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Editoriali

La battaglia di Trump contro la cultura non è solo una questione di woke

Redazione

Il presidente americano mira a piegare l’identità americana a sè. Adesso vuole anche che i cittadini che andranno a visitare i vari musei del circuito Smithsonian abbiano una visione della storia statunitense più vicina alla sua

  

Donald Trump vuole riscrivere la storia. E non gli basta farlo all’estero, modificando il modo in cui viene percepito il paese, colpendo Voice of America e Radio Free, o distruggendo il soft power costruito nei decenni dall’UsAid. Trump vuole che gli americani abbiano una visione più patriottica della propria identità, piegandola al mondo più trumpiano possibile. Trump adesso vuole pure che i cittadini che andranno a visitare i vari musei del circuito Smithsonian – quasi tutti sul National Mall di Washington – abbiano una visione della storia statunitense più vicina alla sua. E’ già successo con il Kennedy Center, e con il suo progetto di un parco di statue vicino al Monte Rushmore, dove celebrare gli “eroi nazionali”, come Elvis e Steve Jobs. Il controllo che Pennsylvania Avenue vuole imporre sulle mostre dei vari Smithsonian, dal museo di Storia e cultura afroamericana a quello degli Indiani americani, parte dal “ripristino della verità e del buonsenso della storia americana”, che secondo il mondo Maga è stata stravolta dalla woke culture, ad esempio dal sottolineare il passato schiavista dei padri costituenti.

Trump, che ama le parate e gli show di forza, vuole che tutto sia woke-free per i grandi festeggiamenti del 250 anniversario della dichiarazione d’indipendenza dell’anno prossimo. L’attivista Cornell William Brooks ha parlato di “censura legata a una celebrazione”, e di “micromanagement” da parte della Casa Bianca, un controllo eccessivo su ambiti che non riguardano la presidenza, un cleanup ideologico che rischia di mettere in dubbio i principi cardine americani: liberalismo, stato di diritto e democrazia. Trump non ha mai nascosto di ammirare i “tough guys”, quei tipi duri come Putin e Xi Jinping che possono cambiare le leggi schioccando le dita. E il revisionismo storico, come notano da mesi vari esperti, è un tipico passaggio verso un atteggiamento autocratico. A una mostra è già stata tolta la menzione dei due impeachment di Trump, e i network televisivi Maga iniziano a glorificare le violenze del 6 gennaio, trasformando i redneck vichinghi in eroi.

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