(foto EPA)

"il commie"

Mamdani, il prossimo probabile sindaco di NY, è l'anti Trump o il suo migliore alleato? Ecco cos'è la politica dell'ambiguità

Giuliano Ferrara

il cardine del successo del presidente americano è stato la distruzione dell’establishment democratico, e repubblicano, se è per questo. La questione è se Zohran finirà l’opera con la sua retorica ascesa rivoluzionaria. Oppure segnerà l’inizio, con Bernie Sanders e Alexandria Ocasio-Cortez, della riscossa contropopulista

New York è una città eccitabile. Non dorme mai, è capace di risvegli sorprendenti. Zohran Mamdani ha 33 anni, musulmano, figlio di una madre indiana, artista, e di un padre ugandese che ha recentemente rivalutato l’esperienza anticoloniale (parola magica) di Idi Amin Dada. Anche il cannibalismo di stato ha i suoi diritti, nel mondo dei postcolonial studies. Zohran, il figliolo, si dice socialista-democratico, concetto diverso da liberal, ha pucciato il biscotto nel famoso inesistente genocidio a Gaza, nella globalizzazione dell’Intifada, odia Israele in una città con una comunità folta e divisa di ebrei ma multietnica e socialmente plurale, dove l’uno per cento dei ricchi paga il 40 per cento delle tasse, già molto alte. Lui promette di alzarle ancora per curare le diseguaglianze, tax the rich, e vuole asili nido e bus gratuiti, il blocco degli affitti e molte altre bellurie sociali.

Si è candidato a sindaco, ha vinto le primarie democratiche, sloggiando Andrew Cuomo, della famosa dinastia italo-americana (Mamdani ce l’ha anche con Cristoforo Colombo, ovvio). Cuomo è un ex governatore dello stato caduto in disgrazia per il metoo, sostenuto come indipendente da un establishment dem in rotta, e nemmeno tutto, e da frattaglie repubblicane spaventate dal marxista Zohran, oltre che da Eric Adams, un sindaco uscente pessimo che era passato armi e bagagli nell’area Trump con un patto scellerato per risparmiarsi guai giudiziari. Non il massimo del fascino, Cuomo, un tipo esperto ma un po’ vecchiotto. Mamdani ha invece eccitato New York e promette o minaccia di vincere il 4 novembre. E’ un grande attore, a detta di tutti, un manipolatore eccellente, uno che sa prendere le distanze da sé stesso e dalle sue smargiassate paraislamiste e antisioniste e confinanti con l’antisemitismo come pochi altri saprebbero fare al suo posto. Di tutte le vittime dell’11 settembre ha ricordato una sua zia che da islamica ha dovuto stare schiscia per un paio di mesi dopo il volo mortale di Al Qaida sulle Torri. Ma una gaffe grottesca non fa una campagna, e la sua dicono essere stata efficace, appunto eccitante, fra Tik Tok e porta a porta. L’effetto band wagon, che poi è il carro del vincitore, potrebbe favorirlo nella volata finale. Chissà. I sondaggi sono da mesi dalla sua parte. Il problema è che agli americani di New York, non tutti, certo, ma ancora la maggioranza, interessa liberarsi di Trump. Il quale gode nel vedere quello che chiama Commie Mamdani, il comunista Mamdani, forte a fine corsa. 

 

Però con qualche perplessità, s’immagina. Infatti il cardine del successo di Trump è notoriamente stato la distruzione dell’establishment democratico, e repubblicano, se è per questo. La questione è se Zohran finirà l’opera, anche in vista delle elezioni di medio termine dell’anno prossimo, con la sua retorica ascesa rivoluzionaria in un pezzo di mondo dove certe parabole hanno una risonanza speciale, oppure segnerà l’inizio, con Bernie Sanders e Alexandria Ocasio-Cortez, della riscossa contropopulista. Perché se l’establishment liberal è uscito invalido dal confronto con il mondo Maga, potrebbe essere la volta degli antiestablishment, coloro che inventano un nuovo modo di contrastare Trump buttandosi, si dice così, a sinistra, all’estrema sinistra sociale, terzomondista, umanitaria, giovanile, campusarda, una sinistra degli attendati che presenta agli americani tutti il socialismo del XXI secolo, un pastiche demagogico come alternativa al turbocapitalismo populista e ai modi fanfaroni del presidente in carica e della sua vasta cricca di ampio successo e incontrastato, per adesso. New York ha avuto grandi sindaci, non solo il celebrato La Guardia o il famigerato ma efficace Giuliani, anche il centrista Bloomberg, e Mamdani è da questo punto di vista un’incognita. Da sindaco, potrebbe rapidamente consegnare le casse della città al fallimento e alla dipendenza dall’aiuto federale, per via delle folli spese implicate dalle sue promesse, o realizzare una rivoluzione della solidarietà e dell’eguaglianza da agitare come una bandiera, posto che a solidarietà e eguaglianza si affianchi una certa efficacia riformatrice. Di sicuro il suo stile è controtrumpiano, mutua dal nemico ideologico e politico del mondo liberal e socialista il carisma di un possibile nuovo strongman, a parti rovesciate, con un linguaggio forte e chiaro anche nella più disperante ambiguità.

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  • Giuliano Ferrara Fondatore
  • "Ferrara, Giuliano. Nato a Roma il 7 gennaio del ’52 da genitori iscritti al partito comunista dal ’42, partigiani combattenti senza orgogli luciferini né retoriche combattentistiche. Famiglia di tradizioni liberali per parte di padre, il nonno Mario era un noto avvocato e pubblicista (editorialista del Mondo di Mario Pannunzio e del Corriere della Sera) che difese gli antifascisti davanti al Tribunale Speciale per la sicurezza dello Stato.