
Ursula von der Leyen (foto Ap, via LaPresse)
Sanzioni a Mosca
L'Ue non vuole cedere all'ultimatum di Trump sul greggio russo né sui dazi alla Cina
Il diciannovesimo pacchetto di sanzioni che la Commissione di Ursula von der Leyen dovrebbe presentare agli stati membri nelle prossime ore assomiglia a quello precedente. L’Unione europea frena anche sui visti
Bruxelles. L’Unione europea non intende cedere all’ultimatum di Donald Trump sullo stop agli acquisti di petrolio dalla Russia e sull’imposizione di dazi alla Cina come strumenti di pressione per mettere fine alla guerra in Ucraina. Almeno non nel diciannovesimo pacchetto di sanzioni che la Commissione di Ursula von der Leyen dovrebbe presentare agli stati membri nelle prossime ore. Troppo alto il rischio di provocare danni alle economie europee, nonostante i continui attacchi della Russia all’Ucraina e le minacce ai paesi europei della Nato. Anche se l’Ue ha avviato il processo per abbandonare gli idrocarburi russi, gas e petrolio continueranno ad affluire. Tra gli stati membri non c’è appetito per una nuova guerra commerciale con la Cina.
Il diciannovesimo pacchetto di sanzioni sarà ampio, ma mirato sull’elusione e sulle singole entità sospettate di aiutare la macchina da guerra di Vladimir Putin: banche, sistemi di pagamento, criptovalute, intermediari petroliferi, in Russia e in paesi terzi. A Trump potrebbe non bastare.
Donald Trump ha fatto conoscere le sue richieste agli europei sabato attraverso un post sul suo social Truth. Lo stesso giorno i ministri delle Finanze del G7 hanno discusso in videoconferenza i prossimi passi per aumentare la pressione sulla Russia e aiutare finanziariamente l’Ucraina. Oltre alla possibilità di utilizzare in modo più proficuo i proventi straordinari gli attivi sovrani russi congelati, sono state evocate nuove misure economiche, tra cui sanzioni e dazi. Trump è stato più esplicito. Il presidente americano si è detto pronto ad adottare “sanzioni importanti contro la Russia quando tutti i paesi Nato avranno concordato e iniziato a fare lo stesso e quando tutti i paesi Nato smetteranno di comprare petrolio dalla Russia”. Inoltre, Trump ha chiesto ai paesi Nato di imporre dazi “dal 50 al 100 per cento sulla Cina” da ritirare quando la guerra russa in Ucraina sarà terminata. Alcuni in Europa sospettano l’ennesimo tentativo di Trump di lavarsi le mani e scaricare la responsabilità sugli europei. Chi compra ancora petrolio russo nell’Ue sono due suoi alleati, il premier ungherese, Viktor Orbán, e quello slovacco, Robert Fico. Il riferimento alla Nato mette in mezzo un partner ancor più riluttante, la Turchia di Recep Tayyip Erdogan. In ogni caso, nemmeno l’Ue è pronta a spingersi fino al punto di interrompere subito gli acquisti di idrocarburi russi o di imporre dazi su Cina e India.
Sulla fine delle importazioni di gas e petrolio dalla Russia “abbiamo una road map molto chiara” e “una chiara scadenza”, hanno detto i portavoce della Commissione di Ursula von der Leyen. La data fissata è la fine del 2027 (per gli acquisti di gas naturale liquefatto la fine di quest’anno) e non si cambia. Quanto alla richiesta di imporre dazi dal 50 al 100 per cento alla Cina, la Commissione ieri ha ricordato che le misure adottate nell’ambito della guerra non devono provocare più danni alle economie degli stati membri di quelli che fanno alla Russia. La Commissione non vuole nemmeno usare lo “strumento anti elusione”, che permetterebbe di bloccare le esportazioni dall’Ue su beni a uso duale (civile e militare). “Per buone ragioni”, ha detto la portavoce di von der Leyen. Il timore è che inneschi ritorsioni commerciali da parte di Pechino. La Commissione non ha mai fatto una proposta in questo senso, anche perché “le decisioni necessitano dell’unanimità degli stati membri”. L’Ungheria, primo paese per gli investimenti cinesi in Europa e alleato della Cina, metterebbe il veto. Ma anche la Germania, che è tra i più forti sostenitori di Kyiv, non è pronta a correre rischi con Pechino. “Più lontano andiamo nei pacchetti di sanzioni, più difficile diventa adottarli”, ammette un funzionario europeo.
La Commissione ha informato gli stati membri che la proposta per il nuovo pacchetto di sanzioni contro la Russia dovrebbe essere presentata all’inizio di questa settimana. La presidenza danese dell’Ue ha previsto una prima discussione alla riunione degli ambasciatori domani. Il diciannovesimo pacchetto potrebbe assomigliare ai precedenti: misure contro i sistemi di pagamento e le criptovalute utilizzate in Russia; nuove petroliere della flotta ombra nella lista nera dell’Ue; fine delle esenzioni per alcune compagnie petrolifere come Rosneft e Lukoil; divieti di esportazione su prodotti usati dell’industria militare; sanzioni mirate contro società di paesi terzi (Cina compresa) che li forniscono; divieto di fornire servizi che hanno implicazioni militari come l’intelligenza artificiale. Causa unanimità, ci potrebbero volere diverse settimane di negoziati per finalizzare l’accordo. L’adozione potrebbe avvenire a ridosso del Consiglio europeo del 23 e 24 ottobre. Ieri la Commissione ha anche frenato sull’ipotesi, sollevata dalla Germania, di una stretta ai visti Schengen per i russi. Ci sarà una revisione entro la fine dell’anno, ma toccherà tutti i paesi terzi e sarà incentrata sulle politiche migratorie. La Commissione ha ammesso che gli ingressi dei russi sono aumentati da 517 mila nel 2023 a 541 mila nel 2024. Ma ha ricordato che la responsabilità sui visti è degli stati membri. Italia, Francia e Spagna sono i paesi che ne concedono di più ai russi, principalmente per turismo.
