrutto il 27 per cento della capacità russa di raffinazione del greggio e hanno abbattuto velivoli russi del valore di 7 miliardi con i loro droni efficienti ed efficaci.

Quando gli elettori repubblicani hanno sentito questi numeri – ha scritto sul Wall Street Journal il sondaggista dell’Heritage, Steven Moore – il 50 per cento di loro ha detto che l’Ucraina sta vincendo e l’85 per cento ha detto di sostenere l’invio di aiuti a Kyiv. E dopo che Zelensky si è messo a spiegare come stanno le cose, il 64 per cento dei repubblicani intervistati ora dice che è Putin l’ostacolo alla pace, non Zelensky come credevano prima (questi ultimi sono ora soltanto il 13 per cento). “Nonostante la campagna massiccia di disinformazione per spostare i conservatori contro l’Ucraina – scrivono Moore e Colby Barrett – Putin ha fatto di recente molti favori a Zelensky: le sue azioni hanno mostrato che la Russia è una minaccia”. E pure il mondo trumpiano ora vìola il tabù della parola vittoria: “Come può Zelensky blindare i repubblicani?”, chiedono i due esperti: “Vincendo”.
 

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  • Paola Peduzzi
  • Scrive di politica estera, in particolare di politica europea, inglese e americana. Tiene sul Foglio una rubrica, “Cosmopolitics”, che è un esperimento: raccontare la geopolitica come se fosse una storia d'amore - corteggiamenti e separazioni, confessioni e segreti, guerra e pace. Di recente la storia d'amore di cui si è occupata con cadenza settimanale è quella con l'Europa, con la newsletter e la rubrica “EuPorn – Il lato sexy dell'Europa”. Sposata, ha due figli, Anita e Ferrante. @paolapeduzzi