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Editoriali
Le proteste irresponsabili degli haredim
Per gli ultraortodossi la protezione di Israele spetta agli altri, non a loro. Quindi sono scesi in strada, creando disordini, scontrandosi con la polizia. Ma due anni di guerra e sacrificio su ogni fronte rendono la legge sulla leva urgente
Ieri Hamas ha consegnato alla Croce Rossa i presunti resti di due ostaggi, la notizia è stata presa con cautela per non incorrere in un altro dei trucchi dei terroristi. Le famiglie dei tredici rapiti che aspettano di poter seppellire chi è stato preso in ostaggio da Hamas aspettano in silenzio, mentre ieri a Gerusalemme ha preso forma un’altra delle proteste degli haredim per manifestare contro la coscrizione obbligatoria. Le proteste sono state enormi, non pacifiche. Gli ultraortodossi rifiutano di far parte della società e per mantenere i loro privilegi sono pronti a sconvolgere il paese rivendicando un diritto che due anni di guerra su sette fronti hanno dimostrato essere obsoleto e irrispettoso nei confronti delle ragazze e dei ragazzi che alla protezione di Israele offrono la loro vita e alle loro famiglie.
Per gli haredim la protezione di Israele spetta agli altri, non a loro. Quindi sono scesi in strada, creando disordini, scontrandosi con la polizia, mostrando le foto di studenti delle yeshiva, le scuole in cui si studiano i testi sacri, stampate sugli stessi cartelli usati per gli ostaggi. Lo sprezzo nei confronti del resto del paese che ha subìto il 7 ottobre (gli oltre mille civili morti e i duecentocinquanta rapiti), che ha lottato contro Hamas, Hezbollah, gli houthi e la Repubblica islamica dell’Iran (i soldati uccisi sono millecentocinquantadue) è un dato che la politica non può ignorare. Per la prima volta nei sondaggi, gli israeliani che sempre hanno ritenuto un dovere servire nell’esercito iniziano a dire che appoggerebbero la decisione dei loro figli di obiezione al servizio di leva. Il problema non sta nella mancanza di coraggio, di sacrificio o di comprensione delle minacce esistenziali che Israele deve affrontare, ma nella frustrazione di chi sa che una parte del paese deve morire anche per l’altra. La discussione di una legge sulla coscrizione degli haredim non è più rinviabile e non può più rimanere incagliata nelle logica della sopravvivenza del governo.
 
                             
                                