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Il regime di Putin e il risentimento violento contro l'occidente. Intervista

Maurizio Stefanini

Alexander Baunov, intellettuale russo in esilio, analizza la natura autoritaria del potere putiniano, paragonandolo a dittature europee del passato. Il putinismo secondo lui è una reazione anti-moderna e antioccidentale, alimentata da risentimento culturale, propaganda omofoba e retorica imperialista

Vladimir Putin è come “Franco e Salazar in un’unica persona”, ma con qualcosa anche dei colonnelli greci. Era detto in modo solo implicito, ma quando il saggio con questa analisi uscì in Russia, nel gennaio del 2023, prima andò esaurito in pochi giorni, poi fece schedare come “agente straniero” l’autore, costretto all’esilio. Alexander Germanovich Baunov, filologo, diplomatico, corrispondente di importanti testate internazionali, ricercatore presso vari think tank, ora vive a a Firenze e ha pubblicato una nuova edizione in italiano del suo libro, che con il titolo “La fine del regime. La caduta di tre dittature europee e il destino della Russia di Putin” (Silvio Berlusconi Editore, 636 pp., 25 euro) ha reso il discorso esplicito. Ospite a Pordenonelegge, Baunov ha spiegato che “prima della guerra il regime russo poteva essere descritto come già al 100 per cento autoritario, ma basato più sulla manipolazione che sulla paura. Ma l’elemento di spavento e di paura dei cittadini era cresciuto in questi venti anni, e una svolta importante c’era già stata prima della guerra”.

Molti in occidente continuano a ripetere che la ragione dell’invasione dell’Ucraina è “l’abbaiare della Nato” ai confini russi, ma “chi vive nello spazio della lingua russa e sente cosa viene detto dai propagandisti  sa bene che il motivo vero è un altro”, dice a Foglio Baunov, “è un’idea che nell’occidente di oggi sembrava ormai anacronistica, secondo cui la Russia avrebbe il diritto di reimpadronirsi di territori che le erano storicamente appartenuti. Per Putin questa è un’idea attuale, perché riporta a un’epoca in cui la Russia era potente. La sua filosofia diventa la lotta contro la modernità. La Nato serve semmai a spiegare perché la guerra contro l’Ucraina non è stata vinta in poche settimane: non stiamo combattendo contro l’Ucraina, dicono i russi, ma contro la Nato. Da quando c’è Donald Trump, gli Stati Uniti iniziano a venire considerati a parte, è l’Europa che è nazista”.    


A proposito di Trump: il suo è un caso di involuzione antidemocratica da parte di un leader democraticamente eletto che si inserisce in una linea di cui possiamo collocare Chávez, Ortega, Orbán, Erdoğgan, Modi: anche Putin?  “Sì, ma non è un politico populista venuto dalla strada. La differenza tra Putin e Chávez è la stessa che poteva esserci tra Hitler e Stalin. Hitler era un politico vero, venuto dalla lotta di partito ed emerso attraverso elezioni competitive. Putin è una creazione della nomenklatura. Ha affrontato elezioni competitive giusto nel marzo del 2000, ma era già un presidente, designato da Eltsin. E’ un politico elitista, che ha abbracciato una retorica antielitista dal 2012, come strategia di risposta alle proteste della classe media”.


Baunav descrive la Russia come “una periferia europea, che ha raggiunto l’Europa mainstream in ritardo. Come in Turchia, in Iran o nei paesi arabi, il suo antioccidentalismo è il tipico risentimento di culture che in passato erano più sviluppate e che accusano l’occidente di averle derubate del loro successo. In particolare, al fatto di essere inferiori dal punto di vista tecnologico rispondono rivendicando una superiorità nel campo dei valori. Può sembrare ridicolo, ma gran parte del risentimento antieuropeo è basato sull’omofobia. Una delle spiegazioni più popolari della guerra all’Ucraina è: nelle città che liberiamo non si faranno più i gay pride”.