
Foto Ap, via LaPresse
Il fronte tiene
Putin contava sull'estate per la sua vittoria: s'è sbagliato ancora
L’offensiva estiva è fallita, ma il presidente russo vuole sfruttare ancora sul campo la compiacenza di Donald Trump
L’offensiva estiva della Russia contro l’Ucraina era stata definita “grande”, a giugno, per sottolineare l’ambizione di Vladimir Putin che mai, nei tre anni e mezzo di guerra, si era trovato con un presidente americano tanto compiacente da organizzare, addirittura, un incontro vis à vis con lui, posticipando nel frattempo le sanzioni alla Russia (l’Amministrazione Trump non ha né introdotto nuove sanzioni, pur avendole minacciate più volte, né aggiornato quelle esistenti, rendendole meno efficaci) e facendo resistenza sulla fornitura delle armi all’Ucraina: approfittiamone, aveva detto il Cremlino, è la nostra occasione. L’obiettivo era quello di conquistare tutto il Donbas, in modo da forzare gli ucraini – e i loro alleati – a un negoziato alle condizioni della Russia (cioè la resa).
Ora che l’estate è quasi finita, gli esperti dicono: la grande offensiva estiva della Russia è fallita.
A Pokrovsk, nella regione di Donetsk, dove sono presenti circa 100 mila truppe russe, si combatte da un anno. Eppure le forze russe nonostante gli annunci, nonostante il disfattismo abbia travolto anche parte della copertura giornalistica del fronte che sembra così sempre sul punto di franare, non sono riuscite a conquistarla. Nemmeno le cosiddette “zone di sicurezza” che il Cremlino voleva creare nell’area di Chernihiv, a nord di Kyiv, di Sumy e di Kharkiv nel nord-est dell’Ucraina, sono state realizzate. Il comando delle forze ucraine ha dichiarato che i russi non hanno conquistato nessuna città, ma che hanno subìto enormi perdite: circa 210 mila soldati morti dall’inizio del 2025, oltre alla perdita di 2.100 blindati, 1.200 carri armati, 7.300 sistemi di artiglieria, 157 lanciatori multipli di missili (la Russia ha anche sostenuto, nella prima metà del 2025, spese militari pari a 300 miliardi di dollari, più di tutto quel che ha speso nel 2022 e poco meno di quel che ha speso nel 2023).
L’Institute for the Study of War (Isw) ha smentito i dati forniti dal comandante delle forze russe, il generale Valery Gerasimov: “L’Isw ha osservato che le forze russe hanno conquistato circa 2.340 chilometri quadrati di territorio e 130 insediamenti urbani dal marzo del 2025”, mentre Gerasimov ha dichiarato la conquista di 3.500 chilometri quadrati e di 149 insediamenti urbani (anche per molti blogger non ostili alla Russia i numeri di Gerasimov sono esagerati). Si tratta comunque di conquiste minime in assoluto e ancor di più relativamente agli obiettivi che si era posto Putin, che in quest’estate dell’occasione d’oro voleva conquistare tutto il Donbas a partire proprio da Pokrovsk, che tatticamente è decisiva per accerchiare gli ucraini nel nord del Donbas; in questo modo si sarebbe predisposta un’offensiva autunnale più urbana che nei campi, cioè meno difficoltosa. Ma non è andata così: secondo l’esperto Oleksandr Kovalenko, “per le battaglie urbane, è necessario costituire almeno tre direzioni d’attacco in modo da accerchiare la città o almeno creare la minaccia di un accerchiamento, ma al momento nessuna delle città chiave dell’offensiva russa, non Pokrovsk, ma nemmeno Kostiantinyvka, Siversk, Lyman e Kupyansk sono in questa situazione”.
L’ambizione di Putin stava anche nel convincere il compiacente Trump che la vittoria sul campo, per la Russia, era inevitabile, in modo da poter dettare le proprie condizioni: per questo i media vicini al Cremlino da settimane continuano a mostrare una forza sul campo, con conquiste territoriali, che in realtà non c’è, ignorando le perdite subite e gli attacchi ucraini in territorio russo a infrastrutture energetiche e militari. Questa disinformazione è andata di pari passo con l’idea che esista davvero un processo diplomatico efficace in corso: non c’è nemmeno questo, se si guarda l’andamento della guerra contro l’Ucraina dall’arrivo di Trump alla Casa Bianca a oggi si vede che il Cremlino ha fatto conquiste irrisorie sul campo ma ha intensificato notevolmente gli attacchi aerei sulle grandi città e sui civili. Questo non vuol dire che la minaccia sul terreno non esista più, anzi: a fronte del fallimento estivo, è in corso un raggruppamento di forze russe, compresi alcuni battaglioni d’élite, nell’area del Donbas, con l’arrivo di truppe che erano dislocate verso altre direzioni. L’offensiva d’autunno sarà concentrata ancora nel Donetsk e attorno a Pokrovsk, esattamente come lo era l’offensiva dello stesso periodo nel 2024. Putin non ammetterà mai di aver sprecato la grande occasione, ma conta di poter sfruttare ancora la compiacenza di Trump, che serve anche a spezzare il morale degli ucraini e dei suoi alleati.