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I talebani tagliano i contatti degli afghani con il mondo “fino a nuovo avviso”

Shelly Kittleson

A causa di un blackout totale, le notizie dal paese sono pochissime, ma "le autorità stanno procedendo all’attuazione di misure morali, con diverse reti disconnesse in modo graduale; anche i servizi telefonici sono attualmente interessati”, ha scritto Netblocks su X

I paragoni, molto disinformati, tra il governo siriano e i talebani continuano, ma il primo si sta aprendo al mondo e creando opportunità, mentre i secondi stanno alzando altre barriere – che già sono alte – alla circolazione delle informazioni e delle persone stesse. Ora è diventato impossibile sapere che cosa accade in Afghanistan, “fino a nuovo avviso”, ha detto il regime. Il paese “è ora nel mezzo di un blackout totale di internet, poiché le autorità talebane stanno procedendo all’attuazione di misure morali, con diverse reti disconnesse durante la mattinata (di martedì, ndr) in modo graduale; anche i servizi telefonici sono attualmente interessati”, ha scritto, sulla piattaforma X, Netblocks, l’osservatorio globale di internet. Da quel momento il Foglio non è più riuscito a contattare nessuna delle sue fonti nel paese e anche diverse ong che hanno personale in Afghanistan affermano di non essere riuscite a contattare i propri collaboratori, il che è particolarmente preoccupante date le operazioni in corso nelle zone remote colpite dai recenti terremoti.

 

I circa 43 milioni di afghani che vivono nelle 34 province del paese sono nel buio dal 29 settembre, dopo che da quattro anni le continue restrizioni, seguite da decisioni più drastiche e repentine, attirano poca attenzione da parte dei media. Nader Nadery, che faceva parte del team di negoziazione della pace prima della presa di potere da parte dei talebani nell’agosto 2021 e ora senior fellow presso l’Hague Institute for Innovation of Law (HiiL), dove si occupa di peacebuilding e giustizia globale, ha detto al Foglio ieri, tramite Whatsapp, di essere riuscito a contattare i suoi familiari ancora nel paese solo nei due giorni precedenti. Nadery non vuole parlare della sua famiglia né degli effetti che gli ultimi quattro anni hanno avuto su di loro per motivi di sicurezza e di altro tipo, ma osserva che “internet era l’ultimo mezzo a cui le ragazze e le donne potevano aggrapparsi per una speranza di istruzione, poiché la maggior parte di loro seguiva le lezioni online”.

 

Da quando i talebani hanno preso il controllo della maggior parte del paese nell’agosto 2021, le ragazze non hanno potuto continuare la loro istruzione oltre al sesto anno (la prima media in Italia). Intorno ai 12 anni – ma i contatti sul campo riferiscono da tempo che accade anche a bambine di nove anni più alte e dall’aspetto più maturo – sono state mandate a casa da un giorno all’altro con l’ordine di non tornare. “Internet era anche una fonte di reddito per un gran numero” di giovani uomini e donne, che erano in grado di “produrre contenuti per YouTube e social media come TikTok e Instagram. Anche questo è stato loro tolto”, dice Nadery esasperato, sottolineando che ciò spinge la popolazione verso una “incertezza e uno stress” ancora maggiori.

 

Questo, dice detto con tono stanco, “è il proseguimento di quattro anni bui”. Alla domanda se, qualora il blackout dovesse continuare, tenterà di far uscire i suoi familiari dal paese, risponde che anche questo è diventato quasi impossibile: “Per esempio, la Germania ha interrotto il ricollocamento degli afghani di cui aveva approvato l’ingresso e che erano in attesa di entrare strutture gestite dalla Germania da oltre due anni”. Queste persone lasciate in un limbo “sono state rimandate in Afghanistan”. Nadery racconta di “un collega attivista per i diritti umani e la democrazia che lavorava a programmi finanziati dalla Germania e da partner” e che insieme alle sue giovani sorelle “aveva avuto l’approvazione”, era stato “evacuato dall’Afghanistan, ospitato per due anni in Pakistan e aveva superato i test del Dna e altri esami”, alla fine, “senza alcuna motivazione, ha avuto tre giorni di tempo per lasciare le strutture”. 

 

Altri afghani che erano riusciti a fuggire in Europa o in America – in gran parte grazie a precedenti legami con la comunità internazionale, mezzi economici sufficienti e precedenti studi all’estero – all’indomani della presa di potere dei talebani e con famiglie e personale nel paese, sono più cauti nel parlare con i media internazionali. O semplicemente troppo esausti e traumatizzati. “Nessun commento, amico mio”, scrive uno di loro, che ha sofferto di una grave depressione che ha richiesto cure dopo l’agosto 2021 e che ha diversi membri della sua famiglia, tra cui le sue sorelle, ancora in Afghanistan, in risposta alle domande del Foglio: “Non so davvero cosa dire”.

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