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"Creatura indeterminata"
Per l'Unione europea è giunta l'ora delle scelte esistenziali
L’Ue è “grande da morire”, come scrive Goulard, e ha bisogno istituzioni più forti. Altrimenti il rischio è che diventi una delle tante organizzazioni internazionali in cui la “cooperazione si limita a discussioni senza alcun effetto vincolante”. Il “federalismo pragmatico” di Draghi
L’Unione europea è in piena impasse istituzionale di fronte alle grandi sfide geopolitiche e ai conflitti vicini ai suoi confini. Basterebbero forse le parole e il rapporto di Mario Draghi per capire cosa sarebbe necessario per rilanciare il progetto d’integrazione europea. Nel suo discorso del 24 ottobre in Spagna (pubblicato integralmente dal Foglio) ha chiesto: “Perché non riusciamo a cambiare? […] Quanto grave deve diventare una crisi affinché i nostri leader uniscano le forze e trovino la volontà politica di agire?”. La ricetta di Draghi è, all’apparenza, semplice: si richiede un grado di legittimità democratica più profondo e un nuovo “federalismo pragmatico”. Sarebbe una specie di unione dei volenterosi con un mandato democratico più forte su temi specifici, flessibile e capace di agire al di fuori dei meccanismi più lenti del processo decisionale dell’Unione europea.
Ma vi è anche un libro – piccolo ma ricco di spunti – dal titolo “Grande da morire” (Il Mulino). Lo ha scritto Sylvie Goulard, che ha una profonda conoscenza ed esperienza in materia europea. E’ stato pubblicato in Italia con la prefazione di Romano Prodi. Il titolo del libro richiama l’allargamento dell’Unione europea, ma in effetti va oltre. E’ sul futuro dell’Unione e sulle sue istituzioni, sulla loro mancata riforma, che è la precondizione per un allargamento. E non solo per quello. Il libro punta il dito sui problemi attuali e, di fatto, spiega perché le iniziative che vanno nella direzione dell’agenda Draghi sono così importanti per il futuro dell’Europa. Il rischio è che l’Unione europea diventi una delle tante organizzazioni internazionali in cui la “cooperazione si limita a discussioni senza alcun effetto vincolante”. Come dice Goulard, lo scopo dell’Ue non è rimanere una “creatura indeterminata”. L’Unione è ben altro. Il libro afferma che l’allargamento è stato avviato “senza un piano preciso né un accordo sugli elementi essenziali”. Lo stesso si può dire per l’insieme del processo di integrazione, che non è stato accompagnato da una visione strategica condivisa.
L’integrazione europea è stata un grande successo per alcuni, ma è stata anche fonte di delusione per altri. E’ stata forse troppo idealizzata, e questo ha suscitato speranza che poi si è tradotta in delusione. A sua volta, questa delusione ha contribuito alla deriva verso governi autoritari e ultraconservatori, che intascano i fondi dell’Unione europea, denunciando al contempo i suoi valori. “L’invasione dell’Ucraina crea un obbligo morale”, ma, a maggior ragione, richiede un progetto comune e riforme delle istituzioni europee. Altrimenti, l’Europa andrebbe verso un’ulteriore disgregazione. “E non è una diluizione del principio attivo dell’Ue in una forma di omeopatia politica, a essere il rimedio più adatto a tempi così difficili”. “Il paradosso sarebbe se l’Ue si rifiutasse di essere uno stato ma finisse per cedere, in caso di guerra per esempio, a una ragione di stato che non si sa nemmeno da chi verrebbe definita, né su cosa si baserebbe”.
E’ indubbiamente un terreno scivoloso. Il rischio è di dover assecondare la logica del più forte: “Tu non hai le carte giuste”, disse Trump a Zelensky. Anche Putin sta giocando con le debolezze europee: “Chi pecora si fa, il lupo se la mangia”. Questo è un problema enorme per la difesa e per la politica estera dell’Ue, per la quale le regole e l’accountability democratica dovrebbero far parte della sua stessa ragion d’essere. In che modo l’Ue, che non è uno stato, può sopravvivere in un mondo di stati testosteronici? I membri dell’Ue sono diventati meno cooperativi e vi è un ritorno di fiamma del nazionalismo. Gli europei hanno molto più in comune di ciò che li divide, ma le vicende geopolitiche internazionali rischiano di renderli ancor più divisi o di far loro accettare cose che contravvengono ai principi dell’Unione.
Qual è allora la soluzione? Un’Europa con poche funzioni centrali, ma quelle che veramente servono: politica estera, difesa, ecc. Questo può avvenire solo con un passaggio di sovranità al centro e con istituzioni democratiche efficaci, oppure con il federalismo pragmatico evocato da Draghi. L’attuale problema geopolitico con la Russia, e non solo, è un elemento che scardina l’assetto costituito di un progetto volto a evitare la guerra. L’Art. 42.7 del Trattato europeo, con la sua clausola di assistenza reciproca, è più forte dell’Art.5 della Nato che, secondo Trump, “va interpretato”. Quindi, un’iniziativa congiunta in materia di difesa e sicurezza potrebbe costituire un elemento fondativo. Ma gli ostacoli sono enormi. “Da dove possono venire la coesione mentale e la forza morale che questo sforzo richiede?” Saremmo pronti a combattere per l’Europa? Al Consiglio europeo manca un’investitura democratica per far sì che tuteli gli interessi europei. Gli strumenti vengono adottati prima dei loro obiettivi politici, forse perché questi ultimi sono ancora controversi. Molte sono le contraddizioni nell’attuale assetto istituzionale, e vi è quindi la necessità di fare un salto in avanti.
In sostanza, Sylvie Goulard ci sta dicendo che l’Europa così com’è non è più sostenibile e che la velocità attuale di cambiamento non è più sufficiente. E quindi serve una riflessione pubblica approfondita sulla “trasformazione di una comunità creata per la pace in un attore coinvolto in modo indiretto ma duraturo in un conflitto armato e che pretende di svolgere un ruolo geopolitico, senza però essere dotato di alcun potere esecutivo responsabile di fronte a un’assemblea scelta dai cittadini, e senza essere eletto dai cittadini stessi”. Tutti conoscono la fine della favola di La Fontaine, La rana e il bove: la rana “si gonfia e gonfia e gonfia infin che scoppia come una vescica”. Vale per l’allargamento dell’Ue, ma vale anche per le eccessive ambizioni europee se non accompagnate dalle necessarie azioni di riforma.
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