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la condanna

Femminista condannata a due anni di carcere in Marocco per la t-shirt “Allah è lesbica”

Giulio Meotti

Affermare che Allah è in realtà una donna e che ama le donne è un po' troppo in un paese, il Marocco, in cui in caso di divorzio la tutela torna sempre al padre e dove una figlia eredita sempre la metà del fratello

La “giustizia” marocchina non è meno solerte di quella algerina, che ha condannato a cinque anni Boualem Sansal. Una maglietta con la scritta “Allah è lesbica” ha portato agli arresti e alla condanna a trenta mesi di carcere la femminista marocchina Ibtissam Lachgar. Mercoledì, un tribunale marocchino ha condannato la femminista per “offesa all’islam”. Lachgar, psicologa clinica cinquantenne, era stata arrestata il mese scorso dopo aver pubblicato online una sua foto con la maglietta. Lachgar posa orgogliosa, le mani sui fianchi e una frase  stampata sul petto, la parola “Allah” scritta in arabo utilizzando la calligrafia coranica: “Allah è lesbica”.  La foto è stata scattata al festival “Women Create!” di Londra, un evento che sostiene “artiste e femministe censurate e vulnerabili”. Un oltraggio in un paese, il Marocco, in cui in caso di divorzio la tutela torna sempre al padre, dove una figlia eredita sempre la metà del fratello e dove la poligamia, seppur regolamentata, resta praticata. Affermare che Allah è in realtà una donna e che – come se non bastasse – ama le donne, era un po’ troppo. Soprattutto perché non era tutto: per chiarire il significato di questo suo dito medio, Lachgar si è presa cura di aggiungere un breve testo alla foto: “Ci stancate con le vostre assurdità religiose, le vostre accuse. Sì, l’islam è fascista, fallocratico e misogino”. 


Non c’è da contare su Lachgar per tavole rotonde con stuzzichini o incontri ecumenici. Lachgar da anni è una delle voci più radicali e coraggiose del femminismo e dei diritti civili in Marocco. Psichiatra e psicoterapeuta, Lachgar è cofondatrice del Movimento alternativo per le libertà individuali, nato per rompere i tabù della società araba e denunciare l’ingerenza della religione  islamica nella vita delle persone. Nel 2013 organizzò un “kiss-in” pubblico per protestare contro l’arresto di due adolescenti accusati di essersi baciati in strada: un gesto che fece il giro del mondo e le attirò una valanga di minacce e processi mediatici. Lachgar ha studiato psicologia a Parigi e si muove con sicurezza negli ambienti internazionali. Ma con le sue azioni, questa femminista ha oltrepassato una linea rossa: doveva sapere di non poter sperare nella solidarietà occidentale dei nostri  politically correct. Ibtissam è riuscita ad alienarsi tutti i potenziali sostenitori occidentali e ha perso le nostre femministe a causa delle sue posizioni critiche nei confronti del gender alla Rowling e per la   manifesta “islamofobia”.  Se Lachgar avesse scritto “Dio è lesbica” e fosse stata arrestata a Budapest o Mosca, oggi sarebbe sulla prima pagina di tutti i giornali. Ma Lachgar non è una  Murgia qualsiasi. Nessuna ciocca di capelli, happening in Laguna o comunicato  di Non una di meno. E’ una di troppo.

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  • Giulio Meotti
  • Giulio Meotti è giornalista de «Il Foglio» dal 2003. È autore di numerosi libri, fra cui Non smetteremo di danzare. Le storie mai raccontate dei martiri di Israele (Premio Capalbio); Hanno ucciso Charlie Hebdo; La fine dell’Europa (Premio Capri); Israele. L’ultimo Stato europeo; Il suicidio della cultura occidentale; La tomba di Dio; Notre Dame brucia; L’Ultimo Papa d’Occidente? e L’Europa senza ebrei.