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Hamas dice sì (con condizioni) al piano Trump

Redazione

Hamas si dice disposto a rilasciare tutti gli ostaggi israeliani, vivi o morti, secondo la formula di scambio contenuta nel piano Trump, a patto che vengano garantite le condizioni pratiche per l’attuazione. In parallelo, il movimento accetta di aprire un negoziato immediato per definire i dettagli

Dopo settimane di guerra e di trattative sotterranee, Hamas ha rotto gli indugi e ha consegnato ai mediatori la propria risposta: il movimento islamista accetta, almeno sulla carta, i punti principali della proposta avanzata da Donald Trump. Il testo, diffuso dopo un’analisi interna definita “approfondita”, riconosce e ringrazia gli sforzi arabi, islamici e internazionali – inclusi quelli della Casa Bianca – per fermare la guerra nella Striscia di Gaza e stabilire un nuovo quadro politico.

Hamas si dice disposto a rilasciare tutti i prigionieri israeliani, vivi o morti, secondo la formula di scambio contenuta nel piano Trump, a patto che vengano garantite le condizioni pratiche per l’attuazione. In parallelo, il movimento accetta di aprire un negoziato immediato per definire i dettagli e di cedere la gestione della Striscia a un’amministrazione palestinese indipendente, formata da tecnocrati e sostenuta da consenso nazionale, arabo e islamico. 

Non si tratta di una resa incondizionata. Hamas lega la questione del futuro politico di Gaza e dei diritti dei palestinesi a un più ampio quadro nazionale, da discutere insieme alle altre fazioni, sulla base delle risoluzioni internazionali. Tra le incognite vi è anche il disarmo di Hamas.

Ma la sostanza è chiara: per la prima volta dall’inizio della guerra, il movimento apre formalmente alla possibilità di farsi da parte, rinunciando al controllo diretto del territorio e accettando una mediazione esterna.

Il segnale, accolto con cautela da governi e diplomatici, potrebbe rappresentare un passaggio decisivo: lo scambio di prigionieri, l’ingresso di aiuti e la creazione di un’amministrazione tecnica avvicinano la prospettiva di una tregua reale. Restano incognite enormi – la reazione di Israele, la tenuta del consenso interno palestinese, il ruolo delle potenze regionali – ma la mossa di Hamas dimostra che la pressione militare e diplomatica ha prodotto un primo, fragile spiraglio di cambiamento.

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