
(foto Ap)
L'editoriale del direttore
Lo show dei follower europei di Trump in mutande di fronte al trumpismo
Dazi e non solo. Trump inizia a perdere seguaci in Europa e le sue pazzie spingono i sovranisti a difendere ciò che hanno sempre detestato (mercato) e a combattere ciò che hanno sempre amato (protezionismo). Popcorn per tutti
La politica, specie di questi tempi, non sempre riesce a offrire agli elettori e agli osservatori spettacoli degni di questo nome, spettacoli cioè degni di essere osservati non come se fossero un film dell’orrore, ma come se fossero uno show da seguire con passione, con interesse, con divertimento persino, con un pacchetto di popcorn da sgranocchiare tra le mani. Nel quadro desolante della politica mondiale, dove il caos diventa norma, dove il disordine diventa legge, dove la follia diventa strategia, c’è uno spettacolo però per cui vale la pena pagare il biglietto. Uno spettacolo, per capirci, da osservare con una buona scorta di popcorn. E lo spettacolo è quello che sta andando in onda sui migliori schermi europei, e in particolare su quelli italiani, dove i vecchi sovranisti, i vecchi nazionalisti, i vecchi populisti, i vecchi trumpiani, di fronte a uno specchio chiamato Trump si sono improvvisamente sentiti come si sarebbe sentito il mitico Dorian Gray se il ritratto ideato da Oscar Wilde avesse funzionato al contrario. Il ritratto di Dorian Gray, lo ricorderete, permetteva al protagonista del romanzo di Wilde di non invecchiare mai: al posto del suo corpo invecchiava il dipinto. Con Trump, invece, per i trumpiani, funziona al contrario: il ritratto di Donald non invecchia, a invecchiare sono tutti i trumpiani che lo guardano, e soprattutto le loro idee. Trump, come in un romanzo di Oscar Wilde, è divenuto un incubo assoluto per tutti i follower di Trump che avevano scommesso sull’ascesa del presidente americano per poter finalmente affermare le proprie idee. Finora, in Europa almeno, è successo esattamente l’opposto, e di fronte alle battaglie di Donald i Maga europei, e soprattutto quelli italiani, Meloni a parte, hanno via via dovuto fare i conti con una realtà difficile da accettare, scomoda potrebbe dire qualcuno: un vero sovranista per difendere la sovranità del proprio paese deve combattere tutto ciò che in passato ha considerato doveroso difendere. Provateci voi, oggi, a mettervi nei panni di un sovranista. Provateci voi oggi a dover ammettere che per difendere l’economia italiana il protezionismo non bisogna alimentarlo: bisogna combatterlo. Provateci voi oggi a dover ammettere che per difendere le imprese italiane l’Europa non bisogna distruggerla: bisogna proteggerla.
Provateci voi oggi a dover ammettere che la globalizzazione non è un male da demonizzare ma è l’unica risorsa che resta a chi condivide gli obiettivi di Trump per non essere colpito dalla furia dei suoi dazi. Provateci voi oggi a dover ammettere che le élite europee nella lotta contro gli effetti perversi del protezionismo non sono un ostacolo da aggirare ma sono un alleato da proteggere per trasformare l’Europa in un asset utile a proteggere gli interessi dei paesi membri. Provateci voi oggi a dover ammettere che l’isolazionismo portato alle sue estreme conseguenze è un fattore che indebolisce i paesi democratici e non restituisce loro la sovranità. Provateci voi a dire che per essere maggiormente sovrani, anche in campo militare, e per non essere eccessivamente dipendenti da altri paesi, e per essere dunque più liberi di esercitare le proprie prerogative democratiche, occorre rinunciare al populismo pacifista e accettare di spendere di più in un comparto, quello della Difesa, demonizzato per anni dai populisti di destra e di sinistra. Provateci voi a essere ex sovranisti nemici del mercato e a dover riconoscere invece che è grazie alla forza del mercato se il populismo a volte compie meno danni di quelli che potrebbe compiere se abbandonato al suo destino. E provateci voi, infine, a essere un sovranista, a essere stato non estraneo alla cultura putiniana, a essere stato un tifoso del trumpismo e a dover riconoscere ora che l’ascesa del putinismo e del trumpismo ai confini dell’Europa può mettere l’Italia nelle condizioni di fare i conti con un aumento degli sbarchi dalla Libia. Provateci voi, oggi, a essere populisti e a dover difendere tutto quello che avete sempre combattuto. E a dover riconoscere che il nazionalismo dell’uno danneggia il nazionalismo degli altri (come è stata costretta a fare persino l’AfD, dicasi l’AfD, qualche giorno fa, quando, capendo che i propri elettori i dazi di Trump li soffrono, è arrivata a condannare l’amato Trump per i dazi contro la Germania). E provate voi, ancora, a dover riconoscere che tutto quello che un tempo avevi descritto come se fosse il virus in realtà altro non era che un vaccino. I dazi di Trump, lo sappiamo, hanno prodotto, solo attraverso l’annuncio, un effetto di destabilizzazione, di sfiducia, di incertezza, di difficoltà nel mondo delle imprese, di imbarazzo nel mondo della politica, e forse si capirà che l’attesa dei dazi, alla lunga, è stata più nociva dei dazi stessi (i mercati, li vedete anche voi, all’ipotesi che i dazi distruggeranno l’Europa, per dire, semplicemente non ci credono). Ma tra gli elementi negativi, tutto o quasi, ve n’è uno positivo, quando si parla di dazi e di trumpismo, che riguarda l’immersione momentanea nella realtà dei populisti amici di Trump, che osservando il proprio idolo in America compiere pazzie vedono le proprie idee consumarsi all’improvviso come un formidabile Dorian Gray al contrario, che improvvisamente si ritrova a invecchiare a una velocità superiore rispetto a quella del proprio ritratto. Trump ha molti demeriti, ma un merito ce l’ha: aver dimostrato ai sovranisti che per difendere la sovranità del proprio paese occorre combattere tutto ciò che i sovranisti hanno sempre difeso e difendere tutto ciò che hanno sempre attaccato. Per una volta, popcorn per tutti, e incrociamo le dita.