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Womanosphere

Erika Kirk e il conservatorismo che vuole farsi attraente per le giovani americane

Lorena Evangelista

Eletta ceo di Turning Point Usa, la vedova di Charlie Kirk è una figura chiave nel processo di diffusione del modello tradizionalista di femminilità, sempre più popolare tra le ragazze. Dai social alle riviste ai podcast, un universo che fa il gioco della propaganda Maga e si alimenta del dialogo tra politica istituzionale e popolarità dei creator online 

Erika Kirk ha promesso di fare di Turning Point Usa “la cosa più grande che questa nazione abbia mai visto”. La vedova dell'attivista americano è stata da poco nominata ceo dell'organizzazione fondata dal marito Charlie, e dovrà così abbandonare il suo ruolo di "trad wife" – la versione social ed esteticamente appetibile della casalinga.

Ex modella e miss Arizona 2012, impegnata sin da piccola nel volontariato, Erika Frantzve - questo il cognome da nubile - ha sposato Charlie Kirk nel 2021, e a quel punto il loro matrimonio e la loro famiglia sono diventati anche immagine esemplare del modello tradizionalista che ha un ruolo centrale nel discorso politico di Kirk e nella propaganda Maga. Un modello che è tornato in grande spolvero anche per le giovani donne - soprattutto nella società statunitense, ma non solo - e sotto una veste apparentemente più “cool”. Erika Kirk ha un master in giurisprudenza e un dottorato in studi biblici, ha fondato un brand di abbigliamento e ha continuato in questi anni a lavorare come agente immobiliare, eppure nelle sue apparizioni pubbliche ha sempre enfatizzato la sua scelta di dare priorità al suo ruolo di moglie e madre. 

In un evento di Turning Point nel 2021 a Dallas, nel discorso con cui si presentò per la prima volta al pubblico di militanti come neomoglie del fondatore, Erika raccontò sbrigativamente la sua adolescenza trascorsa dietro e davanti alle telecamere, il suo lavoro per la televisione, la sua esperienza come giocatrice di basket e come imprenditrice. E poi pronunciò una dura critica alla “Boss Babe Culture”, un modello “incredibilmente tossico” che secondo la nuova capa di Turning Point affligge soprattutto le ragazze tra i venti e i trent’anni, e che instilla in loro l’ossessione per la carriera, per la competizione sfrenata e la ricerca continua di nuove opportunità. “Va bene perseguire la propria carriera”, disse la vedova di Kirk in quell’occasione, “ma va bene anche essere una madre, essere felicemente sposata, va bene essere felici nel cucinare per la propria famiglia, cambiare cognome una volta sposate, essere una vera donna”. Mettendo così insieme una denuncia della competizione e della performatività che attraversano la società contemporanea e che sono esacerbate dai social - e che attecchiscono, secondo Kirk, soprattutto nelle grandi città americane -  e una piena riabilitazione di una scelta di vita “tradizionalmente femminile”, che sarebbe anche “benedetta da Dio”. 

Quello promosso da Erika Kirk e rivolto alle giovani donne è un messaggio sempre più popolare nel mondo conservatore americano, e che ha acquisito grande risonanza sui media, sui social network e nei podcast. E’ la cosiddetta “womanosphere”, l’universo complementare alla più famosa “manosphere” - la galassia di comunità online formate solo da uomini che condividono discorsi e interessi esclusivamente maschili, e non di rado misogini. Come il suo corrispettivo maschile, la womanosphere abbraccia una visione tradizionalista, ostile alla “cultura woke” e dichiaratamente antifemminista, ma presentata come benevola per le donne. Il suo successo è legato alla commistione tra contenuti apparentemente depoliticizzati (dalla moda al benessere al “lifestyle”) e una precisa proposta di femminilità che fa il gioco della propaganda Maga, “conquistando così persone che altrimenti non sarebbero attratte dalla politica”, ha scritto Emma Goldberg sul New York Times.

Tra i media più rilevanti c’è “Evie Magazine”, rivista conservatrice fondata nel 2019 che tiene molto alla distinzione tra “femminile” e “femminista”, termine quest’ultimo che rimanda, secondo la cofondatrice Brittany Hugoboom, a un movimento “di auto-odio, anti-famiglia e antimaschile”. Tra le pagine di “Evie” (il cui logo assomiglia in modo impressionante a quello della più famosa rivista “Elle”) si alternano pezzi di gossip e critiche al divorzio, consigli di beauty e denunce di una maternità sotto attacco. L'altro riferimento è “The Conservateur”, magazine sempre rivolto alle donne la cui missione dichiarata è “riportare in auge la femminilità tradizionale e lo stile di vita ad esso collegata”. 

Ma lo strumento in assoluto più popolare per la diffusione e l’estetizzazione dei modelli tradizionali di femminilità tra le più giovani è il podcast (la stessa Erika Kirk ne ha uno dal 2019). Più di un milione e mezzo di persone sono iscritte al canale youtube “The Brett Cooper Show”: Brett Cooper ha 23 anni, su Instagram si descrive come “aspiring farmer”,  pubblica foto di sé tra mucche e galline, col vestito da sposa e col pancione, e nel suo podcast racconta la politica americana e la cultura pop dal punto di vista di una giovane trumpiana. A giugno è stata ingaggiata da Fox News. 

E’ nato da poco, ma è già tra i più noti, il podcast di Katie Miller - moglie di Stephen Miller, vice capo di gabinetto e consigliere per la sicurezza di Trump, tra gli esponenti Maga più radicali. Katie, dopo aver ricoperto importanti incarichi in politica (è stata vice addetta stampa del Dipartimento per la sicurezza durante il primo mandato di Trump, dal 2017 al 2019, e soprattutto portavoce del Doge fino a maggio 2025, quando ha seguito Musk nella sua dipartita dalla Casa Bianca), ad agosto ha debuttato su YouTube: “Per anni ho visto che non esiste un posto per le donne conservatrici per riunirsi online”, annuncia Miller nel primo episodio del podcast, che vuole essere uno spazio per raccontare l’attualità, la politica, ma anche lo stile di vita e i gossip, “dalla nostra prospettiva, dalla mia prospettiva, quella di una mamma di tre bambini che prova a fare del suo meglio”. JD Vance e Pam Bondi sono stati tra i suoi primi ospiti. 

Se è vero che le giovani donne sono ancora il segmento della società americana più progressista - le ragazze tra i 18 e i 29 anni, alle elezioni presidenziali, hanno votato Harris al 58 per cento, mentre il 56 per cento dei loro coetanei maschi ha scelto Trump - anche tra loro c’è stato uno spostamento a destra rispetto al 2020 (quando solo il 33 per cento aveva votato per Trump, rispetto al 40 per cento del 2024). La sfida per rendere il conservatorismo attraente tra le giovani donne è stata colta dal mondo Maga e ha il suo terreno più fertile nel dialogo tra la politica istituzionale e la popolarità dei creator online. Turning Point Usa svolge già da tempo un ruolo cruciale anche in questa missione: ne è esempio l’ultimo evento organizzato dalla fondazione a giugno di quest’anno, a Dallas, il “Young Women’s Leadership Summit”, a cui hanno partecipato migliaia di donne da ogni parte del paese al grido di “Meno burnout, più bambini”, tra  gadget con su scritto “Molla il tuo fidanzato socialista” e “La mia stagione preferita è la caduta del femminismo”. Ora più di prima, Erika Kirk sarà una figura chiave.