
Un gommone della Guardia costiera libica intercetta un'imbarcazione di migranti (foto Getty)
numeri di un fenomeno inarrestabile
Le partenze dei migranti dalla Libia non diminuiscono, anzi
Frontex manda messaggi incoraggianti sul fronte degli arrivi complessivi (meno 22 per cento), ma basta guardare meglio per capire che il Mediterraneo centrale resta la rotta più battuta e la più letale per chi prende il mare
Alla fine di settembre, l’Economist bacchettava Donald Trump sulla gestione degli arrivi dei migranti. “L’Europa è in guai seri”, aveva detto il presidente americano riferendosi ai flussi in entrata dall’Africa. “In realtà è vero il contrario – ribatteva il settimanale britannico – l’Ue sta sperimentando nuovi metodi per tenere alla larga i migranti”. L’articolo era corredato da una tabella che però, fatalmente, ometteva i numeri degli sbarchi in Europa nei primi nove mesi del 2025 e da una mappa che non evidenziava le variazioni delle partenze da paese a paese. Basta dare un’occhiata più approfondita per vedere che il trend in diminuzione degli sbarchi in Europa soffre di un enorme punto irrisolto: quello della Libia.
L’Agenzia europea per la sicurezza dei confini esterni, Frontex, ha appena diffuso gli ultimi dati sugli ingressi irregolari e ne ha dedotto un calo complessivo del 22 per cento. Ma gli arrivi dalla Libia, quelli che più di tutti riguardano l’Italia, sono in aumento. Secondo l’Agenzia dell’Onu per i rifugiati (Unhcr), nei primi nove mesi del 2025 sono stati 51.006 gli sbarchi dal paese nordafricano, in aumento del 3 per cento rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso (49.691). Da gennaio, la Libia è il primo paese di partenza con l’88 per cento di tutti gli arrivi via mare in Italia. Per non parlare dell’aumento dei flussi che dalla Cirenaica hanno interessato Creta, con un notevole più 280 per cento rispetto allo stesso periodo del 2024. Matteo Villa, ricercatore dell’Istituto per gli studi di politica internazionale, ha raccolto i dati più recenti degli sbarchi comparandoli con quelli del dicembre 2021, quando al ministero dell’Interno c’era Luciana Lamorgese. Basandosi sui numeri forniti dallo stesso Viminale, si vede che negli ultimi 12 mesi gli arrivi in Italia non sono calati e che i livelli oscillano attorno a quelli registrati nel dicembre ’21. Se quindi Frontex registra una diminuzione globale lo si deve soprattutto alla diminuzione delle altre vie di accesso – quella dall’Africa occidentale (meno 58 per cento), dal Mediterraneo orientale (meno 22 per cento) e dai Balcani occidentali (meno 47 per cento). E mentre dalla Libia si continua a partire in massa, i dati del Mediterraneo centrale sono compensati dal crollo delle partenze dalla Tunisia, passata dal 35 per cento di tutti gli arrivi via mare diretti in Italia nel 2024 all’8 per cento dello stesso periodo del 2025.
La “cura” individuata dall’Economist come “nuovo metodo per tenere alla larga i migranti”, quella di lasciare che siano i paesi dell’Africa del nord a impedire le partenze, sembra avere effetti limitati nel quadrante libico. Intanto, l’Ue si prodiga nel tentativo di arginare i danni. Oggi e domani, ha anticipato IrpiMedia, è attesa a Varsavia e a Bruxelles una delegazione di agenti della Guardia costiera di Tripoli e di quella di Bengasi per incontrare funzionari di Frontex e della Commissione europea. Tra gli obiettivi c’è quello di “formare” i libici e cercare di ridurre le morti in mare, riducendo l’onere dei salvataggi che spetta agli stati europei. I numeri dell’Organizzazione internazionale per le migrazioni sono tragici: solo nei primi nove mesi del 2025 sono morte 1.299 persone durante la traversata del Mediterraneo, di cui ben 894 lungo la rotta del Mediterraneo centrale, la più letale per chi decide di prendere il mare verso l’Europa.