
Foto Ansa
Editoriali
I conti in tasca a Donald Trump
Il Wall street journal mette insieme i punti sull’economia americana, che non va così male. Finora l'impatto dei dazi è minore di quel che si temeva, ma un terzo degli economisti è convinto che la recessione ci sarà dalla seconda metà dell'anno. Prevedere il futuro è sempre più difficile
E se le cose non andassero così male per Tariff Man? Non siamo al gioco del What if, ma piuttosto al risultato di un sondaggio del Wall Street Journal tra una platea di 69 economisti. Può sembrare paradossale per tutti coloro che hanno attaccato il protezionismo trumpiano considerandolo contraddittorio e pericoloso per gli stessi Stati Uniti. Diciamo subito che le risposte rivelano la solidità e la resistenza dell’economia americana, non la chiaroveggenza del presidente. Ma vediamo i risultati. La maggior parte si aspetta una crescita più forte e una continua creazione di posti di lavoro, minori rischi di recessione e un’inflazione più fredda rispetto a tre mesi fa, quando è stato annunciato il Liberation day. Con una sorta di sospiro di sollievo gli economisti intervistati vedono che finora l’impatto dei dazi è minore di quel che si temeva. Il prodotto interno lordo dovrebbe aumentare di un punto percentuale del prossimo trimestre, non un granché, ma comunque meglio dello 0,8 per cento previsto in precedenza. L’anno prossimo la crescita dovrebbe rimbalzare all’1,9.
Niente recessione, dunque? Un terzo degli economisti è ancora convinto che ci sarà, perché l’impatto delle tariffe si farà sentire dalla seconda metà dell’anno. Ma in aprile la quota dei pessimisti era al 45 per cento. La disoccupazione continua a scendere (è appena il 4,1 per cento a giugno), mentre l’inflazione di fondo (quindi senza energia e alimentari freschi) è attorno al 2,8. Ciò dà ragione al prudente Jerome Powell il quale non intende ridurre i tassi finché non sarà centrato il 2 per cento d’inflazione e finché l’occupazione continuerà a crescere. Secondo le stime, i dazi dovrebbero aggiungere uno 0,7 per cento ai prezzi al consumo. Non è, quindi, tutto rose e fiori, le importazioni ad esempio sono aumentate già del 26 per cento perché imprese e consumatori hanno fatto scorta. Il Big and Beautiful Bill aggiungerà uno 0,2 per cento al pil quest’anno e lo 0,3 nel 2026, ma la deportazione di immigrati toglierà altrettanto, quindi l’insieme delle politiche domestiche di Trump non darà nessun contributo alla crescita. Leggere le foglie del tè, insomma, è sempre più difficile.