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Negli Stati Uniti
"No kings", sette milioni di americani scendono in piazza contro Trump
Dopo quella di giugno scorso, questa è la seconda manifestazione nazionale nata per contestare apertamente quelle che alcuni chiamano “ambizioni autocratiche” del presidente. E da destra c'è chi dice che i manifestanti sono cittadini che “odiano l’America”
“Democrazia, non monarchia!”, “La costituzione non è opzionale!”. Questi sono alcuni degli slogan che sono stati urlati dai manifestanti che sabato hanno invaso le piazze americane (e non solo, ci sono state anche delle proteste di expat in Europa e a Toronto). Si parla di circa 7 milioni di persone in tutto il territorio Usa. Tra tutte le manifestazioni che si sono viste in questo decennio contro il presidente Donald Trump e durante le sue presidenze – da quelle femministe con i pussyhat rosa a quelle per la morte di George Floyd – quelle “No Kings” di sabato, cioè niente re, sono quelle più patriottiche. Si sono viste tantissime bandiere americane, costante glorificazione dei padri costituenti e celebrazioni dei documenti sacri dell’esperimento americano: la dichiarazione d’indipendenza e la costituzione. Nei cartelli si gioca molto sulla rivoluzione del 1776, quando i coloni rifiutarono la monarchia inglese per fondare una nuova repubblica che si basasse sugli ideali di libertà, eguaglianza e potere limitato dello stato.
L’uso indiscriminato degli ordini esecutivi, l’invio di truppe nelle città contro il volere di sindaci e governatori, l’anti-immigrazione nelle scuole, i nemici politici su cui viene sguinzagliato il dipartimento di giustizia, un congresso troppo ubbidiente, i fedelissimi incompetenti premiati, la grazia agli amici criminali, i tentativi di zittire i giornalisti (come si è visto di recente al Pentagono LINK), fanno preoccupare editorialisti e costituzionalisti sulle ambizioni autoritarie di Trump, che andrebbero contro lo spirito stesso della nazione. Al generale George Washington, primo presidente, fu chiesto di restare al potere, acquisendo poteri monarchici, ma lui rifiutò, dicendo: “sarebbe la cosa peggiore che possa accadere al paese”. Perché cacciare il tiranno re Giorgio per metterne su uno nuovo?, si chiedeva Benjamin Franklin.
Dopo quella di giugno, questa è la seconda manifestazione nazionale nata per contestare apertamente quelle che alcuni chiamano “ambizioni autocratiche” di Trump. Alcuni a destra hanno detto che quelli scesi in piazza sono cittadini che “odiano l’America”. Il senatore indipendente-socialista Bernie Sanders ha grudato alla folla di Washington DC, la più grande della giornata di sabato: “Noi siamo qui perché amiamo l’America!”. E anche se Trump ha mandato la Guardia Nazionale nelle città dem, non ci sono stati arresti, e il senatore Chris Murphy ha commentato dicendo: “Quella di oggi verrà ricordata come la più grande protesta pacifica dei 250 anni della nostra nazione”. Perché l’anno prossimo, il 4 luglio 2026, saranno passati due secoli e mezzo dal primo indipendence day e mentre Trump ha in mente di costruire archi di trionfo su modello Napoleonico, c’è chi in piazza ricorda gli ideali di Thomas Jefferson e John Adams, e quel misto tra saggezza degli antichi greci e ideali dell’illuminismo.
Alcuni dei cartelli nelle oltre 2.500 città in cui si sono tenute le manifestazioni dicevano semplicemente “We the people”, noi il popolo, che è l’inizio del preambolo della costituzione, documento che molti vedono in pericolo. Trump ha risposto sui social con un video generato dall’Ai – la sua nuova passione – dove lui con la corona in testa pilota un caccia con la scritta “Re Trump” e scarica liquami e fanghiglia sopra i manifestanti.