
Le accuse contro John Bolton nel sistema giudiziario trumpiano
L'ex consigliere per la sicurezza nazionale di Trump ha subito denunciato la vendetta politica del presidente americano. Cosa c'è di diverso dall'imputazione di James Comey e Letitia James
John Bolton, ex consigliere per la sicurezza nazionale di Donald Trump tra il 2018 e il 2019, è stato incriminato per possesso e divulgazione di informazioni riservate. Secondo l’accusa, Bolton avrebbe ripetutamente condiviso informazioni con due membri della famiglia, non identificati nell’imputazione, attraverso una mail personale e una chat di gruppo su un’app di messaggistica privata. Ad aggravare il quadro, nel 2021 la casella di posta che avrebbe contenuto le informazioni è stata hackerata da persone riconducibili al governo iraniano: Bolton aveva avvisato che un suo account privato aveva subito un hackeraggio ma non che quella casella contenesse informazioni rilevanti per la sicurezza nazionale. L’imputazione segue una perquisizione che l’Fbi aveva svolto nella sua abitazione privata ad agosto, durante la quale aveva rinvenuto documenti a basso livello di riservatezza, comunque non autorizzati.
Bolton ha subito affermato che tutto questo fa parte di una vendetta politica di Trump. Il presidente aveva, infatti, più volte affermato che Bolton fosse “una persona cattiva” e l’imputazione arriva a breve distanza da quelle per gli altri rivali politici di Trump, l’ex direttore dell’Fbi James Comey e la procuratrice generale di New York Letitia James. Ci sono però alcune differenze sostanziali tra questi casi: anche se è probabile che il dipartimento di giustizia abbia fatto pressione perché Bolton venisse accusato celermente, il caso poggia su basi ben più solide di quelli delle settimane precedenti. Innanzitutto, l’accusa è stata istruita da un procuratore di carriera, seguendo un iter corretto: i due casi precedenti, che giuristi indipendenti hanno detto poggiarsi su evidenze quasi nulle, avevano potuto essere istruiti soltanto dopo che Trump ha sostituito il procuratore distrettuale Erik Siebert con Lindsey Halligan, a lui fedele, che ha velocemente portato avanti le accuse come richiesto dalla Casa Bianca. Inoltre, la casa di Bolton è stata perquisita in agosto sotto approvazione di un giudice, anche in quel caso seguendo i corretti iter giudiziari statunitensi.
Per quanto riguarda la detenzione di materiale classificato in un’abitazione privata, l’accusa a Bolton segue quella a Trump, poi archiviata durante la campagna elettorale del 2024: durante un raid dei federali a Mar-a-Lago, documenti riservati erano stati trovati persino in un bagno dell’abitazione. Inoltre, anche l’ex presidente Biden era stato interrogato da un procuratore speciale per il ritrovamento di documenti riservati risalenti al suo periodo da vicepresidente in una sua casa in Delaware: anche in quel caso, le accuse non vennero portate avanti. La differenza principale col caso Bolton, però, sta nel fatto di non aver solo detenuto informazioni, ma di averle inviate a terzi, per di più attraverso un canale insicuro e quindi passibile di interferenze di potenze straniere, come nei fatti è avvenuto.
La relazione tra Bolton e Trump si è deteriorata col tempo: durante il suo periodo da consigliere, Bolton si era scontrato col presidente sia perché avrebbe voluto che Trump usasse il pugno duro per condannare i test atomici della Corea del nord sia perché era contrario a negoziare una pace coi talebani che avrebbe portato al ritiro delle forze statunitensi dall’Afghanistan. Licenziato da Trump (anche se afferma di essersi dimesso), Bolton ha scritto un memoir molto critico con il presidente, uscito durante la campagna elettorale del 2020. Nel libro si potevano leggere opinioni molto dure, legate all’incompetenza di Trump: inoltre, veniva portata avanti la tesi sostenuta dall’accusa durante il primo impeachment, cioè che Trump aveva condizionato gli aiuti all’Ucraina dell’allora neo-presidente Zelensky a un’indagine contro il figlio di Joe Biden, Hunter, in modo da ostacolare il suo avversario politico. Trump ha cercato di bloccare in ogni modo l’uscita del libro, obiettando motivazioni di sicurezza nazionale, ma non ci è riuscito: da quel momento, Bolton è entrato nella lista nera del presidente.
Una lista che diventa sempre più lunga: Trump, infatti, ha richiesto che vengano posti capi d’imputazione anche contro il senatore democratico Adam Schiff, che ha guidato l’accusa nel primo processo di impeachment nei confronti del presidente, e la procuratrice generale Pam Bondi ha detto che l’uomo dovrebbe chiedere scusa a Trump per aver tentato di rimuoverlo dal suo ruolo. Nel frattempo, Bolton rischia un massimo di dieci anni di carcere per ognuno dei capi d’imputazione dell’accusa.