
Un soldato ucraino prepara un drone per un attacco alle postazioni russe nell’oblast di Donetsk (foto Diego Herrera Carcedo/Anadolu via Getty Images)
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I droni, la nuova arte della guerra. Appunti da Kyiv
Intelligenza artificiale, tecnologie leggere e poco costose: un russo passato dalla parte di Zelensky spiega i successi della resistenza ucraina
La guerra russo-ucraina sta ridefinendo completamente i criteri e le armi delle guerre contemporanee. Il motivo principale per cui un esercito assai più grande e potente di quello ucraino, l’esercito russo, non è riuscito nell’opera di rapido sfondamento che probabilmente Putin si aspettava è che l’Ucraina ha dato vita a una nuova guerra asimmetrica completamente diversa, in cui la quantità di soldati in campo non è il fattore decisivo e la dotazione di vecchi armamenti, carri armati e artiglieria in particolare, conta fino a un certo punto. Il ruolo decisivo lo stanno giocando soprattutto i droni e naturalmente l’intelligenza artificiale. Per questo oggi l’Ucraina è uno campo di battaglia a cui guardano tutti gli eserciti del mondo e l’industria bellica ucraina ha assunto in pochi anni un ruolo guida preminente.
Ne parliamo con uno dei protagonisti della nuova guerra ucraina. Un russo democratico che ha scelto di stare dalla parte dell’Ucraina.
Può presentarsi brevemente ai lettori italiani?
Mi chiamo Ilya Ponomarev. Dal 2007 al 2016 ho fatto parte del Parlamento russo – la Duma di stato – come deputato di opposizione socialdemocratico, rappresentando Novosibirsk, capitale della Siberia. Successivamente mi sono trasferito in Ucraina e, tra il 2022 e il 2024, ho preso parte alla resistenza armata ucraina contro l’aggressione di Putin. Attualmente sono ceo di Incotech Group, dove mi occupo del trasferimento e dello sviluppo internazionale delle tecnologie della difesa ucraine, con l’obiettivo di introdurle nei mercati americano, europeo e di altri paesi. In precedenza ho ricoperto vari incarichi sia in istituzioni governative che in aziende private, acquisendo un’esperienza approfondita tra politica, tecnologia e impresa.
Come si è sviluppata l’industria dei droni in Ucraina?
L’industria ucraina dei droni è cresciuta a un ritmo senza precedenti: 2021: produzione quasi nulla; 2024: 2,2 milioni di droni prodotti; 2025: 3,5 milioni di droni. Previsioni 2026: tra 6 e 7 milioni di droni. L’ecosistema che sostiene questa crescita è straordinario: circa 800 aziende dedicate interamente alla difesa, più altre 2.500 startup che contribuiscono con innovazioni, per un totale di oltre 4.000 diversi prodotti di difesa.
Ci spiega come i droni hanno cambiato la guerra?
I droni hanno ridefinito la natura della guerra rispetto alle armi tradizionali in vari modi. Innanzitutto con una modifica totale dei costi. Un carro armato moderno costa tra 3 e 10 milioni di dollari. Con la stessa cifra si possono finanziare squadre di droni in grado di distruggere 500-700 veicoli corazzati in una sola notte. Una nave da guerra costa tra 500 milioni e 1 miliardo di dollari. Con la stessa cifra si possono produrre 1.500-2.000 veicoli di superficie senza equipaggio. In Ucraina solo il 25 per cento delle unità utilizza droni, ma questi sono responsabili del 75 per cento di tutti i bersagli colpiti. L’85 per cento delle perdite russe è stato causato da droni, non da armi convenzionali. Dobbiamo però essere consapevoli del fatto che oggi nel mondo c’è uno squilibrio enorme. Gli Stati Uniti producono circa 100.000 droni l’anno. Russia e Cina stanno arrivando a 15 milioni l’anno. Questo conferma l’avvertimento di Elon Musk: il vecchio modello di produrre poche armi pesanti e costosissime che si usavano per combattere le guerre del passato è ormai obsoleto.
Quali nuovi armi sono state sviluppate?
L’Ucraina e i suoi partner stanno innovando rapidamente. Droni a fibra ottica: nuovi Uav guidati da un cavo in fibra ottica lungo 25 km, per evitare i disturbi delle frequenze radio. Intercettori a basso costo: i sistemi antidrone ucraini costano oggi circa 7.000 euro, ma scenderanno a 2.000, contro i 3 milioni di dollari dei missili Nato. Reti di sensori: sensori acustici a terra rilevano i droni russi a bassa quota invisibili ai radar. Droni a lungo raggio: l’Ucraina ha siglato accordi con due società di geolocalizzazione satellitare per colpire con precisione obiettivi in territorio russo.
Quale futuro vede per le guerre che ancora si combattono e che saranno combattute?
Fino a pochi anni fa, la pace si basava sulla deterrenza e questa a sua volta sugli arsenali e durante la Guerra fredda soprattutto sulle armi nucleari. Oggi, nell’èra digitale, la pace si baserà sempre di più su servizi e tecnologie leggere, intelligenti, veloci, poco costose e senza presenza umana. La deterrenza e la prevenzione avranno queste fondamenta: è ciò che viene definito il paradigma della “peace-as-service”. Questo schema prevede grandi investimenti in: intelligence, reti satellitari, gestione dei dati, sistemi Isr (Intelligence, Surveillance, Reconnaissance) in tempo di pace, per prevenire i rischi e disporre di sistemi difensivi (droni, dispositivi automatici) in grado di intercettare qualsiasi attacco e dunque scoraggiarlo. In tempo di guerra, questi stessi strumenti vengono impiegati sul campo. Questa evoluzione porta con sé nuove questioni etiche. Le interferenze elettroniche (spoofing) e gli usi impropri dell’intelligenza artificiale possono modificare i software dei droni e cambiare i bersagli, con conseguenze per le popolazioni civili. E’ certo che i meccanismi di difesa e gli armamenti faranno sempre più a meno della presenza di soldati, anche se è probabile un aumento delle vittime civili. Oggi la gestione delle armi a distanza si basa su una rapida evoluzione di sistemi Gps, sistemi elettronici di puntamento, capacità di intercettare i segnali nemici, sviluppo di veicoli autonomi (aerei, navali e terrestri).Tuttavia, queste innovazioni non significano che ogni paese potrà facilmente essere autonomo nelle forniture militari. Nei settori delle comunicazioni (satelliti, radar, data management), il rischio di concentrazione tecnologica nelle mani di pochi paesi o addirittura di poche aziende resta molto alto.
Quali rischi vede per il Vecchio continente?
Esiste il pericolo che l’Europa stia seguendo la strada vecchia del riarmo, invece di capire quella nuova. E che vertici militari cresciuti ed educati alle guerre del Ventesimo secolo facciano fatica a capire le novità e soprattutto a gestirle. Tuttavia, poiché solo ora l’Unione europea sta definendo una propria strategia di armamento autonoma, il problema è meno grave: l’Europa ha accumulato meno scorte di armi tradizionali e può evitare di consolidare vecchi schemi, scegliendo la strada tecnologica che oggi viene purtroppo testata proprio in Ucraina. Eric Schmidt (ex ceo di Google) ha detto alla conferenza della Yalta European Strategy: “Gli europei stanno costruendo carri armati, ma sapete una cosa? Non li usa più nessuno, perché non resisterebbero sul campo di battaglia. Il futuro della guerra sarà drone contro drone, in sistemi automatici di difesa aerea”. Il generale David Petraeus, ex comandante delle forze alleate in Iraq ed ex direttore della Cia, ha aggiunto: “Dovremmo tutti andare a scuola a Kyiv. Non stiamo imparando abbastanza da ciò che sta accadendo qui. Le attrezzature che l’Europa produce sono totalmente superate, fuori tempo massimo, senza contatto con la realtà”. L’Europa deve quindi investire nella produzione di componenti per la difesa (droni), lungo tutta la filiera produttiva (elettronica, software, ottica, robotica), distribuendo le capacità industriali per ridurre i rischi di attacco, e promuovendo soluzioni dual use, utili anche ai settori civili. Ma bisogna farlo rapidamente, altrimenti rischiamo di dipendere dalle innovazioni altrui. Per questo credo sia necessario spostare le competenze in materia di difesa – o almeno la fornitura di materiali e apparecchiature a livello europeo – decidendo insieme quali tecnologie sviluppare.
Avete rapporti con gli altri paesi europei?
Sì, ho contatti con molti paesi dell’Unione Europea con cui cerchiamo di definire collaborazioni industriali. Purtroppo stiamo parlando di una guerra terribile alle porte dell’Europa. Ma la forte accelerazione tecnologica che l’Ucraina ha dato al settore in questi anni, la collaborazione con l’Europa durante il conflitto, e la necessità di definire un nuovo piano di difesa e riarmo europeo – in parte svincolato dalla protezione americana – potrebbero creare le condizioni per una strategia di difesa europea innovativa. Si potrebbe cogliere questa occasione per spendere meglio (e forse meno) le risorse che la Nato prevede (il famoso 5 per cento del pil), favorendo ricadute industriali e rilanciando così l’industria europea.