
Ansa
il caso
Charlie Hebdo censurato
Nel 2025 proiettare a Parigi “Dio può difendersi da solo”, il documentario sui vignettisti uccisi, è diventato un atto di coraggio
Il documentario “Dio può difendersi da solo” non verrà proiettato al cinema Commune Image di Saint-Ouen, nella Senna-Saint-Denis. Il film, che ripercorre il processo per l’attentato di Charlie Hebdo con le arringhe dell’avvocato del giornale, Richard Malka, era previsto per mercoledì 9 luglio. Ma l’evento è stato annullato. Dieci anni dopo gli attentati di Charlie Hebdo, un film che ripercorre il processo è stato cancellato. Ufficialmente per “evitare qualsiasi dibattito politico”. Ufficiosamente? Per paura. Un’ennesima rinuncia, in un paese dove persino la memoria sta diventando “troppo sensibile”. Non in Iran. Non in Pakistan. Ma a Parigi.
Il film era un omaggio a coloro che sono stati assassinati per le vignette: Charb, Cabu, Wolinski, Tignous, Honoré... e con loro anche i poliziotti e i dipendenti. Non un incidente, ma un cambiamento. La giusta dose di silenzio perché l’oblio prenda il sopravvento. Il film non è stato vietato dallo stato (Valérie Pécresse, da parte sua, ha proposto di riprogrammare la proiezione del film nell’auditorium del Consiglio Regionale). E’ semplicemente scomparso dalla programmazione. Rimosso. Per precauzione. Per paura di un incidente.
Un clima che ha i suoi piromani: coloro che passano il tempo a minimizzare il terrorismo, gridando all’“islamofobia” non appena qualcuno osa nominare il pericolo. Non è una rinuncia. E’ una resa.
Anche il film animato “Persepolis” dell’iraniana Marjan Satrapi, condannato da Teheran per aver denunciato la rivoluzione islamica del 1979 e che i fondamentalisti islamici hanno provato a bruciare (con i giornalisti dentro) negli studi del canale tunisino Nessma durante la “primavera araba” (che in realtà era un gelido inverno islamico), doveva essere proiettato per gli studenti francesi di un liceo, quando il loro insegnante ha preferito annullare tutto. E’ successo nell’Ardèche, dove “per paura della reazione degli studenti musulmani”, l’autocensura ha preso il potere. “Alcuni studenti sono musulmani e le loro reazioni potrebbero mettermi in pericolo”, confida il professore. E ha aggiunto: “Non siamo al sicuro dai fanatici”.
Già, chi è più al sicuro? Non lo è neanche il libro postumo di “Charb”, Stéphane Charbonnier, il direttore di Charlie ucciso il 7 gennaio 2015. Charb stava lavorando a un libro che sarebbe uscito postumo, una “Lettera ai truffatori della islamofobia”. Non si rivolgeva ai terroristi che avrebbero decimato la sua redazione, ma agli “escrocs”, i truffatori intellettuali, i benpensanti che cercano “di imporre il concetto politico di ‘islamofobia’”. Consegnò queste pagine due giorni prima che venisse ucciso. In numerose università, da Lille a Valenciennes, la presentazione del libro è stata annullata. E così siamo arrivati a questo, che proiettare un film su Charlie Hebdo è diventato un atto di coraggio. In Francia. Nel 2025. Je suis rien.