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La prova di forza

Il successo del piano antidemocratico di Trump dipende da noi: la passività è la sua alleata

Timothy Snyder

Nel paradigma del presidente, tutto è un reality show e noi siamo solo delle comparse insignificanti. Ma i cittadini e i loro rappresentanti hanno l’obbligo di pensare e reagire in modo creativo. Ciò significa, innanzitutto, rifiutare di essere cooptati nello “show”

I nove mesi trascorsi dal ritorno di Donald Trump alla Casa Bianca hanno illustrato in modo abbastanza chiaro gli obiettivi generali della sua agenda politica: indebolire il ruolo degli Stati Uniti all’estero, creando così un ambiente favorevole ai dittatori e, al contempo, usare il governo e le Forze armate statunitensi per instaurare una dittatura in patria. Funzionerà? Il successo del piano di Trump dipenderà da come lo vedremo, o meglio, dalla nostra scelta di non vederlo. Nel peggiore dei casi, gli americani decideranno di non accorgersi di quanto accade, distogliendo lo sguardo mentre i loro vicini o colleghi vengono coinvolti in raid contro gli immigrati e le loro città vengono militarizzate, per poi fingere di non avere altra scelta che quella di abbandonare la democrazia.

 

I pretesti si troveranno. Sta già succedendo, soprattutto con la raffica di menzogne sulla criminalità nelle città e, come abbiamo visto all’indomani dell’omicidio dell’attivista di destra Charlie Kirk, con lo sfruttamento selettivo della violenza politica. Non commettiamo l’errore di confondere i pretesti con le politiche esistenti. Il successo della transizione verso l’autoritarismo negli Stati Uniti dipende da noi. Nel paradigma di Trump, tutto questo è un reality show e noi siamo solo delle comparse insignificanti, senza battute, sempre sullo sfondo. Chiamatela una “prova di forza”. E’ così che sono stati descritti (troppo spesso) i dispiegamenti di truppe della Guardia nazionale (e dei Marine) nelle città degli Stati Uniti. Ma di che tipo di forza si tratta? E che genere di show? Come possiamo superare l’idea che si tratti di uno “spettacolo” in cui non abbiamo alcun ruolo da svolgere? I dispiegamenti di truppe sono chiaramente illegali e progettati per intimidire. Anche se l’estrema deferenza dell’attuale Corte suprema verso Trump sottintende che i procedimenti legali avranno un impatto minimo, ciò che viene ordinato ai soldati vìola palesemente il lungo e giustamente apprezzato precedente secondo cui l’esercito non deve essere usato come forza di polizia. Il dispiegamento di truppe a questo scopo scredita la ragione che giustifica il mantenimento delle Forze armate, cioè difendere un paese dagli attacchi esterni.

 

L’intimidazione, tuttavia, dipende in gran parte da noi. Vogliamo scegliere di farci intimidire? Molte persone, come i lavoratori senza documenti – o quanti semplicemente sembrano corrispondere a questo profilo – hanno ottimi motivi per avere paura e restare in disparte. Ma parecchi di noi, sia cittadini sia, soprattutto, rappresentanti eletti a livello statale, hanno l’obbligo di pensare e reagire in modo creativo. Ciò significa, innanzitutto, rifiutare di essere cooptati nello “show”. Il rischio è che il nostro militarismo istintivo ci spinga, inconsciamente, verso il fascismo. I soldati godono del beneficio del simbolismo patriottico, ma se gironzolano nelle città statunitensi, non stanno difendendo il paese. Usare soldati aitanti per illustrare gli articoli sull’autoinvasione non è una scelta editoriale neutra. Al contrario, favorisce la percezione che, alla fin fine, i soldati stiano semplicemente “obbedendo agli ordini” e compiendo il loro dovere patriottico. In realtà, questi dispiegamenti nelle città sono l’equivalente politico di una miccia pronta a esplodere. Inviando truppe in una città dopo l’altra, l’Amministrazione Trump aumenta le probabilità statistiche di un incidente – il suicidio di un militare, un incidente di fuoco amico, l’uccisione di un manifestante – che può essere usato per creare una crisi più grande.

 

Per evitare questo risultato bisogna vedere dove porta la passività. Se non ci confrontiamo con i nostri amici e famigliari nelle Forze armate su tali rischi, siamo complici del loro uso e abuso al servizio dell’autoritarismo. Se permettiamo che la “prova di forza” di Trump ci intimorisca, lo aiuteremo in un processo che non è in grado di realizzare da solo. Sto scrivendo questo articolo a Dnipro, in Ucraina, mentre suona l’allarme aereo. Avevo un lavoro di ricerca da svolgere e il progetto di storia che mi ha portato qui non è stato facilitato dal fatto di avere alcuni colleghi in servizio attivo e altri tenuti insonni da missili e droni. Ma sono venuti tutti. Lo dico per aiutarci a mantenere la giusta prospettiva. L’Ucraina è invasa dalla Russia. Nessuno sta invadendo l’America. Noi possiamo solo invaderci da soli. E la possibilità che ciò accada dipende dalla nostra scelta di vedere o no il quadro logico complessivo, di dare il giusto nome alle cose, di confrontarci tra di noi e di andare avanti con il lavoro di difesa della democrazia, dell’onestà e dei valori umani. Il punto, ovviamente, è se il coraggio civile possa essere canalizzato in una resistenza democratica efficace.

 

Il sistema federalista americano offre motivi di speranza. Dopo che il Congresso emanò la legislazione sui diritti civili negli anni Sessanta per smantellare l’ordinamento razzista del sud basato sulle leggi di Jim Crow, il Partito repubblicano fece dei “diritti degli stati” il proprio grido di battaglia strategico per opporsi all’autorità federale. Ora la situazione si è ribaltata: i repubblicani appoggiano pienamente l’uso del potere federale da parte di Trump contro università, media, studi legali e città, mentre i governi statali democratici stanno diventando un baluardo della lotta all’autoritarismo. Il rifiuto del governatore dell’Illinois J. B. Pritzker di schierare truppe della Guardia nazionale a Chicago, per esempio, ha costretto Trump a fare marcia indietro (almeno per ora).

 

Il rifiuto di attuare la politica del governo federale, talvolta definito come “secessione soft”, getta le basi per un braccio di ferro tra i governi statali e l’Amministrazione Trump su questioni che spaziano dallo svolgimento delle elezioni e la salute pubblica fino al cambiamento climatico. Il destino della democrazia americana, se non dell’America stessa, potrebbe dipendere dal risultato di questa sfida.
 

Timothy Snyder
autore e curatore di una ventina di libri, ricopre la cattedra inaugurale di Storia dell’Europa moderna  presso la Munk School of Global Affairs and Public Policy dell’Università di Toronto, ed è membro permanente dell’Istituto di scienze umane di Vienna.
Copyright: Project Syndicate, 2025.

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