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in Francia
Macron va di fretta (ne ha motivo) e come premier sceglie Lecornu
L'Eliseo ha annunciato la nomina del ministro della Difesa, un fedelissimo del presidente francese. Che ora deve costruire la fiducia a sinistra
Parigi. Emmanuel Macron aveva promesso di agire in fretta, che avrebbe scelto un nuovo capo di governo “nei prossimi giorni”, spazzando via l’ipotesi di uno scioglimento dell’Assemblea nazionale con conseguente ritorno alle urne, lo scenario auspicato dalla madrina del sovranismo francese e leader del Rassemblement national Marine Le Pen. E così è stato. Ieri sera, con un comunicato pubblicato poco prima delle 20, l’Eliseo ha annunciato la nomina di Sébastien Lecornu, attuale ministro delle Forze armate, come nuovo primo ministro francese. “Il presidente della Repubblica ha nominato Sébastien Lecornu primo ministro. Gli ha affidato il compito di consultare le forze politiche rappresentate in Parlamento al fine di adottare un bilancio per la nazione e costruire gli accordi indispensabili per le decisioni dei prossimi mesi. A seguito di tali discussioni, spetterà al nuovo primo ministro proporre un governo al presidente della Repubblica”, si legge nel comunicato. “L’azione del primo ministro sarà guidata dalla difesa della nostra indipendenza e della nostra potenza, dall’essere al servizio ai francesi e dalla stabilità politica e istituzionale per l’unità del paese – prosegue il comunicato – Il presidente della Repubblica è convinto che su queste basi sia possibile un accordo tra le forze politiche nel rispetto delle convinzioni di ciascuno”.
Diversi eventi hanno spinto Macron a nominare rapidamente un primo ministro. Anzitutto la data limite per presentare il progetto di bilancio 2026 all’Assemblea nazionale. Il futuro governo avrà tempo fino al 15 ottobre per farlo, tenendo conto della durata dei dibattiti che devono durare al massimo settanta giorni, secondo quanto stabilito dall’articolo 47 della Costituzione. Presentando un testo a metà ottobre, la scadenza del 31 dicembre per l’approvazione del bilancio sarebbe dunque rispettata. Un altro impegno nel calendario ha convinto Macron ad accelerare i passaggi per arrivare al nome di Lecornu: il 22 settembre, giorno in cui interverrà all’Assemblea generale dell’Onu a New York sul riconoscimento della Palestina. Se a quella data fosse arrivato senza governo, Macron, inevitabilmente, sarebbe apparso agli occhi del mondo come un leader debole.
Ma c’è soprattutto la piazza. Quella di “Bloquons tout”, movimento di protesta nato su Telegram su iniziativa di un imprenditore del nord della Francia che si definisce antisistema e nostalgico dei gilet gialli, Julien Marissiaux, che scenderà oggi nelle piazze per “bloccare tutto” contro le misure d’austerità: attraverso scioperi, marce, boicottaggi e altri gesti di ribellione simbolici. La protesta, inizialmente apartitica, è cavalcata dall’estrema sinistra di Jean-Luc Mélenchon, leader della France insoumise, e con minore entusiasmo dagli altri partiti del Nuovo fronte popolare, Partito socialista, Verdi e Partito comunista, che temono derive violente come all’epoca dei gilet gialli. L’altra data cerchiata in rosso è quella del 18 settembre. Per quel giorno, i principali sindacati hanno indetto uno sciopero generale contro la manovra finanziaria lacrime e sangue che attende la Francia, con manifestazioni che paralizzeranno tutto il paese. L’idea del capo dello stato era quella di inviare un primo ministro a trattare con le organizzazioni sindacali per evitare di trovarsi in prima linea di fronte alla loro rabbia: un capo di governo parafulmine dinanzi a una collera sociale che rischia di esondare. E voilà Lecornu.
Nato nel gollismo all’epoca dell’Ump, con Charles de Gaulle e Philippe Séguin come modelli politici, il ministro della Difesa uscente, 39 anni, ha preso la tessera della République en marche (oggi Renaissance) nel 2017, quando è diventato segretario di stato presso il ministero dell’Ecologia, all’epoca guidato dall’ambientalista mediatico Nicolas Hulot. Da allora, discretamente, ha scalato le gerarchie, fino a diventare un fedelissimo di Macron. “E’ un’emanazione del presidente. Sono allineati su tutto. In più, è l’unico sopravvissuto dei due quinquenni. Non è certo un caso”, dice al Foglio un frequentatore dell’Eliseo che preferisce mantenere l’anonimato. E’ la “force tranquille” del governo francese, dicono alcuni riprendendo il celebre slogan mitterrandiano, “è un Jean-Pierre Raffarin con vent’anni di meno”, dicono altri. Perché come l’ex primo ministro di Chirac, è l’uomo della mediazione, dell’equilibrio, che smussa gli angoli lì dove altri suoi colleghi cercano di inasprire le tensioni: insomma l’identikit perfetto, sulla carta, per guidare un governo di larghe intese capace di trovare la quadra sulla prossima finanziaria e resistere senza nuovi terremoti fino a maggio 2027.
Ieri pomeriggio si è capito che le sue quotazioni erano in forte ascesa dopo una frase che il presidente gollista della regione Hauts-de-France, Xavier Bertrand, ha pronunciato durante una riunione con gli altri capataz del suo partito, i Républicains. “Sébastien Lecornu sta formando il proprio governo. Il presidente ha già fatto la sua scelta e ha detto che non vuole un ‘presidenziabile’ a Matignon”, ha affermato Bertrand, ossia non vuole una personalità ingombrante e che abbia ambizioni per l’Eliseo nel 2027. Secondo una fonte vicina alla presidenza francese sentita da Politico, Macron sarebbe pronto ad aiutare Lecornu nella creazione di un governo allargato a sinistra, accettando di “fare alcune concessioni ai socialisti”. La scelta di un uomo di fiducia come Lecornu a Matignon, e non di una nuova scommessa con un premier socialista o ecologista, ha anche il vantaggio di non stravolgere gli equilibri del governo, soprattutto con il ministro più loquace e irrequieto, il titolare dell’Interno e presidente dei gollisti Bruno Retailleau, con cui l’attuale ministro della Difesa ha un buon rapporto. Stando alle informazioni del Parisien, Lecornu avrebbe passato il fine settimana a fare alcune chiamate a sinistra per testare l’appeal del suo nome. Ma la fiducia con i socialisti e gli ecologisti, che invocavano un esponente della loro famiglia politica per Matignon, è tutta da costruire nei prossimi giorni.
“Macron spara l’ultima cartuccia del macronismo, trincerato con la sua piccola cerchia di fedelissimi”, ha attaccato Marine Le Pen, mentre Jean-Luc Mélenchon, il leader della sinistra radicale, ha denunciato una “triste farsa”. Ieri pomeriggio, Lecornu era atteso a Londra per due giorni di incontri con i suoi omologhi del “gruppo E5” (Germania, Polonia, Italia, Francia e Regno Unito) sull’Ucraina, ma la trasferta è stata annullata: era ormai lui il prescelto. Dopo essere stato segretario di stato presso il ministero dell’Ecologia (2017-2018), ministro per le Collettività territoriali (2018-2020), ministro dei Territori d’oltremare (2020-2022) e ministro della Difesa fino a ieri, Lecornu continua la sua ascesa.