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10 per cento
L'Ue si è rassegnata a un accordo penalizzante sui dazi di Trump
Bruxelles attende il via libera della Casa Bianca per firmare un’intesa che limita i danni ma sancisce la resa europea. Il rischio è una delocalizzazione massiccia verso gli Usa. La Francia favorevole a contromisure, ma la Commissione segue la linea di Italia e Germania e frena per evitare lo scontro
Bruxelles. Il 9 luglio, il giorno dei dazi di Donald Trump, è passato. La Commissione di Ursula von der Leyen sta solo aspettando il via libera del presidente americano per annunciare un accordo di principio che dovrebbe permettere di limitare i danni dei dazi presenti e futuri sulle importazioni dall’Ue. “E’ una questione di giorni”, spiega al Foglio una fonte della Commissione: “Noi siamo pronti”. La Commissione ritiene di avere sostegno sufficiente tra gli stati membri per sottoscrivere un accordo penalizzante. Ma i dilemmi per l’Ue non sono finiti. La Commissione e gli stati membri devono decidere se rispondere con dazi europei ai dazi di Trump che resteranno in vigore. A Bruxelles le chiamano misure di “riequilibrio”. Potrebbero innescare ciò che tutti vogliono evitare: un’escalation da parte di Trump.
La Commissione si è ormai rassegnata a un accordo penalizzante, che spera di concludere entro la fine della settimana. La sua priorità è cambiata con l’intensificarsi delle minacce di Trump. Il mandato iniziale approvato dagli stati membri prevedeva un accordo simmetrico, “zero dazi per zero dazi”, vantaggioso per entrambe le parti. Ma Trump è rimasto inflessibile sul “dazio di base” del 10 per cento. Germania e Italia hanno guidato il gruppo di paesi europei contrari a un rapporto di forza per paura dell’escalation. Il loro principale argomento – dazi al 10 per cento sono meglio di dazi al 20 o al 50 per cento – ha trovato sempre più consenso. La Commissione si è adattata e ha rinunciato alle principali armi di pressione su Trump, come le contromisure per i dazi degli Stai Uniti su alluminio o acciaio e lo strumento anti coercizione per minacciare di colpire i servizi americani. La nuova priorità è garantire “stabilità e prevedibilità” per gli operatori economici, ha detto ieri un portavoce della Commissione. Come chiesto da Germania e Italia, un brutto accordo rapido è considerato il male minore.
L’accordo di principio dovrebbe prendere la forma di una dichiarazione congiunta di tre pagine, che servirà da base per negoziare un accordo più dettagliato nei prossimi mesi. L’offerta degli Stati Uniti prevede l’imposizione del “dazio di base” del 10 per cento su tutti i prodotti europei, con alcune eccezioni. La Commissione avrebbe ottenuto di escludere gli aerei e il vino e gli alcolici. Sta ancora cercando di evitare dazi del 17 per cento sui prodotti agricoli. Sta anche negoziando un sistema che permetta ai colossi tedeschi dell’auto di beneficiare di un meccanismo simile alle quote tariffarie, con un sistema di crediti per i veicoli prodotti negli Stati Uniti ed esportati nell’Ue. Trump finora è stato inflessibile sui dazi su alluminio e acciaio (attualmente al 50 per cento) e non ha offerto garanzie sui prodotti farmaceutici, semiconduttori e legno. Non ha nemmeno offerto una clausola per assicurare che i dazi non cambieranno al primo cambio di umore.
Un accordo di questo tipo può portare sollievo immediato alle economie dell’Ue. Evitare un’escalation dei dazi significa allontanare le prospettive di recessione e un’impennata dell’inflazione. Tuttavia ci sono conseguenze negative di medio periodo. Le imprese europee saranno incentivate a spostare la produzione negli Stati Uniti per aggirare i dazi e il dollaro debole. Il meccanismo immaginato per i produttori tedeschi di auto con fabbriche negli Stati Uniti è un incoraggiamento agli altri produttori europei a delocalizzare. Gli investimenti pianificati nell’Ue potrebbero trasferirsi in America anche in altri settori. Per evitare questo sbilanciamento, la Commissione può proporre delle contromisure commerciali: dazi di rappresaglia. Per rispondere su alluminio e acciaio l’Ue li ha già approvati, ma subito sospesi, su prodotti americani per un valore di circa 21 miliardi di euro. La Commissione ha preparato una nuova serie di contromisure, chiamandole di “riequilibrio”, per prepararsi agli altri dazi di Trump, con o senza accordo. La proposta iniziale prevedeva di prendere di mira prodotti americani per un valore di circa 95 miliardi. L’ultimo pacchetto di misure sottoposto agli stati membri è sceso a 72 miliardi.
La Francia è tra i paesi che sostengono la necessità di adottare misure di “riequilibrio” anche in caso di accordo con Trump. Il pericolo è che il presidente americano, come promesso nelle lettere a Giappone e Corea del sud, decida di imporre dazi sui dazi in una corsa al rialzo. Il tema del “riequilibrio” non è ancora stato dibattuto tra gli stati membri. Il tempo stringe. Il 14 luglio rientreranno in vigore le contromisure su alluminio e acciaio. La Commissione è intenzionata a sospenderle di nuovo per non entrare subito in rotta di collisione con Trump.