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Il voto

In Virginia la moderata Spanberger punta tutto sui disastri economici di Trump

Matteo Muzio

Il vantaggio della candidata democratica sul suo avversario è intorno ai sette punti. Ma anche se dovesse vincere, bisogna ricordare che i risultati di elezioni come questa possono non rispecchiare un trend nazionale. Intanto a chiudere la sua campagna elettorale ci sarà anche Obama

La Virginia è lo stato che nel 2021 aveva votato per il governatore repubblicano Glenn Youngkin, respingendo il moderato democratico Terry McAuliffe, già alla guida dello stato tra il 2013 e il 2017 dopo alcune esperienze nell’Amministrazione di Bill Clinton. All’epoca si erano colti due segnali: un primo campanello d’allarme per l’Amministrazione Biden e per le restrizioni relative al Covid. Il profilo del neoeletto governatore, un centrista attento sui temi Lgbtq+, aveva spinto molti analisti a pensare che tutto sommato la pagina buia del trumpismo fosse superata e che i repubblicani avessero trovato un nuovo brand politico moderato con cui vincere nel 2024. Non è stato così, ma certo il voto di allora ha evidenziato quanto fosse fragile il consenso democratico. Per questo la candidatura di Abigail Spanberger a governatrice della Virginia quest’anno fa intravedere una possibile strada per i dem per tornare a governare lo stato che ha dato i natali a Padri fondatori come George Washington e Thomas Jefferson.

 

Spanberger ha un profilo più vicino al centro di molti suoi colleghi democratici. Basta guardare il suo comportamento negli anni in cui ha servito da deputata al Congresso, dal 2019 al 2025, soprattutto nel periodo dell’Amministrazione di Joe Biden. Già nel 2018 è riuscita per queste sue idee a sconfiggere un repubblicano coriaceo come l’ex teapartista divenuto trumpiano Dave Brat, in un distretto con molte aree rurali. Da lì ha costruito la sua politica che non è corrispondente a quello del classico “maverick” alla John McCain, che vota spesso in dissenso con le direttive del suo partito. I dati ci dicono che il suo sostegno, sui provvedimenti chiave, dal piano per il rinnovo delle infrastrutture alla legge per il contenimento dell’inflazione. Ma si è saputa distinguere su una faglia critica, quella delle restrizioni legate al Covid, che proprio in Virginia nel 2021 avevano causato una rivolta contro Terry McAuliffe, sostenitore della didattica a distanza contro il desiderio delle famiglie degli studenti per una ripresa piena delle lezioni in aula. Così Spanberger nel 2023 è stata tra i primi democratici a esprimersi sulla fine dell’emergenza nazionale legata alla pandemia e a consentire il ritorno al lavoro per il personale sanitario che aveva rifiutato di vaccinarsi.

 

Quest’anno, durante la campagna elettorale, Spanberger è stata bene attenta a non lasciare scoperto il tema della scuola, presentando un piano per rafforzare le istituzioni scolastiche pubbliche con un rinnovo degli edifici e aumenti graduali degli stipendi degli insegnanti. Ha anche messo una certa attenzione sul curriculum scolastico, in passato accusato di essere troppo soft sul passato schiavista e segregazionista dello stato, rendendo quanto più possibile neutro e lontano dalle battaglie culturali. Però non è una centrista nei toni: Donald Trump è messo sotto attacco non per le sparate o per la demolizione di un’ala storica della Casa Bianca, ma sui suoi provvedimenti economici che hanno fallito nel contenimento dell’inflazione, come del resto era successo al suo predecessore. Sotto attacco, in particolare, sono finiti i tagli indiscriminati dovuti al Doge un tempo guidato da Elon Musk per poi puntare il dito sugli ultimi licenziamenti di massa: una delle ragioni per cui la Virginia ha svoltato gradualmente a sinistra negli ultimi vent’anni è la crescita delle agenzie e delle funzioni del governo federale, che spesso pagano migliaia di stipendi ai residenti nello stato. Ciò nonostante, qualche timore c’è: l’impopolarità del Partito democratico può far sì che l’affluenza sia comunque bassa.

 

E Spanberger è stata sì moderata ma comunque un fedele alleato di Biden. La sua debolezza a sinistra può essere risollevata da una bizzarra scelta di campagna dell’avversaria, l’attuale vicegovernatrice Winsome Earle-Sears, di accusarla di vicinanza all’“ideologia trans”, che potrebbe portare a far dimenticare i suoi passati attacchi contro l’eccessiva wokeness e la politica eccessivamente identitaria di alcuni esponenti democratici nazionali. Infine, c’è un’ultima arma che intende usare per consolidare il suo vantaggio rilevato dai sondaggi, dato intorno ai sette punti. Robusto ma non inscalfibile. Anche per questo a chiudere la campagna elettorale oggi ci sarà l’ex presidente Barack Obama, uno dei pochi volti nazionali dei democratici a rimanere popolare con l’elettorato. Anche qualora Spanberger vincesse, come appare probabile, bisogna ricordare che i risultati di elezioni come questa possono non rispecchiare un trend nazionale, come si è visto nel 2021.

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