
(foto EPA)
Il caso
Come si ferma legalmente la flotta ombra russa. La Finlandia ci prova
La procura finlandese accusa tre ufficiali della petroliera Eagle S per il danneggiamento di cavi sottomarini nel Baltico, sospettata di far parte della “flotta ombra” russa che aggira le sanzioni e alimenta tensioni geopolitiche nella regione. Le possibili conseguenze
Berlino. Dopo oltre sette mesi di indagini, la procura generale della Finlandia ha presentato accuse di distruzione aggravata e interferenza aggravata contro le telecomunicazioni nazionali nei confronti del capitano e del primo e secondo ufficiale della Eagle S, una petroliera battente bandiera delle Isole Cook. Lo scorso 25 dicembre la nave avrebbe trascinando per quasi 90 chilometri la propria ancora sul fondale marino, tranciando cinque cavi sottomarini nel Mar Baltico, tra cui il cavo di energia elettrica Estlink 2 tra Finlandia ed Estonia. La Eagle S trasportava petrolio dal porto russo di Ust-Luga attraverso il Golfo di Finlandia ed è fortemente sospettata di far parte della cosiddetta “flotta ombra” di Mosca: centinaia di navi con proprietà confuse e oscure, il cui scopo è aggirare le sanzioni contro il Cremlino. Navi spesso fatiscenti e senza assicurazione, potenziali protagoniste di incidenti casuali o sospetti sabotaggi che potrebbero costituire una specifica forma di guerra ibrida contro la sicurezza marittima. L’accusa dei procuratori finlandesi è la prima di questo tipo nel contesto della flotta che garantisce di fatto le entrate miliardarie dello sforzo bellico russo. Il caso della Eagle S aveva fin da subito fatto alzare l’allerta, tanto da aver fortemente contribuito al lancio, solo 20 giorni dopo, della missione Nato “Baltic Sentry”, il cui scopo è rafforzare il controllo alleato nel Baltico con navi, aerei e droni. Anche le ultime sanzioni europee di luglio si sono focalizzate significativamente sulla “flotta ombra”.
Mentre al di là del versante orientale dei confini russi, in Alaska, Trump si appresta a incontrare Putin emarginando Kyiv e Unione europea, i gelidi mari settentrionali sembrano essere sempre più uno scenario di attrito tra Europa e Cremlino. Anche la Norvegia ha recentemente annunciato pattugliamenti ancora più intensi contro la “flotta ombra”, soprattutto da quando la Russia cerca di sfruttare maggiormente come parziale alternativa al Baltico la (difficile) rotta che parte da Murmansk e attraversa il Mare di Barents.
La linea dura di Helsinki sul caso Eagle S si era già intuita poche ore dopo l’incidente o sabotaggio dello scorso Natale. Dopo aver intimato alla petroliera di entrare nelle acque territoriali finlandesi, la vecchia nave è stata abbordata in elicottero dalla guardia costiera e dalle squadre speciali Karhu della polizia finlandese. Dopo settimane di indagini, a gran parte dell’equipaggio è stato permesso di ripartire, ma non ai tre sospettati ora sotto accusa (che sarebbero di nazionalità georgiana e indiana). Gli accusati si dichiarano totalmente innocenti e aggiungono che Helsinki non ha diritto di svolgere un processo perché il danneggiamento dei cavi è avvenuto fuori dalle acque territoriali finlandesi. Anche il legale della società proprietaria della Eagles S, la Caravella LLC FZ registrata negli Emirati Arabi Uniti, sostiene questa posizione.
I procuratori finlandesi ribattono però che la rottura dei cavi ha colpito direttamente e materialmente la sicurezza del territorio finlandese, incluso un danno di almeno 60 milioni di euro per le aziende proprietarie delle infrastrutture (Cinia ed Elisa). La questione della giurisdizione sarà il primo punto decisivo per il tribunale distrettuale di Helsinki presso cui è stata depositata l’accusa. L’incertezza legale, l’ambiguità delle circostanze e le difficoltà d’indagine su questo e molteplici altri casi sembrano parte integrante dei rischi ibridi posti dalla “flotta ombra”. I pericoli nel Mar Baltico sembrano quasi impossibili da scongiurare completamente, considerando l’enorme traffico commerciale sulle acque, il fondale molto basso e la complessità geopolitica dell’area. La Russia, da parte sua, nega puntualmente ogni responsabilità. Gli episodi di tensione nel Baltico, intanto, si susseguono: il 13 maggio, per esempio, la Marina estone ha cercato di controllare la nave sanzionata Jaguar, ma ha poi potuto solo scortarla verso le acque territoriali russe, da dove è però sopraggiunto un caccia Su-35 russo che ha brevemente violato lo spazio aereo della Nato.

guerra in Ucraina
Verso il vertice in Alaska: la voce dell'Europa


L'editoriale del direttore