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l'analisi

Sul caso Epstein il complottismo Maga si ritorce contro Trump

Giulio Silvano

Nonostante le promesse in campagna elettorale, il presidente americano non ha ancora rivelato nulla dei documenti top secret sul caso Epstein. E ora i suoi più accaniti sostenitori si sentono traditi

Più del laptop di Hunter Biden, più del pizzagate, i documenti top secret sul caso Epstein erano diventati negli anni la benzina perfetta per le teorie del complottismo dell’alt-right. Il caso Epstein prometteva di essere la ciliegina rivelatoria sulla torta QAnon. Jeffrey Epstein, finanziere pedofilo e donatore democratico, condannato per abusi sessuali e traffico di minori, morto suicida in carcere nel 2019, sarebbe stato collegato a tutti i nemici del mondo Maga: Bill Gates, le star di Hollywood, i Clinton, Noam Chomsky, Harvard. Nella campagna elettorale presidenziale Donald Trump prometteva, una volta eletto, la verità sugli Epstein file, i documenti che avrebbero rivelato l’esistenza di questa crudele cabala di pedo-satanisti che votavano Obama e volavano sul Lolita express fino all’isola privata del finanziere. I figli di Trump andavano sui palchi delle convention e dicevano “diteci la verità su Epstein”. L’allora candidato alla vicepresidenza J. D. Vance andava su Fox News dichiarando: “E’ una cosa importante!”. In rete c’erano i meme che dicevano che Hillary e Bill Clinton avevano ucciso Epstein in prigione. I podcast, terreno fertile del complottismo di destra, chiedevano a Joe Biden e all’Fbi di pubblicare tutto per mostrare il marcio del mondo liberal-progressista. “Vedrete”, dicevano, “quando Trump pubblicherà i documenti, uscirà fuori un polverone”. 


Il momento della pubblicazione del segreto è arrivato, e il mondo Maga non vedeva l’ora di celebrare la grande rivelazione che avrebbe portato a un terremoto. La guardasigilli Pam Bondi si è presentata davanti alle telecamere e invece ha detto: “Epstein è morto suicida e non c’è nessun segreto da svelare”. Nessuna lista è stata mostrata agli americani, nonostante anni di promesse. Non è stata presentata nessuna prova di casi di ricatto a politici democratici, come paventavano i podcast. Il partito democratico non ha ricevuto nessun colpo, come molti speravano. E’ stata una grande delusione per il mondo Maga, e si è creato un cortocircuito dentro il mondo trumpiano. Il complottismo ha travolto i complottisti.  E così Trump si è ritrovato a rispondere ai giornalisti: “Ma state ancora a parlare del caso Epstein?”. Il problema però questa volta per la Casa Bianca non è stata la stampa, ma lo stesso popolo Maga e i suoi agenti che si sono sentiti traditi. Uno su tutti Dan Bongino, ex podcaster complottista trasformato da Trump nel numero due dell’Fbi. Non si è presentato in ufficio e sarebbe infuriato con Pam Bondi per il modo in cui ha gestito la cosa. Alcune fonti interne dicono che potrebbe dimettersi, sentendosi tradito dalla primaria funzione della seconda presidenza Trump: dire la verità sul deep state e sulle conventicole criminali dem. Trump ha preso subito le difese della fedelissima Bondi. Attivisti trumpiani come Laura Loomer chiedono le dimissioni immediate della guardasigilli, i follower col cappellino rosso sui social sembrano scontenti e alcuni vedono Trump come uno che si è venduto al sistema che aveva promesso di scoperchiare. 


Un meccanismo tipico del potere. Al coro si è unito l’ex amico miliardario Elon Musk, che addirittura dopo la rottura di giugno aveva scritto su X: “E’ il momento di sganciare la vera bomba: Trump è nella lista di Epstein. Ed è il vero motivo per cui non è stata resa pubblica” (è vero che Trump, per stessa ammissione di Epstein, è stato uno dei più cari amici del finanziere per oltre quindici anni). Ora Musk, che nel frattempo ha promesso di fondare un partito tutto suo, dice che Trump deve fare quello che ha promesso e rendere pubblici gli Epstein file, altrimenti “come farà la gente a fidarsi di nuovo di lui?”. Ed è la domanda che si fanno molti dentro il Trumpworld, come lo stratega isolazionista Steve Bannon che prevede una perdita di 40 deputati al Congresso alle prossime midterm del 2026 per come è stato gestito il caso Epstein. Fino ad ora Trump è riuscito a controllare per tempo le piccole guerre civili interne al mondo Maga, ma questa sembra toccare la vera natura dell’ideologia post-truth del populismo post-repubblicano: il fatto che il governo è marcio e che il superuomo Trump serve per ripulire “la palude” di Washington. Sul New York Times il conservatore David French ha spiegato perché il caso Epstein è così legato al supporto elettorale di Trump. Il motivo è che “se credi che il governo sia formato da persone così depravate da partecipare a un insabbiamento dell’abuso sistematico di minori, allora non li vuoi solo cacciare dal loro ruolo: vuoi processarli, imprigionarli e magari anche giustiziarli. E vuoi tutto il potere necessario per poterlo fare”

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