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L'analisi
Il caso della popolarità di Kirk e la cecità del progressismo da salotto
Il fondatore di Turning Point Usa era cinico e controverso. Ma la condanna a prescindere che si è scatenata alla sua morte dimostra il rifiuto di tanti intellettuali nostrani di provare a comprendere un fenomeno complesso
L’omicidio di Charlie Kirk è di alcune settimane fa, ma le reazioni che ha suscitato contengono un messaggio molto attuale anche per noi: finché un certo fronte “progressista” italiano (che include molti dei mezzi di informazione mainstream) non si abbasserà a cercare di capire il fenomeno Maga e i suoi emuli nostrani, continuerà ad arrancare ed inseguire. Partiamo dalle cose ovvie. Charlie Kirk era un propagandista senza troppi scrupoli, un polemista incendiario, un intollerante vestito da libertario. Stupirsi? E perché? Il mondo Maga è variegato, riunisce anarcoliberisti, populisti, agitatori, vittime di teorie cospirazioniste, una ormai sparuta minoranza di conservatori reaganiani, cristiani evangelici intransigenti, e negazionisti assortiti. Oltre a tanti convinti che il “sistema” - qualunque cosa sia - sia contro di loro. Ma un filo conduttore esiste, ed è la rivolta. Rivolta contro le élite, i media mainstream, le università Ivy League, e la “polizia del linguaggio”, tanto cara al mondo woke.
Dovremmo chiederci, per cominciare, se i Maga siano tutti estremisti violenti, oppure se il voto che ha portato all’elezione di Donald Trump abbia espresso inquietudini confuse, ma diffuse? Se così fosse, non sarebbe consigliabile ignorarle. Meglio provare a capirle. Ecco perché è importante comprendere Charlie Kirk. Perché è una pianta cresciuta in quel terreno. Fondò Turning Point Usa, oggi in 3500 scuole e college, quando aveva 18 anni. Voleva dare voce ai giovani conservatori dei campus universitari, che da decenni esitavano a uscire allo scoperto perché a lungo una minoranza ritenuta non “cool” dagli altri studenti.
Kirk organizzava dibattiti e confronti ovunque andasse: era un sofista abile, aveva opinioni espresse in modo crudo, e sicuramente molti dibattiti sono degenerati. Ma era pur sempre un metodo migliore di quello di certi gruppi nostrani specializzati nel vandalizzare stazioni o imporre il silenzio agli avversari. Pochi mesi prima di morire, Kirk fu invitato al podcast di Gavin Newsom, governatore democratico della California, liberal puro e nemico dichiarato di Trump. Nella loro conversazione si percepisce il piacere di uno scambio per una volta pacato e civile. Ecco cosa dice Newsom al minuto 16.40: “Ammiro quello che sei stato capace di fare, non per utilizzare come arma nei campus universitari un punto di vista diverso ma per organizzarlo.” Eppure è stato, per Roberto Saviano, “uno degli individui peggiori prodotti dalla politica americana”, e la sua organizzazione una delle “più feroci della estrema destra americana”. Certo, Kirk era urticante, ma non fu – come ha sostenuto un commentatore abitualmente moderato e informato come Alan Friedman – un uomo che “aizzava la violenza e fece parte dell’assalto a Capitol Hill, un antisemita e un violento contro l’aborto”. Kirk fu convocato dalla commissione di inchiesta sui disordini del 6 gennaio 2021, giorno dell’inaugurazione di Biden.
Dalle 28 pagine della trascrizione risulta che, contrariamente a quanto afferma Friedman, non partecipò all’evento, ma lo segui in diretta. Questo è quanto disse appena apprese dell’assalto: “Non siamo d’accordo” e “Denunciamo senza mezzi termini e pensiamo che sia completamente reprensibile”. E quando un altro attivista gli ha chiesto “Perché dici che si può legittimamente sostenere che il presidente Trump abbia incitato il pasticcio di Capitol Hill?”, ha risposto: “Penso davvero sia la cosa onesta da dire”. Lo ha ripetuto davanti a Donald Trump, che lo considerava uno di famiglia? Dubito, però l’ha detto.
Kirk era contro l’aborto, certo. Era un cristiano evangelico, e pretendere che un cristiano evangelico sia a favore dell’aborto significa essere confusi. Certo, in molti anni di eventi pubblici Kirk ha pronunciato frasi assai infelici, ignorando il dramma di milioni di donne. Per esempio, ha detto “l’aborto è peggio dell’Olocausto”. Ma, sommessamente, ricordiamo che Papa Bergoglio disse “l’aborto è omicidio” e - in risposta a una domanda sull’abortoper difetti genetici - aggiunse: “Oggi facciamo come i nazisti, ma in guanti bianchi”. Kirk ha più volte preso di mira quegli ebrei che appoggiano e finanziano le cause liberal, ma non risulta che si sia mai espresso contro gli ebrei in quanto tali. Non era antisemita o contro Israele. Anzi, ne è sempre stato un sostenitore entusiasta e senza esitazioni. Solo ultimamente – dopo la ferocia vista a Gaza - era emersa qualche sua critica (e per fortuna).
Kirk ha spesso usato espressioni forti e abrasive sulla questione razziale? Vero. Disse, per esempio, che “il passaggio della legge sui Diritti Civili del 1964 fu un enorme errore”, perché, nel tempo, ha creato una “burocrazia permanente” per attuare i principi “Dei” ( “Diversità, Equità, Inclusione”). Anche in questo caso espressioni forti e opinabili. Ma in privato, negli Usa, sono in tanti – anche fra i dem – a riconoscere che la Dei è andata troppo oltre ed è diventata soffocante. La rivolta contro i suoi eccessi era inevitabile. Charlie Kirk ha detto: “L’Islam non è compatibile con la civilizzazione occidentale. Le grandi concentrazioni (urbane) islamiche sono una minaccia per l’America.” Ancora una volta opinioni forti, ma leggiamo cosa ha scritto pochi giorni fa Niall Ferguson, uno dei più noti storici anglosassoni e oggi a Harvard e Stanford: “La radicalizzazione nonviolenta è avanzata significativamente nel mondo occidentale, ovunque ci siano comunità musulmane. Il punto cruciale è che l’Islam è un’ideologia profondamente illiberale.” Gli stessi concetti di Kirk.
Dopo inflazione e immigrazione, la questione transgender è forse il terzo motivo per cui Trump ha battuto Kamala Harris. Su questo argomento Kirk si è lasciato andare a commenti volgari e privi di empatia per vicende umane sofferte - in parte prodotto del suo cristianesimo evangelico oltranzista, che sceglie accuratamente l’oggetto del proprio amore e del proprio odio. La cosiddetta opposizione ai “diritti transgender”, in effetti, è variegata. Ci sono gli oscurantisti, spesso guidati da preconcetti e ignoranza. Ci sono gli integralisti religiosi. Ci sono gli estremisti politici che ne hanno fatto un motivo di scontro culturale. Ma ci sono anche persone moderatamente conservatrici e normalmente empatiche, guidate da ragionevoli dubbi su questioni specifiche. In particolare la percezione di una pressione per imporre trattamenti irreversibili sugli adolescenti, non pronti per una decisione tanto drastica. Oppure la partecipazione dei transgender alle competizioni sportive femminili: una scelta contro il senso comune, che ha provocato negli Usa un’ondata di sdegno, di cui in Europa non ci rendiamo conto. Charlie Kirk era scaltro, cinico, controverso. I suoi sostenitori hanno della democrazia un’idea spesso rudimentale, e talvolta pericolosa.
Ma la condanna a prescindere che si è scatenata alla sua morte dimostra il rifiuto di tanti intellettuali nostrani di provare a comprendere un fenomeno complesso. Per un senso di superiorità intellettuale e morale? Sicuramente il problema va ben oltre Kirk e riguarda anche noi. Finché il progressismo nostrano non cambierà atteggiamento, Giorgia Meloni potrà continuare a dormire sonni tranquilli.

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