
Volodymyr Zelensky e Ursula von der Leyen (foto Ap, via LaPresse)
tra bruxelles e Kyiv
Quanto è controverso (e necessario) il prestito di riparazione per Kyiv
C’è urgenza: ad aprile Kyiv si troverà con un buco di bilancio da 80 miliardi di dollari l’anno. Senza altri aiuti finanziari dai suoi alleati, l’Ucraina non sarà più in grado di comprare armi e pagare i suoi soldati per difendersi
Bruxelles. L’Italia è pronta a sborsare 20 miliardi di euro per l’Ucraina, se tra sei mesi l’Ungheria di Viktor Orbán metterà il veto alla proroga delle sanzioni contro la Russia? Questo interrogativo sintetizza i dilemmi cui è confrontato non solo il governo di Giorgia Meloni – in particolare il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, il cui partito non è tra i più ferventi sostenitori di Kyiv – ma tutti gli stati membri dell’Unione europea dopo che Ursula von der Leyen e Friedrich Merz hanno proposto un “prestito di riparazione” da 140 miliardi di euro per l’Ucraina usando gli attivi congelati della Russia. C’è urgenza: ad aprile Kyiv si troverà con un buco di bilancio da 80 miliardi di dollari l’anno. Senza altri aiuti finanziari dai suoi alleati, l’Ucraina non sarà più in grado di comprare armi e pagare i suoi soldati per difendersi. La costruzione finanziaria proposta dalla Commissione è controversa. La prima discussione si è tenuta ieri all’Ecofin tra i ministri delle Finanze dell’Ue. I capi di stato e di governo ne riparleranno al vertice del 23 e 24 ottobre. Se daranno un via libera politico, la Commissione presenterà una proposta formale. La presidenza danese dell’Ue vuole un accordo entro la fine dell’anno. Ma ci sono “problemi tecnici, giuridici e politici che devono essere risolti”, spiega al Foglio un diplomatico. “Ci vuole tempo”.
Giorgetti ha detto di aver chiesto “ulteriori dettagli” per capire come la garanzia che gli stati membri sono chiamati a fornire per il “prestito di riparazione” avrà un impatto su deficit e debito. Il commissario Valdis Dombrovskis ha risposto che non ne terrà conto per il Patto di stabilità e crescita, ma che alla fine tocca a Eurostat prendere la decisione. Tuttavia il problema va ben oltre la classificazione contabile. Secondo la proposta della Commissione, il prestito sarà fornito utilizzando gli attivi sovrani della Russia immobilizzati con le sanzioni (185 miliardi di euro), ma senza una confisca formale. Se le sanzioni dovessero cadere, la somma verrebbe scongelata e immediatamente trasferita a Mosca, utilizzando le garanzie degli Stati membri: oltre 40 miliardi di euro per la Germania, oltre 25 miliardi per la Francia, oltre 20 miliardi per l’Itala.
Le sanzioni dell’Ue vanno rinnovate ogni sei mesi all’unanimità. Basta un veto di Viktor Orbán per farle cadere. L’Ungheria ha già minacciato due volte di farlo. Con il futuro delle finanze pubbliche degli altri paesi nelle sue mani, Orbán si troverebbe con un potere di ricatto straordinario. Per aggirare il problema, la proposta della Commissione prevede di votare la proroga delle sanzioni a maggioranza qualificata. Ma diversi governi sono contrari a rinunciare all’unanimità. La Francia ha chiesto che sia il bilancio dell’Ue a farsi carico delle garanzie del “prestito di riparazione”. Ma almeno fino al 2028 – quando ci sarà il prossimo bilancio pluriennale – non sarà possibile. “Non trovare nuovi finanziamenti per l’Ucraina non è sicuramente un’opzione”, ha detto la ministra danese, Stephanie Lose, dopo l’Ecofin. Per il “prestito di riparazione” i governi dovranno assumersi grandi rischi, anche finanziari.