Dopo quattro anni di talebani, in Afghanistan la sharia governa tutto. Anche le ong

Priscilla Ruggiero

Oggi il gruppo festeggerà l’anniversario del collasso di Kabul  con una pioggia di fiori lanciati  dagli elicotteri sulla città, tappezzata  di bandiere islamiche  bianche e nere, simbolo del regime. La crisi umanitaria, il clima di censura, il ruolo delle donne ai margini della società afghana e l'uso improprio dei fondi destinati agli aiuti 

Il 15 agosto di quattro anni fa i talebani riprendevano il controllo dell’Afghanistan, trascinando il paese in una crisi umanitaria profonda, in un clima di censura che reprime ogni forma di dissenso  e  relega il ruolo delle donne ai margini della società afghana.  La crisi alimentare in cui versa oltre metà della popolazione   (circa 23 milioni di persone)  è aggravata negli ultimi mesi dal ritorno di  quasi due milioni  di rifugiati espulsi da Iran e Pakistan, e soprattutto dai tagli dell’Amministrazione Trump ai  programmi di aiuto di UsAid, l’agenzia americana per gli aiuti umanitari: fino al gennaio del 2025 rappresentavano più del 40 per cento degli aiuti  in Afghanistan.  Ma dai rapporti e testimonianze (sempre più scarse) che arrivano da Kabul emerge come   anche sull’assistenza  umanitaria       il controllo dei talebani sia ormai assoluto, senza alcuna trasparenza, nel silenzio. 

 

Lo conferma   l’ultimo rapporto americano per la ricostruzione dell’Afghanistan (Sigar), “A broken aid system”, un sistema di aiuti inefficace, pubblicato mercoledì, che  evidenzia  la “cultura di negazione” all’interno della comunità internazionale   in merito “all’uso improprio dei fondi destinati agli aiuti da parte dei talebani a Kabul”.  Secondo l’ispettore generale speciale americano  i talebani  starebbero   “colludendo” con alti funzionari delle Nazioni Unite per reindirizzare (i pochi) aiuti internazionali rimasti verso i propri fini: “Sapevamo che i dollari degli aiuti statunitensi andavano specificamente, direttamente e indirettamente, a beneficio dei talebani”, ha detto in un’intervista un alto funzionario del dipartimento di stato esperto di Afghanistan, “ma ciò   che mi ha sorpreso è quanto molte organizzazioni non governative, in particolare le Nazioni Unite, fossero coinvolte in questa diversione e corruzione”. 

 

Dal 15 agosto   2021 gli Stati Uniti hanno fornito quasi 4 miliardi di dollari in aiuti alla popolazione afghana, ma secondo il report, soltanto il 30-40 per cento dei fondi totali   inviati in Afghanistan finiscono per raggiungere il pubblico a cui sono destinati. In questi anni la popolazione ha  ricevuto “cibo avariato o andato a male” e, secondo diverse fonti, i talebani hanno persino interferito nelle assunzioni delle ong per scegliere i loro candidati preferiti. Un operatore di una di queste organizzazioni ha dichiarato all’ufficio americano che “almeno il 20 per cento dei dipendenti delle ong internazionali era affiliato ai talebani”, le leggi del gruppo rendono sempre più  difficile alle organizzazioni non governative di operare efficacemente e talvolta “consentono di deviare” gli aiuti, a libro paga del governo talebano. 

 

Il risultato è che a Kabul tutto è governato dalla sharia, la legge islamica, con fustigazioni ed esecuzioni pubbliche.  Dieci  milioni di persone soffrono di grave carenza alimentare mentre a  un terzo della popolazione manca l’acqua potabile,   un numero destinato ad aumentare  a causa dell’aridità.      A pagarne di più sono i bambini, le minoranze religiose e le donne, a cui non è più consentito  muoversi liberamente in pubblico senza   un  mahram,   un accompagnatore maschio: in quattro anni i talebani hanno emanato quasi cento leggi per limitare le libertà delle afghane,  costrette a un rigido codice di abbigliamento islamico, l’80 per cento  non studia e non lavora più. Oggi il gruppo festeggerà l’anniversario del collasso di Kabul  con una pioggia di fiori lanciati  dagli elicotteri sulla città, tappezzata  di bandiere islamiche  bianche e nere, simbolo del regime.

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