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Ungheria e Serbia annunciano un nuovo oleodotto. La dipendenza da Mosca aumenta

Maurizio Stefanini

L'annuncio arriva con toni fortemente polemici verso la stessa Ue per il divieto dell'energia russa, il taglio dei collegamenti e le rotte bloccate. L'oleodotto potrà rifornire la Serbia anche da est, passando per l'Ungheria

L’Ungheria è membro dell’Unione europea, e in anni recenti i finanziamenti europei sono passati a rappresentare fino al 5-6 per cento del suo pil. La Serbia ha fatto domanda di adesione. Ma è con toni fortemente polemici verso la stessa Ue che i governi di Budapest e Belgrado annunciano un nuovo oleodotto dalla Russia. “Stiamo procedendo con partner serbi e russi per costruire un nuovo oleodotto tra Ungheria e Serbia. Mentre Bruxelles vieta l’energia russa, taglia i collegamenti e blocca le rotte, noi abbiamo bisogno di più fonti e più rotte. L’Ungheria non sarà vittima di queste decisioni disastrose”, ha scritto su X il ministro degli Esteri Péter Szijjártó, secondo cui le famiglie ungheresi rischierebbero di dover “pagare da due a quattro volte di più” senza questo progetto, annunciato proprio a pochi giorni dall’approvazione di un diciottesimo pacchetto di sanzioni contro Mosca, che include il price cap al petrolio e il divieto di immettere gas russo nel territorio Ue. “L’adesione di Belgrado sta diventando complicata”, ha indirettamente risposto la Commissaria europea per l’Allargamento, Marta Kos, attraverso un’emittente televisiva della Slovenia, il suo paese d’origine. La priorità della Commissione europea è che la Serbia “rimanga sul percorso europeo”, ma spetta anche al presidente Aleksandar Vucic e al governo guidato dal primo ministro Djuro Macut “dimostrare attraverso le riforme di meritare l’adesione all’Ue”. 


“Stiamo costruendo l’oleodotto che collega l’Ungheria alla Serbia, saremo pronti entro il 2027, costruiremo 180-190 chilometri in Ungheria e, di conseguenza, potremo essere certi che l’approvvigionamento di carburante dell’intera regione sarà sicuro, quindi non dovremo aspettarci, ad esempio, un aumento del prezzo della benzina in futuro”, ha aggiunto Szijjártó. L’oleodotto partirebbe da Novi Sad, capoluogo di quella provincia autonoma serba della Voivodina dove c’è una minoranza ungherese, per arrivare al Druzhba: quell’“oleodotto dell’amicizia” che con i suoi 4.000 chilometri è il più lungo del mondo, e che fu costruito agli inizi degli anni ’60 per portare il petrolio russo e kazako in Europa centrale. Mentre la diramazione settentrionale riforniva Bielorussia, Polonia, Germania, Lettonia e Lituania, quella meridionale si dirigeva verso Ucraina, Slovacchia, Ungheria e Croazia senza però arrivare in Serbia, che all’epoca stava assieme alla Croazia nella Jugoslavia di Tito. Questa “prolunga”, per portare 4-5 milioni di tonnellate all’anno, sarà operativa proprio entro quel 2027 che è la data fissata dall’Ue per l’eliminazione definitiva del gas e del petrolio russi. Ma Ungheria e Slovacchia si oppongono. Mosca rifornisce Budapest dell’80 per cento delle sue importazioni nazionali di petrolio, e anche Bratislava dipende fortemente dal gas russo, per circa 3,5 miliardi di metri cubi all’anno. Inoltre ogni giorno 20 milioni di metri cubi di gas naturale vengono consegnati dalla Russia all’Ungheria attraverso la Serbia.


Il primo ministro ungherese Viktor Orbán aveva incontrato Vucic a maggio, e i due avevano sia concordato la costruzione del nuovo gasdotto; sia discusso sul raddoppio della capacità dell’interconnessione elettrica tra i due paesi entro il 2028. “Questo oleodotto potrà rifornire la Serbia anche da est, passando per l’Ungheria. L’approvvigionamento della Serbia è importante anche per noi, perché se l’approvvigionamento petrolifero serbo dovesse essere in difficoltà, metterebbe a repentaglio l’approvvigionamento di carburante, ovvero benzina e gasolio, dell’intera regione dell’Europa centrale e, in tal caso, porterebbe a fortissimi aumenti dei prezzi della benzina, per esempio”, aveva spiegato Szijjártó. A giugno il vice primo ministro russo Alexander Novak aveva poi confermato la disponibilità di Mosca a fornire greggio per un progetto che “contribuirà a diversificare le rotte di approvvigionamento petrolifero della Serbia”. La Nis, principale compagnia petrolifera serba, è controllata dalla russa Gazprom ed è già oggetto di sanzioni da parte degli Stati Uniti, finora sempre rinviate. 

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