Ansa

In Francia

Lo sciopero francese è contro “la notte senza fine del macronismo”

Mauro Zanon

Il piano di bilancio per il 2026 sembra soltanto un pretesto per scendere in piazza e protestare di fatto contro Macron. "E’ il presidente ad aver provocato questo caos. E tutto quello che sta succedendo in questo momento è il risultato delle sue azioni, non delle mie”, ha detto Mélenchon

All’altezza di boulevard du Temple, i giovani di Révolution permanente, formazione politica di estrema sinistra, aspettano seduti sul marciapiede l’inizio del corteo parigino. Sopra di loro campeggia uno striscione: “Sciopero generale. Contro Macron e il suo mondo”. A pochi passi di distanza, un militante suona con la sua chitarra l“’Internazionale”, presto coperta dalle grida dei manifestanti che arrivano dalla Gare du Nord e si dirigono verso Bastille. “Macron dimettiti!”, è lo slogan predominante. Più che una rivolta contro le misure di austerity che attendono la Francia per risanare i conti pubblici, la mobilitazione intersindacale di ieri, declinatasi in scioperi, blocchi dei trasporti e delle scuole e manifestazioni, ha assunto i contorni dell’ennesima protesta contro il presidente della Repubblica, Emmanuel Macron. Come durante la contestazione del 10 settembre del movimento Bloquons tout, il piano di bilancio per il 2026 è sembrato soltanto un pretesto per scendere in piazza e intonare la solita cantilena contro “il presidente dei ricchi” e “l’amico di Bernard Arnault”, il repertorio ideologico della France insoumise (Lfi), la formazione della gauche radicale di Jean-Luc Mélenchon. 

 

“E’ il presidente ad aver provocato questo caos. E tutto quello che sta succedendo in questo momento è il risultato delle sue azioni, non delle mie”, ha dichiarato ieri il leader giacobino, rispondendo al ministro dell’Interno Bruno Retailleau, che ha accusato Lfi di aizzare il caos. “Il primo ministro deve andarsene e il presidente pure”, ha affermato il guru della France insoumise, l’unico partito che ha declinato l’invito al dialogo del nuovo capo di governo, Sébastien Lecornu, che ha avviato la scorsa settimana un giro di consultazioni alla ricerca di una maggioranza allargata e un accordo sulla prossima finanziaria. La principale alleata di Mélenchon nella piazza che ieri ha federato più di mezzo milione di persone in tutto il paese e costretto il ministro dell’Interno a mobilitare 80 mila poliziotti e gendarmi per contenere le  derive violente, è stata Sophie Binet, la segretaria generale della Cgt, il sindacato della sinistra oltranzista.

 

 

“Oggi i lavoratori si ribellano per dire che non ne possono più di questa notte senza fine del macronismo. Non è più accettabile che ci svuotino le tasche per ripagare le scappatelle delle multinazionali e degli ultra-ricchi”, ha dichiarato Binet a margine del corteo parigino, lanciando un “messaggio” a Lecornu affinché “seppellisca definitivamente” la proposta di manovra finanziaria del suo predecessore, François Bayrou. Anche la Cfdt, il sindacato della sinistra riformista, ha alzato le barricate contro i tentativi di compromesso del nuovo premier in vista del piano di bilancio per il 2026: reclamando l’abolizione della riforma delle pensioni che ha alzato l’età pensionabile a 64 anni e una tassa sui grandi patrimoni ispirata alla “taxe Zucman”, due linee rosse per i macroniani e i loro alleati gollisti. “Oggi abbiamo lanciato un avvertimento molto chiaro al governo”, ha detto la segretaria della Cfdt Marylise Léon prima dell’inizio della manifestazione parigina. “Vogliamo una finanziaria caratterizzata dalla giustizia fiscale, sociale e ecologica”, ha aggiunto la leader sindacale. 

 

Era dai tempi delle proteste per la riforma delle pensioni, nell’autunno del 2023, che i sindacati francesi non scendevano in piazza compatti. Ma la mobilitazione di ieri ha preso di mira anche bersagli che non avevano alcun legame con il piano di bilancio che Lecornu dovrà presentare imperativamente entro il 15 ottobre. A Marsiglia, decine di persone, con kefiah e bandiere palestinesi, hanno protestato davanti alla fabbrica di armi Eurolinks, che fornisce attrezzature militari a Israele. Ai microfoni di Tf1, un giovane manifestante della città del sud-est francese ha descritto con queste parole la mobilitazione: “Non c’è una ragione particolare. E’ lo sciopero dell’esasperazione”. E dell’antimacronismo militante.

Di più su questi argomenti: