Un fermo immagine tratto da un video mostra i particolari della corona rubata al Louvre, 19 ottobre 2025 (ANSA) 

A Parigi

Se non fosse stato per il furto, nessuno si sarebbe filato i gioielli di Napoleone

Francesco Bonami 

A chi interessano, se non a un manipolo di esperti super specializzati? Se tutti vogliono andare a vedere la Gioconda e poco più, che senso ha tenere in piedi un carrozzone di roba ignorata e dimenticata? 

Roba da matti! Anzi, roba da Cattelan! A vedere il camion con il montarichi che entra dentro la finestra del Louvre si pensa a un’opera di Maurizio Cattelan, tanto assurda è l’immagine. Ma a parte questo, la domanda è: quante persone delle trentamila che ogni giorno visitano il Louvre vanno a vedere i gioielli di Napoleone? Poche, secondo me, anzi pochissime, forse nessuna. Al che, vista la facilità del furto, viene da pensare che pure il museo si è dimenticato di questi gioielli. Forse il museo enciclopedico, in un’epoca di musei-aziende ossessionate dai numeri, dai visitatori e dai milioni necessari alla gestione, non ha più senso. A chi interessano più, se non a un manipolo di esperti super specializzati, i gioielli impolverati di un imperatore o imperatrice?

Un po’ come fossero centinaia di punte di frecce dei cacciatori paleolitici che non hanno valore economico ma sono noiose lo stesso. Se tutti vogliono andare a vedere la Gioconda e poco più, che senso ha tenere in piedi un carrozzone di roba ignorata e dimenticata? Non dico di chiudere il 90 per cento del Louvre o di musei simili, ma forse immaginarsi una gestione diversa di quelle zone del museo per la maggior parte deserte sì. Trasformare in archivio quello che oggi e’ esposizione. Qualcuno dirà che questo vuol dire sottomettere la cultura e il patrimonio culturale al dominio delle masse. No, per il semplice motivo che la sottomissione è in atto da molto tempo.

Nel 2003 il sottotitolo della Biennale di Arti Visive da me diretta era “La dittatura dello spettatore”. Non lo sapevo ma avevo ragione.  Chissà cosa ne pensa il “tuttologista” Tomaso Montanari, fra un’opinionata su Gaza e una su Kyiv, dei gioielli, del furto e del destino dei musei. Campo di cui forse è più esperto che di politica internazionale. Aumentare la sicurezza e inventarsi una narrativa nuova e diversa sul concetto di corona? La sicurezza si può anche aumentare, ma sono soldi buttati via. Sarebbe come usare le forze speciali allo zoo di Roma per paura del bracconaggio. La narrativa nuova non esiste e se esiste sta fuori del museo, come il film di Sofia Coppola su Maria Antonietta.

L’oggetto fisico in un’epoca d’immagini e di fiction è noioso per la maggior parte di spettatori-dittatori. Non escludo, purtroppo, che in un futuro vicinissimo la gente possa trovare noiosi pure i dipinti, dalla Gioconda appunto a quelli di Van Gogh, se non saranno rinforzati da qualche esperienza intelligente artificiale e interattiva. Tipo vedere la nuca della Mona Lisa (che per altro l’aveva già dipinta Domenico Gnoli nel 1965). Quindi? Ripensare il grande museo che è diventato come uno yacht di 300 metri,  che quando sei su non ti rendi nemmeno conto che sei in mare. Infatti anche se qualcuno avesse l’urgenza di vedere il gioiello dell’imperatore, prima di riuscire a trovare la sala che lo espone è già ora di chiusura, tanto enorme e sconfinato il Louvre. Al di là della domanda già fatta, ma che se ne faranno dei gioielli, vien da domandarsi. E se il furto fosse una operazione di marketing del Louvre stesso? Perché se li ritroveranno è molto possibile che gli spettatori-dittatori e un po’ caproni si metteranno in fila per vederli. Senza per altro escludere che a portarseli via sia stata Carla Bruni.

 

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