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La proposta

Difesa, sicurezza e un “Fondo Draghi” nel budget europeo. Tempi sballati per Kyiv

David Carretta

Meno soldi alla Politica agricola comune e alla Politica di coesione, più flessibilità per i governi nazionali sui fondi dell’Ue con meno controlli sul modello dei Pnrr e una quota molto più consistente per la ricerca, l’innovazione, il greentech, l’industria militare. I principi del bilancio di von der Leyen e il rischio che non arrivi il consenso necessario 

Bruxelles. La presidente della Commissione, Ursula von der Leyen, ieri ha presentato una proposta da quasi 2 trilioni di euro per il Quadro finanziario pluriennale dell’Unione europea per il periodo 2028-34, in quella che potrebbe diventare la più grande riforma del bilancio da mezzo secolo a questa parte per concentrare le risorse su competitività e difesa. Meno soldi alla Politica agricola comune e alla Politica di coesione; più flessibilità per i governi nazionali per decidere dove allocare i fondi dell’Ue con meno controlli sul modello dei Pnrr; una quota molto più consistente del bilancio per la ricerca, l’innovazione, il greentech, l’industria militare: i grandi princìpi del “budget” di von der Leyen cercano di rispondere ad alcune delle raccomandazioni del rapporto di Mario Draghi, ma vanno incontro a una forte resistenza da parte di governi, regioni, deputati europei e lobby.  I leader della “maggioranza Ursula” hanno criticato la proposta e minacciano di non dare il consenso. Le regioni e gli agricoltori protestano. La grande domanda è se i capi di stato e di governo, che devono dare la loro approvazione all’unanimità, accetteranno la mezza rivoluzione di von der Leyen sfidando gli interessi acquisiti.

 

                 

 

“E’ un bilancio da 2.000 miliardi di euro per una nuova èra”, ha detto von der Leyen: “Un bilancio all’altezza dell’ambizione dell’Europa”. I numeri forniti dalla presidente della Commissione sono stati abbelliti. A prezzi costanti, il bilancio 2028-34 ammonta a circa 1.800 miliardi pari al 1,26 per cento del Reddito nazionale lordo (Rnl) dell’Ue. Si tratta solo di un piccolo aumento rispetto al 1,12 per cento del Rnl del bilancio 2021-27, tanto più se si tiene conto della necessità di ripagare il debito di NextGenerationEu. La novità più significativa è lo spostamento di risorse dalle politiche tradizionali verso le nuove priorità. L’agricoltura e la coesione passano da circa il 70 per cento al 45 per cento del bilancio. Per la sola Politica agricola comune il taglio è di almeno il 25 per cento. La Pac e la coesione saranno accorpate in un unico grande fondo da 865 miliardi, che comprende altri programmi come l’immigrazione e che sarà gestito sul modello dei Pnrr. I governi firmeranno piani di partnership nazionale e regionale con riforme e investimenti. Gli esborsi saranno effettuati sulla base della realizzazione di obiettivi e traguardi. Le capitali avranno più libertà e flessibilità nel decidere dove destinare le risorse. 

Le risorse per la competitività e la difesa sono concentrate in un secondo capitolo di bilancio da 410 miliardi. E’ più del doppio di quanto previsto per il periodo 2021-27. Il vicepresidente della Commissione, Stéphane Séjourné, lo ha definito  “Fondo Draghi”. In realtà è ben al di sotto di quanto raccomandato dall’ex presidente della Bce. Ma lo sforzo è significativo per i settori strategici: 67,4 miliardi per decarbonizzazione e green tech, 54,8 miliardi per il digitale, 22 miliardi per la salute e il biotech, 130 miliardi per la difesa e lo spazio, 175 miliardi per il programma di ricerca Horizon. Von der Leyen ha anche annunciato un meccanismo di crisi che permetterà di emettere debito per fornire prestiti fino a 400 miliardi sul modello degli strumenti Sure e Safe utilizzati per la pandemia e il riarmo.

Il “budget” di von der Leyen aumenta, anche se di poco, le risorse per la politica estera. “Global Europe” sarà dotato di 200 miliardi, ma la torta dovrà essere divisa tra i paesi candidati a entrare nell’Ue e il resto del mondo. L’Ucraina viene trattata a parte, con uno stanziamento aggiuntivo di 100 miliardi fuori dal bilancio. Dovrebbe essere versato  alla “Facility per l’Ucraina”, lo strumento creato dalla Commissione per fornire 50 miliardi di prestiti a Kyiv. Il 2028 sarebbe già tardi per l’Ucraina, che  si troverà di fronte a un precipizio finanziario già nella prima metà del 2026, quando si esauriranno i prestiti forniti dall’Ue (i 50 miliardi della Facility) e dal G7 (altri 45 miliardi). “E’ un problema”, spiega al Foglio un diplomatico europeo. Inoltre, servono urgentemente più soldi per comprare le armi dagli Stati Uniti. Il primo ministro ungherese, Viktor Orbán, minaccia già di mettere il veto sui 100 miliardi promessi da von der Leyen tra tre anni, ma anche su altri prestiti per coprire le necessità finanziarie di Kyiv nei prossimi due. L’Ue appare impantanata sull’Ucraina. Da due mesi, i ventisette non riescono ad approvare il diciottesimo pacchetto di sanzioni a causa del veto della Slovacchia. L’ennesimo tentativo ieri è fallito.