
In America
Tutto quel che fa Trump è "senza precedenti"
L'incriminazione di Comey, le pressioni sulla sua famiglia, il resto della lista trumpiana della "feccia" da epurare. Il dipartimento di Giustizia è sfigurato, il dipartimento di stato s'è messo a dare la caccia agli immigrati e il Pentagono sembra in delirio di onnipotenza, tra decisioni senza coordinarsi con la Casa Bianca, nuove linee guida alla stampa e la misteriosa (e invero insicura) riunione di tutti i comandanti dell'esercito, la prossima settimana
James Comey, ex direttore dell’Fbi americana dal 2013 al 2017, è stato accusato da un tribunale della Virginia di falsa testimonianza e di intralcio ai lavori del Congresso: il presidente, Donald Trump, aveva chiesto alla sua ministra della Giustizia, Pam Bondi, di perseguirlo – lui e tutti i suoi avversari politici, che ha definito “scum”, feccia – e Bondi all’inizio gli aveva detto che le prove erano deboli, non era certa di potergli obbedire. Ma la scorsa settimana, le pressioni senza precedenti del governo hanno costretto Erik Siebert, il procuratore che si occupava del caso Comey e che aveva già detto che non c’erano prove, a dimettersi: è stato sostituito immediatamente da Lindsey Halligan, avvocata (miracolata) di Trump, che in pochi giorni ha obbedito, ha scritto due pagine, le ha firmate e le ha presentate in tribunale. Comey rischia cinque anni di prigione (ma le prove continuano a essere fragili) e nel frattempo sua figlia Maurene, che lavorava al dipartimento di Giustizia e in particolare sul caso Epstein, è stata licenziata quest’estate, mentre ieri si è dimesso il genero di Comey, Troy A. Edwards Jr., che lavorava nel tribunale che accusa Comey.
L’incriminazione dell’ex direttore dell’Fbi è senza precedenti, così come lo è la trasformazione del dipartimento della Giustizia in un’agenzia di detective al servizio del presidente, che alla notizia dell’incriminazione ha postato su Truth, tutto in maiuscolo: “Giustizia in America”. Trump si aspetta che Comey sia soltanto il primo della lista di epurati, e il sodale direttore dell’Fbi di oggi, il vanitosissimo e goffissimo Kash Patel, è già sull’attenti, ha scritto su X che tutta la leadership corrotta venuta prima di questa Amministrazione (intende perlopiù l’establishment democratico, ma non solo) è nel mirino, “tutti, soprattutto coloro che ricoprono posizioni di potere, saranno chiamati a rispondere, indipendentemente dalla loro posizione”. Nella lista di Trump, assieme a Comey, ci sono Letitia James, procuratrice di New York che ha fatto pagare una multa all’Organizzazione Trump: è accusata di frode ipotecaria, indagava su di lui sempre Erik Seibart, che è stato rimosso perché non faceva i compiti assegnati dal governo, quindi ora potrebbe essere ancora l’inesperta ma fedelissima Halligan a occuparsi di lei. Di frode ipotecaria sono indagati anche il senatore democratico della California Adam Schiff, pure lui nella lista degli “scum”, e Lisa Cook, che lavora nel board della Federal Reserve, già licenziata, poi riammessa da un altro tribunale, ma di fatto commissariata dalla nomina nel board di Stephen Miran, capo dei consiglieri economici della Casa Bianca, molto celebre nella cosiddetta “QAnon dei dazi” (sì esiste anche un filone complottista sui dazi), che non ha lasciato l’incarico alla Casa Bianca, giusto perché non ci fossero fraintendimenti sulla volontà esplicita del governo di controllare tutte le istituzioni.
Il dipartimento di Giustizia non è l’unico a essere deformato. Julia Ioffe, giornalista di Puck, ha raccontato ieri nella sua newsletter gli umori del cosiddetto “State of Deportation”, un gioco di parole per indicare il fatto che il dipartimento di stato si occupa meno di politica estera (si vede) e moltissimo di deportazioni: “La Casa Bianca ha chiesto che tutte le agenzie – scrive Ioffe – contribuiscano alle operazioni sull’immigrazione e sempre più funzionari del dipartimento di stato sono costretti ad aiutare l’Amministrazione Trump a, per usare le parole di Stephen Miller, deportare deportare deportare”. Di fatto i dipendenti del ministero degli Esteri sono stati messi a investigare le eventuali violazioni su visti e passaporti e alcuni di loro hanno anche partecipato ai raid dell’Ice, l’agenzia anti immigrazione che ha ricevuto fondi e potere senza precedenti: anche questi funzionari, che tendenzialmente ambiscono alla carriera diplomatica, partecipano ai raid con il volto coperto e quando sono alla scrivania continuano a controllare, assieme alle ambasciate e ai consolati, i dati di chi parte, diretto verso gli Stati Uniti, o risulta già nel paese. Una fonte di Ioffe dentro al dipartimento dice: “Ogni agenzia deve fornire capitale umano per sostenere queste deportazioni”, ed è lo stesso che avviene nel dipartimento di Giustizia e in quello della Sicurezza nazionale.
Senza precedenti è anche quello che sta avvenendo al Pentagono, il dipartimento della Difesa ribattezzato ministero della Guerra. Il suo titolare, Pete Hegseth, ha introdotto nuove linee guida per la stampa, ancora più stringenti e caotiche di quelle che sono state predisposte alla Casa Bianca: tutte le informazioni utilizzate dai giornalisti devono essere ufficialmente autorizzate dallo stesso Pentagono, altrimenti si rischia di perdere l’accredito. I giornalisti non potranno nemmeno più girare per l’edificio nelle parti finora autorizzate senza essere scortati dai funzionari: in questo modo autonomia e fonti vengono molto ridotte (è abbastanza comico il fatto che a diramare questo memo sia stato un ministro che ha seri problemi di sicurezza nelle comunicazioni, come dimostra la famosa chat di Signal su un’operazione militare in Yemen in cui è stato inavvertitamente invitato un giornalista). Le indicazioni fanno parte di una più ampia strategia del governo che è quella di silenziare chi è considerato ostile, che sia un reporter, una testata, un comico. Senza precedenti è anche infatti la minaccia fatta dal direttore dell’Agenzia che si occupa del settore dei media, Brendan Carr, di sospendere le licenze in modo arbitrario e censorio (il programma del comico Jimmy Kimmel è stato cancellato e poi riammesso, ma non alle condizioni di prima: non viene più distribuito in tutto il paese, alcune licenze, per l’appunto, sono state sospese). Altre azioni del Pentagono sono senza precedenti: la sospensione delle armi all’Ucraina decisa senza coordinarsi con la Casa Bianca (si pensava che Trump facesse il finto tonto per non ammettere l’ennesimo sgarro a Kyiv, invece non era proprio stato informato) e ora la grande riunione di tutti i comandanti dell’esercito americano, prevista in Virginia per il 30 settembre. Nessuno sa la ragione di questa convocazione di massa, ma tutti sanno che è piuttosto rischioso far rientrare negli Stati Uniti i massimi esponenti militari del paese e radunarli tutti in un posto. Forse è per annunciare che anche per le forze dispiegate all’estero è venuto il momento di occuparsi dell’America first, per contrastare la “grande invasione” degli immigrati e la “grande criminalità” che si concentra nelle città a guida democratica. Trump ha detto che tutti quelli che non la pensano come lui sono suoi nemici, e la Guardia nazionale è già per le strade americane, anche quando non è richiesta.