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Editoriali

La svolta a destra in Bolivia

Redazione

Rodrigo Paz Pereira archivia vent’anni di storia politica conquistando il primo posto con il 32,14 per cento. Al ballottaggio del 19 ottobre prossimo sfiderà l'ex presidente Jorge “Tuto” Quiroga. La partita è tutta dentro al campo di centrodestra, ma restano diverse incognite

La Bolivia si è risvegliata da un lungo incantesimo politico, titolavano ieri i giornali di mezzo mondo. Il fatto è che dopo oltre vent’anni di egemonia del Movimento al Socialismo, il voto di ieri ha aperto una stagione nuova, imprevista e per certi versi storica. L’ex outsider Rodrigo Paz Pereira, figlio e nipote di una dinastia che ha attraversato la storia del paese, ha ribaltato i pronostici conquistando il primo posto con il 32,14 per cento. La sinistra populista che fu di Evo Morales è oggi marginale, travolta da crisi economica, inflazione e lacerazioni interne culminate nello scontro frontale tra Morales e l’ex delfino Luis Arce. Paz Pereira parla di “capitalismo per tutti” e si propone come il volto di un centrismo pragmatico, riformista e democristiano, che richiama anche simbolicamente quella rivoluzione nazionalista del 1952 che ha reinventato la Bolivia modernizzandola senza strappi rivoluzionari, piuttosto comuni altrove nella regione. E non a caso il suo successo è stato alimentato dagli elettori delusi della sinistra che lo hanno percepito come l’unica alternativa moderata.

Al ballottaggio del 19 ottobre prossimo Paz sfiderà Jorge “Tuto” Quiroga, ex presidente e uomo della destra liberale, che promette tagli drastici alla spesa pubblica. La partita, quindi, è tutta dentro al campo di centrodestra, che archivia la lunga stagione socialista e sancisce un’ondata conservatrice senza precedenti. Persino Samuel Doria Medina, il grande favorito della vigilia, è stato ridimensionato e si è già schierato a favore di Paz Pereira, consolidando la prospettiva di una vittoria al secondo turno. Eppure la svolta non è priva di fragilità. Morales, ora latitante e rifugiato nel Chapare, resta circondato da milizie di fedelissimi che il governo non osa affrontare. Le tensioni sociali, l’incertezza economica e il rischio di polarizzazione restano minacce concrete. La Bolivia festeggia un passaggio epocale, ma l’entusiasmo per la fine di una “notte di due decadi” convive con l’incognita di un futuro ancora instabile a La Paz come in molte altre capitali sudamericane.

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