Foto Ansa 

a Parigi

Il giorno della tempesta perfetta in Francia: "Blocchiamo tutto" in piazza

Stefano Pistolini

La mobilitazione nazionale prende forza e "Nicolas che paga” diventa virale: un simbolo che unisce scontento sociale, fiscale e politico. Ecco l’origine, l’organizzazione e l’ispirazione della protesta che oggi vuole fermare il paese

Oggi in Francia è il giorno della tempesta perfetta, effetto della sincronia tra la fragorosa caduta del governo del primo ministro François Bayrou e la rappresentazione di una protesta annunciata da mesi. La parola d’ordine che circola è “blocchiamo tutto” anche se a lungo è stata poco chiara la provenienza di questo appello, dal momento che lo scontento ormai è diffuso trasversalmente lungo tutto l’arco politico transalpino. Una cosa è chiara: il bersaglio grosso è comune e si chiama Emmanuel Macron. E ovunque nel paese, da destra da sinistra e in particolare dall’opaca nebulosa – ormai interamente digitalizzata – da cui nel 2018 spuntarono i gilet gialli, si organizzano nuovi movimenti con un obiettivo comune: fermare il paese, far deflagrare la questione sociale, contro i piani di austerità e invocando più giustizia diffusa. E nell’affollamento di questa protesta ecco che entra in gioco “Nicolas”. Che non è un personaggio reale, ma un simbolo virtuale, divenuto nel giro di poche settimane una star. 


Chi è Nicolas? Il nome evoca quello più in voga per i neonati nelle famiglie della tranquilla classe media francese a inizio anni Novanta, quando venne al mondo un esercito di Nicolas. Quindi questo personaggio di fantasia ha poco più di trent’anni e appartiene a quella Francia di carnagione pallida e sentimenti irritati, la stessa di cui si percepisce la tensione viaggiando su un qualsiasi mezzo pubblico di Parigi o della provincia. Nicolas è istruito, ha studiato, lavora e paga le tasse, una montagna di tasse, che servono a finanziare le pensioni di “Bernard” e “Chantal”, anche loro anziani-simbolo della Francia che invecchia e, peggio ancora, contribuiscono a sovvenzionare gli assegni sociali di “Karim”, il giovane bruno “straniero”, che avanza e corrode le sicurezze di una nazione che fatica a riconoscersi. 
Ecco allora che nasce lo slogan a effetto, divenuto sigla di un movimento improvvisato: “C’est Nicolas qui paie”, è Nicolas che paga, in vago odore di ideologia libertaria, ma disseminato di istanze razziste. Il meme “E’ Nicolas che paga” dilaga online, con mezzo milione di tweet a tirarlo in ballo, tutti scritti per difendere i lesi diritti del buon francese bianco;  “Ogni mese, è Nicolas che paga per finanziare gli sprechi di uno stato che spende senza ritegno”, si legge. “E’ Nicolas che paga” è diventato anche un marchio registrato dalla Artefakt, la società di proprietà di Erik Tegnér, direttore editoriale del quotidiano d’estrema destra Frontières.


Ma il quadro non è così semplice: se i partiti di estrema destra hanno rapidamente simpatizzato con il movimento e la relativa visione della Francia, lusingando gli istinti peggiori di un’area popolare sempre più tentata di ripiegarsi su sé stessa, la sinistra non vuole ripetere l’errore commesso nel 2018 coi gilet gialli e le loro rivendicazioni, all’epoca liquidate come provocazioni qualunquiste. Con molta più prudenza adesso si parla di movimenti che si collocano oltre il quadro di analisi partitica prestabilito, monitorati come sintomo di una complessa rivolta dal basso. E intanto su internet, il fenomeno prende piede e Nicolas comincia a fare capolino nei discorsi dei politici. L’espressione funziona: Nicolas è il tamburino di una generazione che sostiene di sentirsi strangolata e che chiede dove finiscano i suoi soldi, dal momento che paga così tante tasse. Un malessere reificato in una figura-simbolo che, secondo l’esperto di comunicazione politica Gaspard Gantzer, ricorda altri famosi personaggi di fantasia, come Madame Michu o l’idraulico polacco, in una nazione nella quale l'impopolarità delle tasse non è una novità, se già nella Francia del XVIII secolo, c’erano rivolte anti-tasse. E “Nicolas che paga sempre”, con il suo meme, apre spazi alla destra anche nell’arena dell’umorismo politico. 


Ma, in particolare nella provincia francese, la galassia post partitica della rabbia diffusa è in fermento come non mai: si è fatto notare ad esempio un altro gruppo misterioso che s’è dato il nome di “Ras-le-bol général”, rottura di palle generale, che ha invaso TikTok con gli appelli a bloccare il paese nella fatidica giornata di oggi, data d’inizio della nuova turbolenza nazionale.  Disobbedienza civile, boicottaggi, sciopero. Se ne parla dal 14 luglio sull’account sovranista Les Essentiels, ma anche i gilet gialli hanno presto rilanciato il messaggio, creando il canale Telegram “Bloquons Tout! - 10 septembre 2025 - Organisation”, i cui post parlano del “sentimento generale di frustrazione”, raccogliendo le simpatie perfino degli ambientalisti. 


Se il governo Bayrou ha provato a proporre l’eliminazione di due giornate festive per dare una mano ai conti pubblici, in rete si risponde con l’invito a boicottare i grandi rivenditori come Carrefour, Auchan e Amazon, a prelevare il denaro dalle banche, a non convalidare i biglietti dei trasporti pubblici. Le assonanze con la mobilitazione dei gilet gialli del 2018 sono lampanti. All’epoca a scatenare la rabbia della provincia e delle campagne, era stata la minaccia di un aumento delle tasse sul carburante. Ora il piano di provvedimenti governativi in relazione alla manovra 2026, al solo annuncio sono stati la miccia per la nuova esplosione di proteste. In questo giorno-boa per la galassia dei tartassati la prima cosa da fare riguarda l’adesione alla proposta di caos organizzato da parte dell’astiosa maggioranza silenziosa. E’ una partita appena all’inizio: la Francia-2025 si organizza sul web e sui social, descrivendo una geografia politica che non somiglia per niente a quella tradizionale. Dal clash tra questi due pianeti sempre più distanti tra loro si produrranno gli effetti di un cambiamento per ora del tutto iscritto alla voce “imprevedibilità”. 

Di più su questi argomenti: