
Ansa
In Francia
Macron non vuole sciogliere le Camere. Uno spiraglio a sinistra
Lecornu si congeda, Borne rinnega la sua riforma delle pensioni, l'Eliseo frena sul voto anticipato. Un nuovo premier “nelle prossime 48 ore”. Ma nella Quinta Repubblica sospesa, la politica francese scopre che a mancare non è il potere: è il compromesso
Parigi. “Ciò che posso dire questa sera è che la maggioranza assoluta dell’Assemblea nazionale rifiuta lo scioglimento, perché è consapevole che non porterebbe ad alcuna soluzione. Ci sono diversi gruppi disposti a trovare un accordo su un bilancio comune”. Con queste parole il primo ministro uscente francese Sébastien Lecornu ha allontanato mercoledì sera in un’intervista su France 2 l’ipotesi di un nuovo scioglimento dell’Assemblea nazionale e di un ritorno alle urne. “Sento che una via d’uscita è possibile”, ha affermato Lecornu, confermando che la sua missione da capo di governo “è terminata” con le dimissioni di lunedì e che il presidente Macron dovrebbe nominare un nuovo primo ministro “nelle prossime 48 ore”. “Ci manca l’ultimo metro, la capacità di raggiungere compromessi nell’emiciclo”, ha sottolineato il premier dimissionario, prima di aggiungere: “La squadra (di governo, ndr) che assumerà le responsabilità dovrà essere completamente slegata dalle ambizioni presidenziali per il 2027”.
Che qualcosa si stesse muovendo in direzione di un nuovo esecutivo, allontanando l’ipotesi di scioglimento dell’Assemblea nazionale ed elezioni legislative anticipate, si era capito già martedì sera, quando Élisabeth Borne, ex premier e attuale ministra dell’Istruzione dimissionaria, si è detta favorevole in un’intervista al Parisien a una “sospensione” della riforma delle pensioni, che lei stessa aveva fatto approvare nel 2023 quando era alla guida dell’esecutivo. “Penso che non si debba fare di questa riforma delle pensioni un totem. Se questa è la condizione per la stabilità del paese, dobbiamo esaminare le modalità e le conseguenze concrete di una sospensione fino al dibattito che si terrà in occasione delle prossime elezioni presidenziali”, ha dichiarato Borne. La sospensione della riforma delle pensioni, assieme alla “taxe Zucman”, un’imposta annuale del 2 per cento sui patrimoni superiori ai 100 milioni di euro, era una delle principali richieste del Partito socialista (Ps) in vista della prossima legge di bilancio e per firmare un patto di non-censura con la maggioranza che sostiene Macron. Ma l’annuncio di Borne, se da un lato è stato applaudito dalle sinistre, dall’altro ha provocato una spaccatura all’interno di Renaissance, il partito macronista. Per l’ala liberale, mettere in pausa l’unica grande riforma del secondo quinquennio significherebbe “dilapidare” l’eredità del macronismo, oltre a scombussolare le finanze pubbliche. Per l’ala sinistra, formata da molti transfughi del Ps, aggravare la crisi sarebbe ancora peggio.
Bruno Retailleau, ministro dell’Interno uscente e presidente dei Républicains (Lr), ha chiamato il presidente Macron nel pomeriggio per esprimere il suo disaccordo alla messa in pausa della riforma delle pensioni “sotto la pressione della piazza”. Per il leader dei gollisti, “creerebbe un pericoloso precedente”, ha detto al Figaro una fonte a conoscenza dei colloqui. Ma la linea di Retailleau non è condivisa da tutti all’interno del partito. Secondo fonti dei Républicains sentite dal Figaro, il suo principale rivale, Laurent Wauquiez, capogruppo dei deputati gollisti, sarebbe disposto ad accettare la sospensione della riforma delle pensioni in cambio di alcune concessioni: l’ipotesi di un nuovo scioglimento sarebbe la peggiore delle ipotesi per molti deputati Lr. Oggi la leader del Rassemblement national, Marine Le Pen, si è detta pronta a “sfiduciare” qualsiasi governo dinanzi allo “spettacolo desolante” offerto dalla maggioranza macronista, e ha ribadito che l’unica soluzione è un nuovo scioglimento e un ritorno alle urne. Uno scenario escluso questa sera da Lecornu.