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il futuro della francia

Macron inizia una complicatissima danza al centro con la sinistra

Mauro Zanon

Il presidente della Repubblica francese, già rassegnato all’uscita di scena del suo primo ministro Bayrou, vorrebbe trovare un accordo con i socialisti su un profilo che possa scongiurare lo scioglimento dell'Assemblea nazionale

Parigi. Stéphane Travert, deputato macronista, riassume la missione del presidente della Repubblica francese, Emmanuel Macron, già rassegnato all’uscita di scena del suo primo ministro, François Bayrou, con una metafora che più francese non si può: “Bisogna parlare alle due estremità dell’omelette”. E per estremità non si intende il Rassemblement national (Rn) di Marine Le Pen e Jordan Bardella, e la France insoumise (Lfi) di Jean-Luc Mélenchon, ma “destra liberale e sinistra fino alla frontiera ecologista”: un grande centro che sia l’“incarnazione di ciò che è la socialdemocrazia”, ha sottolineato Travert a Libération. Ma quale profilo per incarnarla, scongiurare un nuovo scioglimento dell’Assemblea nazionale che favorirebbe la destra lepenista e i suoi alleati, e arrivare a maggio 2027 senza ulteriori scossoni politico-istituzionali? E’ il dilemma che Macron dovrà scogliere in questi giorni, perché l’8 settembre è vicino e salvo improbabili coup de théâtre il suo alleato dal 2017, il centrista Bayrou, non sarà più a Matignon: sfiduciato dalla maggioranza dei deputati, a partire da quelli lepenisti, che in questi mesi hanno rappresentato la principale stampella del leader del MoDem (ieri, Marine Le Pen e Jordan Bardella hanno incontrato Bayrou a Matignon per un ultimo tentativo di rappacificazione, ma il “miracolo non si è prodotto”, ha detto il giovane presidente di Rn ai giornalisti al termine del colloquio con il primo ministro). 

 

Per ora l’inquilino dell’Eliseo si starebbe concentrando su tre candidati che erano stati scartati durante i precedenti rimpasti di governo: l’attuale ministro della Giustizia, Gérald Darmanin, il suo collega alla Difesa, Sébastien Lecornu, e la titolare del dicastero del Lavoro, Catherine Vautrin – tre profili nati nel gollismo e convertitesi al macronismo per necessità. Il Partito socialista (Ps), forte dei suoi 66 deputati all’Assemblea nazionale, spinge invece per un esponente del suo campo come successore di Bayrou. “Siamo pronti”, ha dichiarato nel fine settimana il primo segretario Ps, Olivier Faure. Spetta ora al presidente pescare il profilo per Matignon “fra uno di noi, la sinistra e gli ecologisti”, ha aggiunto Faure.

 

Ieri, Macron ha invitato per un pranzo all’Eliseo il primo ministro Bayrou e i leader delle principali forze alleate: gli ex capi di governo Gabriel Attal (Renaissance) ed Édouard Philippe (Horizons), e il ministro dell’Interno, Bruno Retailleau (Républicains). Secondo quanto riferito da un partecipante a BfmTv, il capo dello stato avrebbe chiesto di lavorare con tutte le forze politiche, tranne Rn e Lfi, al fine di ampliare la maggioranza relativa all’Assemblea, composta dal “blocco centrale”, Renaissance, MoDem e Horizons, e dai Républicains. “Da tempo Macron vorrebbe che la destra repubblicana e la sinistra socialista trovassero un accordo per avere una maggioranza capace di governare senza troppe turbolenze fino alla fine del suo secondo quinquennio, nel 2027. Il problema è che se si esamina la proposta di bilancio per il 2026 del Partito socialista ci si rende conto che è agli antipodi del macronismo economico”, dice al Foglio Louis Hausalter, giornalista politico del Figaro che segue la macronia. Il riferimento è alla contromanovra finanziaria messa sul tavolo dal Ps (21,7 miliardi di tagli, meno della metà dei 43,8 chiesti da Bayrou), e in particolare alla misura faro del piano: la “taxe Zucman”, un’imposta annuale del 2 per cento sui patrimoni superiori ai 100 milioni di euro proposta dall’economista pikettyano Gabriel Zucman.

 

“Se i socialisti durante le negoziazioni faranno della tassa Zucman una conditio sine qua non o un totem, è evidente che ci saranno molti problemi. La strategia di Macron, una costante dal 2017, è quella di attirare sempre più investitori in Francia. La tassa Zucman li allontanerebbe”, dice Hausalter, prima di aggiungere: “Dal punto di vista politico Macron vorrebbe trovare un accordo con i socialisti, ma dal punto di vista economico è ostile al programma presentato dagli stessi socialisti. Non sarà semplice trovare la quadra.  Se non c’è una convergenza di vedute sulla sostanza del programma per risanare le finanze francesi, la persona che prenderà il posto di Bayrou, a prescindere dal suo profilo, non avrà la forza per garantire al paese una stabilità di governo”. “La danza del centro”, come l’ha ribattezzata Libération, è appena iniziata.

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