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editoriali

Il diritto di veto paralizza l'Europa

Redazione

Ci sono molte ragioni che danno torto a Meloni e Orbán sul veto: la prima è che il primo ministro ungherese da tre anni ostacola o blocca il sostegno dell’Ue all’Ucraina. La riforma dell’Ue è ineludibile se non vogliamo rimanere schiacciati

Giorgia Meloni e Viktor Orbán, che si sono incontrati ieri a Roma, nell’Unione europea rivendicano la loro opposizione all’abolizione del diritto di veto in caso di riforma dei trattati. Giovanni Donzelli ha confermato la posizione intransigente della presidente del Consiglio sul mantenimento dell’unanimità. C’è un paradosso tutto italiano. Il ministro degli Esteri, Antonio Tajani, è favorevole all’abolizione del veto e, sotto le sue direttive, l’Italia è rimasta nel gruppo di paesi “amici del voto a maggioranza qualificata”, che include Germania, Francia, Spagna e un’altra decina di stati membri. Ma, al di là delle contraddizioni romane, ci sono molte ragioni che danno torto a Meloni e Orbán sul veto. Una se l’è trovata di fronte la premier ieri: il primo ministro ungherese da tre anni ostacola o blocca il sostegno dell’Ue all’Ucraina, abusando del suo diritto di veto. Sei miliardi di finanziamenti per gli aiuti militari a Kyiv sono bloccati dal 2023 da Orbán. I pacchetti di sanzioni contro la Russia sono diventati un esercizio complicatissimo, il processo di adesione dell’Ucraina è paralizzato (come quello della Moldavia),  e ora anche il prestito da 140 miliardi con gli attivi congelati russi potrebbe saltare a causa di Orbán. Nel frattempo è stato bloccato dal Belgio.


La riforma interna dell’Ue è ineludibile con l’allargamento a 32 o 35 membri. Lo è anche la questione del veto in un mondo in cui l’Ue rischia di essere schiacciata dalla coercizione economica degli Stati Uniti di Donald Trump e della Cina di Xi Jinping. L’unanimità è ancora la regola per la politica estera (comprese le sanzioni), la difesa, il bilancio pluriennale e gli strumenti di debito comune, ma la maggioranza qualificata nella politica commerciale dimostra che l’Ue è in grado di preservare gli interessi nazionali di tutti anche con la maggioranza qualificata. Lanciando un appello a un “federalismo pragmatico”, sabato, Draghi ha denunciato l’Ue che non riesce a cambiare. Il veto ne è un esempio e una causa.

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