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Saverio ma giusto

Trump vuole il Nobel per la Pace, ma un qualsiasi contentino lo farebbe star quieto

Saverio Raimondo

E' un desiderio frustrato dal 2018. Ma, intanto, non potremmo dargli qualche premio di consolazione? Organizziamoci, in fondo l'Italia d'estate è tutta un festival, una rassegna, un premificio, ne abbiamo per tutti i gusti

Cosa vuole Donald Trump? Non lo sa manco lui: un giorno vuole la Groenlandia, il giorno dopo i dazi al 30 per cento, un altro giorno ancora l’arresto di Obama – sì vabbè, lallero. In generale, vuole rompere le palle e dare fastidio alla gente, ma così è un po’ generico. C’è solo una cosa che ricorre persistentemente sin dal 2018 nella sua wishlist da bambino viziato e insoddisfatto cronico: il Nobel per la Pace. Lo vuole così, come capriccio, ennesima rivalsa, non per altro; gli piacerebbe vederselo assegnare per poi frignare e battere i pugni per avere altro. Però intanto che non ce l’ha insiste, brontola, si lamenta. Ci tiene così tanto che chi lo vuole lusingare – o, come direbbe Trump, “baciargli il culo” – lo propone: l’ultimo è stato il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu (un tipo pacifico, in effetti...), ma prima di lui ci sono stati il Pakistan, un deputato ucraino (che ha poi ritirato la candidatura, chissà come mai), diversi deputati e senatori americani suoi sostenitori, persino Matteo Salvini – la cui candidatura è nota anche come “il Nobel sullo Stretto”.

Del resto, una candidatura ufficiale al Nobel per la Pace non costa mica niente: basta inviare una lettera al comitato norvegese che designa il vincitore, immagino con dei ragionevoli costi di spedizione da sostenere – non so, non ho mai candidato nessuno al Nobel per la Pace, ma immagino non sia proprio posta ordinaria, forse ci vuole una marca da bollo? O basta una pec? Poi ovviamente dalla candidatura alla vittoria ce ne passa: o i cinque componenti del comitato si bevono il cervello tutto d’un sorso a mo di shottino, o tocca rimettere mano al portafoglio e corromperli uno a uno. Siccome mi sembrano entrambe due possibilità alquanto remote, e però Trump va rabbonito come una divinità dell’Olimpo emotivamente e psicologicamente instabile, tipo Giove ma con l’atomica al posto dei fulmini, non potremmo dargli intanto qualche “premio di consolazione”? Tanto la sua è tutta una fisima, è solo vanità, capace che se gli dai un altro premio ben strombazzato e gli dici comunque “bravo, bravo” quello per un po’ se ne sta tranquillo in camera sua.

E allora organizziamoci: diamo un premio a Donald Trump! In estate l’Italia è tutta un festival, una rassegna, un premificio sotto le stelle: facciamo la nostra parte, per il bene nostro, dell’Europa e del mondo. Ecco alcune possibilità: RTL 102.5 Power Hits Estate: lo assegnano il 1 settembre all’Arena di Verona. Ok, Trump non ha fatto uscire un singolo vero e proprio quest’estate, ma è lui stesso un tormentone, come persona proprio, di quelli di cui purtroppo non ti liberi mai, tipo il reggaeton. O il Leone d’Oro alla Carriera: Trump ha recitato sia in “Mamma, ho riperso l’aereo” sia in “Celebrity” di Woody Allen. Vabbè, erano due cameo; ma comunque è cinema. Un premio alla carriera ci starebbe. Lo farebbe sentire migliore del presidente Reagan, che nella sua precedente carriera d’attore ha recitato più di Trump, ma non ha mai vinto un premio alla Mostra del Cinema di Venezia. Chiedo agli amici della Biennale di turarsi il naso e consegnare il premio a quel ciuffone: sono certo che un leone, per giunta d’oro, gli garberà parecchio anche come oggetto. Ci sarebbe anche il Premio Satira Politica Forte dei Marmi: mi sembra il più appropriato. Del resto, è innegabile che Trump sia una grande fonte d’ispirazione per la satira, a livello mondiale. Entrerà negli annali come il primo premio nella storia che non è assegnato a uno o più artisti, ma a una Musa. Facciamolo! 
 

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