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a Parigi
“L'antisemitismo d'atmosfera” dilaga in Francia impunito, ci dice Raphaël Enthoven
"La sinistra radicale è catalizzatrice di antisemitismo", dice il filosofo e saggista francese, "la mia è una battaglia contro un tentativo di censura da parte di un partito politico"
Parigi. La 17esima camera del Tribunale giudiziario di Parigi è quella degli “affaires de presse”. Martedì, in aula, c’era il filosofo e saggista Raphaël Enthoven, chiamato a difendersi da una denuncia per “diffamazione” dopo aver definito su X la France insoumise, il partito della sinistra radicale francese guidato da Jean-Luc Mélenchon, un “movimento detestabile, violento, complottista, appassionatamente antisemita e guidato da un oratore che nessuno ha eletto”. Il contesto in cui Enthoven pubblicò il post? Maggio 2024, quando l’allora capofila del Partito socialista alle elezioni europee e leader di Place publique Raphaël Glucksmann fu ricoperto di vernice. Glucksmann fu riempito di insulti e cacciato da un corteo a Saint-Étienne, il giorno della Festa del lavoro, tra le risate dei militanti di estrema sinistra, molti dei quali appartenenti a Lfi. Quel giorno Enthoven si “arrabbiò molto”, come lui stesso ha ribadito martedì davanti ai giudici, e ciò lo spinse a pubblicare poche ore dopo i post incriminati dai mélenchonisti, che lo hanno portato in tribunale. Ma è “diffamazione”, come denuncia Lfi, o si tratta di un’opinione e rientra dunque nel campo della libertà d’espressione, nel sacro diritto di criticare un partito politico, come sostiene la difesa? Accanto al suo legale, Richard Malka, storico avvocato di Charlie Hebdo, Enthoven non ha minimizzato nulla, non ha evitato le domande e soprattutto non ha nascosto le sue convinzioni: “Dal 2015 conduco una guerra accanita contro Lfi, contro il pericolo che rappresenta questo movimento”.
Un movimento che non ha mai condannato apertamente Hamas come organizzazione terroristica e ha fatto eleggere all’Europarlamento Rima Hassan, che considera i membri del movimento islamista palestinese dei resistenti. “La mia è una battaglia contro un tentativo di censura da parte di un partito politico”, dice al Foglio Enthoven: “Il demone della censura assume molte, moltissime forme, e oggi il più delle volte assume la forma di branchi che si formano online per zittirti, senza che tu abbia detto nulla di illegale. Ma in questo caso il tentativo di censura viene da un partito. La strategia dei mélenchonisti è quella di farmi condannare per diffamazione, in modo da poter poi dire: guardate cosa succede quando ci accusano di antisemitismo”. Davanti agli occhi di molti suoi colleghi venuti a sostenerlo, il direttore del magazine liberale Franc-Tireur ha elencato alcune dichiarazioni di Mélenchon, a partire da quella sull’“antisemitismo (che) rimane residuale in Francia”, quando in realtà gli atti antisemiti sono nettamente aumentati. E ha denunciato quell’“antisemitismo d’atmosfera” che Lfi ha contribuito a diffondere, “una bestia infima e infame che sfugge alle maglie della legge” e “deve essere combattuta e smascherata sul terreno dell’opinione pubblica”. “L’antisemitismo d’atmosfera è l’idea che esistano migliaia di modi per essere antisemiti senza essere puniti dalla legge.
Oggi, ad esempio, ci sono manifestazioni organizzate con cartelli su cui c’è scritto ‘Chi?’. Non si va in prigione, non si paga una multa perché si scrive ‘Chi?’ su dei cartelli, ma dietro quelle tre lettere ci sono ovviamente gli ebrei. Lo stesso vale quando si fa riferimento ai draghi celesti: è chiaro a tutti che lo si scrive per non dire ebrei. Ovviamente non si viene puniti perché si menzionano i draghi celesti di un manga (“One Piece”, ndr), ma si è indiscutibilmente antisemiti. L’antisemitismo d’atmosfera è costituito da tutte le manifestazioni legali dell’antisemitismo”, spiega il filosofo francese. Lfi, per Enthoven, “ha svolto un ruolo di catalizzatore di questo antisemitismo, nel quale trova un motivo di interesse elettorale. E’ un movimento che non arriverà mai al potere, ma che ha una responsabilità considerevole nel clima di censura e di odio che c’è oggi in Francia”.
La scorsa settimana, assieme ad altre diciannove personalità del mondo intellettuale, culturale e artistico francese, Enthoven ha cofirmato una lettera aperta sul Figaro all’attenzione dell’inquilino dell’Eliseo, in cui si chiedeva di subordinare il riconoscimento di uno stato palestinese alla liberazione degli ostaggi e allo smantellamento di Hamas. “Sono sempre stato favorevole alla soluzione a due stati, ma la scorsa primavera il riconoscimento dello stato di Palestina da parte della Francia era subordinato alla liberazione degli ostaggi e allo smantellamento di Hamas. Poiché queste due condizioni preliminari non erano ovviamente soddisfatte, si è deciso di riconoscere incondizionatamente la Palestina. Ed è un fatto gravissimo, perché è un regalo a Hamas”, dice Enthoven, prima di aggiungere: “Il fatto di aver voluto dire tardivamente ‘vi riconosciamo ma non creeremo un’ambasciata finché Hamas sarà al potere’ è un modo per trasformare quella che era una condizione preliminare imprescindibile in un pio desiderio. Tutto ciò non è per niente rassicurante”.