
(foto Ap)
Il colloquio
“Hamas non si sente sconfitto e non si disarmerà da solo”. Parla Yigal Carmon (Memri)
“I terroristi vedono il 7 ottobre come una vittoria”. Intervista a uno dei pochi analisti israeliani che aveva previsto la guerra a Gaza
Yigal Carmon è uno dei pochi analisti israeliani che può affermare di aver previsto questa guerra. Il suo articolo del 31 agosto 2023, “Segnali di possibile guerra a settembre-ottobre”, suona oggi profetico. Carmon, ex ufficiale dell’intelligence israeliana e consigliere anti terrorismo di due primi ministri (Yitzhak Shamir e Yitzhak Rabin) e presidente del Memri, il Middle East Media Research Institute, il sito da leggere per chi voglia capire il medio oriente, è uno dei pochi che aveva predetto una guerra nell’autunno 2023.
Ma forse neanche Carmon avrebbe immaginato simili sviluppi due anni dopo. “Ho anche detto che la guerra continuerà su differenti livelli” dice al Foglio. “Penso che il piano di Trump sia fragile. Ho utilizzato più volte, per descriverlo, la metafora del formaggio svizzero Emmentaler, che ha dei grandi buchi. Il piano potrebbe non reggere quando si affronteranno punti importanti come il disarmo di Hamas”. Se dovesse calarsi nella mentalità islamista, Carmon dice che Hamas due anni dopo interpreta i risultati del 7 ottobre non in termini di una sconfitta. “Hamas ha già detto che vede i risultati del 7 ottobre come una vittoria. Sin dall’inizio della guerra, infatti, la vita della popolazione di Gaza non è stata una preoccupazione per il movimento. Il funzionario di Hamas, Mousa Abu Marzouk, aveva detto che i tunnel a Gaza sono stati costruiti per proteggere i combattenti di Hamas, non per i civili. Hamas ha inoltre causato gravi e tragici danni a Israele, riuscendo anche ad alimentare un clima contro Israele in occidente. Sicuramente, dato che i leader di Hamas non hanno come principale apprensione la condizione della popolazione, i risultati raggiunti in questi due anni sono per loro una vittoria”.
Carmon non immagina Hamas deporre armi. “Hamas non è sconfitto. Controlla ancora Gaza con le armi e non si disarmerà da solo, a meno che non venga militarmente eradicato, ma questo non è per adesso il caso. Nel frattempo, si sta assistendo alla lotta di clan palestinesi, che sono diventati ancora più forti, contro Hamas. Questa lotta interna conto i jihadisti è un fattore positivo, che va sostenuto”. Gli islamisti parlano due lingue, una in arabo e un’altra per sedurre gli occidentali (genocidio, carestia, conta dei morti, cessate il fuoco etc…). Una forma di taqiya, dissimulazione? “Non è la parola pertinente. Gli islamisti non stanno nascondendo il loro impulso ideologico violento. Ne parlano apertamente anche nei media occidentali. Se qualcuno vuole capire qualcos’altro è perché vuole essere ingannato”. L’Europa sembra la solita grande addormentata. Naïveté?
“Da un lato ci sono considerazioni di politica interna ai singoli Stati europei, dall’altro esiste una forte influenza non solo mediatica esercitata da Paesi come il Qatar e la Turchia. Non si tratta di naïveté”. Difficile ancora capire verso quale futuro si dirige Israele, tra la “villa nella giungla” e l’accettazione dal mondo islamico. “Israele si trova davanti a numerose sfide. Quelle esterne potrebbero essere, paradossalmente, le più semplici. Abbiamo una sfida interna importante da affrontare contro l’influenza degli ortodossi nella nostra società. Per quanto riguarda le relazioni con l’esterno, in particolare con il mondo arabo, tutto dipende da come l’amministrazione americana riuscirà a imporre un approccio pacifico sostenendo al contempo il processo di modernizzazione dei paesi per lo più del Golfo”. Ci sono segnali ambivalenti di avanzata e riflusso dell’islam radicale. “C’è una battaglia tra islamisti (Qatar e la Turchia di Erdogan) e paesi che anche scelto la via dell’apertura e della modernizzazione come gli Emirati Arabi Uniti” conclude Carmon. “Questa lotta si nota in particolare in paesi come il Sudan. La guerra civile in Sudan non è solo uno scontro tra le Forze Armate Sudanesi (SAF) e i loro ex alleati militari diventati rivali, le Forze di Supporto Rapido (RSF). È una calcolata presa di potere da parte dei Fratelli Musulmani, che usano le SAF come cavallo di Troia per dominare l’Africa nordorientale e il Mar Rosso. Sfortunatamente, il campo degli islamisti sta facendo progressi”.


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