
Foto Ansa
l'incontro
Trump ed Erdogan smussano tutte le differenze, e fanno affari
L’incontro dei due leader alla Casa Bianca sancisce il pieno riavvicinamento tra Washington e Ankara, con intese su energia, difesa e ricostruzione regionale. Nel colloquio, sono stati evitati contrasti su Gaza e Ucraina. Così cresce il peso turco nella visione geopolitica americana
L’incontro tra Donald Trump e Recep Tayyip Erdogan a Washington segna l’apice del processo di riavvicinamento tra Stati Uniti e Turchia, avviato con il ritorno del tycoon alla Casa Bianca. Dopo gli anni di gelo durante l’Amministrazione Biden, il leader turco ha ottenuto il primo invito dal reinsediamento di Trump. L’incontro davanti alla stampa nello Studio ovale, tenutosi prima del meeting a porte chiuse nel consueto format, ha visto Trump dominare la scena, evitando qualsiasi possibile disaccordo con il presidente turco, che ha più volte definito un “duro”. Alla domanda sulle possibili divergenze con la Turchia riguardo alla guerra nella Striscia di Gaza, Trump ha affermato di “non essere a conoscenza della posizione di Erdogan”, nonostante tale posizione sia ben nota. Due giorni fa all'Assemblea generale dell’Onu, Erdogan aveva invitato il mondo a “schierarsi con i palestinesi in nome dell'umanità”. Trump ha anche affermato che si è ormai “vicini al raggiungimento di un accordo”, ribadendo la necessità di riportare a casa gli ostaggi. Sul tema, la distanza resta evidente. Ankara rifiuta l’idea di un’egemonia regionale israeliana, consapevole anche del costo politico interno che ciò comporterebbe per Erdogan.
Sul fronte Ucraina, Trump ha dichiarato che Erdogan è molto rispettato da Vladimir Putin e Volodymyr Zelensky, al punto che questo gli permetterebbe di esercitare una “grande influenza”, se lo volesse. La Turchia, secondo Trump, dovrebbe smettere però di acquistare petrolio dalla Russia. Mercoledì, la compagnia energetica statale turca Botas ha firmato un accordo per importare dal 2026 circa 4 miliardi di metri cubi di Gnl statunitense l’anno (pari all’8 per cento del fabbisogno nazionale), destinati al consumo interno e alla rivendita. Per quanto riguarda gli F-35, i leader si sono ripromessi di discuterne nel corso dell’incontro privato. Sebbene Trump abbia affermato di credere che Erdogan “avrà successo nella trattativa”, il dossier resta complesso. Trump ha più volte ribadito il proprio sostegno al rientro della Turchia nel programma F-35, dal quale era stata esclusa nel 2019 dopo l’acquisto dei sistemi missilistici russi S-400. Tuttavia, sul tema pesa l’opposizione di Israele, Grecia e del Congresso americani, anche se Trump intende far valere le sue prerogative presidenziali per favorire una politica di compromesso che accomodi maggiormente gli interessi turchi. Alla domanda se intendesse revocare le sanzioni statunitensi contro la Turchia, Trump ha risposto che lo farebbe “quasi immediatamente” se l'incontro di oggi avrà esito positivo.
L’incontro nello Studio ovale è il punto di arrivo di un lungo percorso che ha visto convergere gli interessi americani e turchi su più fronti: dall’Ucraina alla Siria, fino alla recente firma del trattato tra Armenia e Azerbaigian e alla nascita della “Trump route”. Per Thomas Barrack, ambasciatore Usa in Turchia e inviato speciale per la Siria, i rapporti tra Washington e Ankara sono destinati a un “cambiamento radicale”, frutto del “genio” di Trump nel conferire legittimità a Erdogan. Entrambe le capitali vedono nel governo ad interim di Ahmad al Sharaa un’occasione di stabilizzazione e ricostruzione, e sostengono, almeno in parte, l’integrazione delle forze Sdf curde nell’esercito nazionale. A consolidare questo riavvicinamento non è soltanto la convergenza strategica, ma anche il crescente peso militare e diplomatico di Ankara, che ne ha rafforzato la centralità agli occhi di una Washington incline a delegare il proprio ruolo di poliziotto del mondo. C’è anche un allineamento nel metodo. Come osserva la giornalista turca Ezgi Basaran, Trump ed Erdogan “pensano e agiscono con una mentalità manageriale, affrontando la politica non come statisti ma come dirigenti d’azienda: i problemi diventano intoppi operativi, le soluzioni accordi, il successo è misurato in termini di profitti e perdite”. Non sorprende quindi che il vertice si sia concentrato sugli affari. L’obiettivo è portare l’interscambio a 100 miliardi, traguardo fissato già nel primo mandato di Trump. Sul tavolo c’è anche l’acquisto di una commessa da parte di Ankara per oltre un centinaio di nuovi Boeing.

Lo scenario
Putin invade i cieli della Nato


L'esclusiva del Washington Post