(foto EPA)

l'editoriale del direttore

Il trumpismo sta generando in Europa un effetto di non emulazione tra i follower dei Maga. Kiss my Trump? No, grazie

Claudio Cerasa

Meloni ma non solo, perché il foto di non sfiducia offerto dagli europarlamentari di FdI a von der Leyen sarà la fotografia perfetta dell’incontenibile marginalità del trumpismo nel continente europeo

Il voto di non sfiducia che verrà offerto giovedì dagli europarlamentari meloniani a Ursula von der Leyen non sarà la semplice fotografia di un affetto stabile, come avrebbe detto un tempo Giuseppe Conte, tra un partito un tempo fieramente euroscettico e una maggioranza che oggi combatte gli euroscettici d’Europa, compreso un alleato del governo di Meloni, ovvero la Lega. Sarà la fotografia, piuttosto, di qualcosa di ben più rilevante che riguarderà un tema intorno al quale è forse arrivato il tempo di unire i puntini: l’incontenibile marginalità del trumpismo nel continente europeo. Quando Giorgia Meloni, un anno fa, scelse in prima battuta di votare contro la maggioranza Ursula, era il 18 luglio del 2024, si scrisse e si disse che la premier fece quella scelta anche in vista del possibile trionfo elettorale di Trump. Un anno dopo tutto è cambiato. E in questo senso, l’elemento interessante da mettere a fuoco ha a che fare con la presenza di un trumpismo che in Europa ha generato un effetto opposto rispetto a quello dell’emulazione. Meloni è uno dei leader europei più vicini a Trump, lo sappiamo, ma fra trumpismo ed europeismo ogni volta che si è trovata a decidere da che parte stare la premier ha sempre scelto senza titubare la seconda strada. Il fenomeno della non emulazione del trumpismo non riguarda però solo Meloni ma anche buona parte dei trumpiani d’Europa che di fronte alle avventure del loro idolo si trovano in un imbarazzo colossale. I trumpiani tendenza Musk non sanno bene come districarsi dinanzi al divorzio dei loro cari, non sanno bene come districarsi dinanzi alla scelta del loro idolo di penalizzare con i dazi i potenziali elettori dei sovranisti, non sanno bene come districarsi dinanzi alla necessità imposta da Trump di aumentare le spese militari per proteggere l’Europa da una minaccia che quei partiti non vedono, ovvero la Russia, e dalla Lega fino all’AfD passando per Vox il tentativo di nascondere il proprio trumpismo sotto il tappeto è qualcosa di più di un fenomeno passeggero. Il verbo nascondere è  quello più giusto da utilizzare, perché i partiti più estremisti in Europa scelgono di essere meno trumpiani su alcuni temi (non sull’immigrazione) solo quando si accorgono che quei temi vengono percepiti in modo negativo dagli elettori.

 

Ma il modo forse migliore per osservare con precisione l’effetto paradossale generato dalla proliferazione del trumpismo in America è quello che si sta osservando da molti mesi nella Francia di Marine Le Pen e di Jordan Bardella. Il partito di Le Pen e Bardella, lo sapete, punta alle prossime presidenziali, quelle del 2027, e nella sua corsa alla normalizzazione, nel tentativo cioè di non spaventare gli elettori, ha scelto di dare al trumpismo una connotazione simile a quella adottata nell’“Odissea” da Ulisse di fronte a Polifemo. In quell’occasione, Ulisse si presentò come Outis, ovvero nessuno. E allo stesso modo, quando si parla di Trump, per l’estrema destra francese il presidente americano è come Ulisse per Polifemo: Outis, nessuno, non esiste. L’effetto della non emulazione è una regola che presenta qualche eccezione, come la Polonia, dove i trumpiani (PiS) hanno vinto le presidenziali. Ma proiettato verso il futuro l’effetto della non emulazione potrebbe generare effetti imprevisti, persino ottimistici, anche per l’Italia. Più Trump aggredirà gli interessi degli europei, più i partiti in Europa vicini a Trump potrebbero essere tentati dal non emularlo. E più si andrà avanti con il tempo e più la corsa a smarcarsi dal sovranismo trumpiano potrebbe spingere i trumpiani europei a emanciparsi dal modello Trump. La regola in fondo è sempre quella: il nazionalismo dell’uno danneggia il nazionalismo altrui. I trumpiani europei forse non arriveranno a questa valutazione. Ma vedere il trumpismo che in Europa genera contrapposizione piuttosto che emulazione è uno spettacolo raro di questi tempi in Europa. Uno spettacolo in cui, per capirci, l’unico a pagare dazio è il modello politico di chi ha trasformato la politica in un grande show in formato “kiss my ass”. 

  • Claudio Cerasa Direttore
  • Nasce a Palermo nel 1982, vive a Roma da parecchio tempo, lavora al Foglio dal 2005 e da gennaio 2015 è direttore. Ha scritto qualche libro (“Le catene della destra” e “Le catene della sinistra”, con Rizzoli, “Io non posso tacere”, con Einaudi, “Tra l’asino e il cane. Conversazione sull’Italia”, con Rizzoli, “La Presa di Roma”, con Rizzoli, e "Ho visto l'uomo nero", con Castelvecchi), è su Twitter. E’ interista, ma soprattutto palermitano. Va pazzo per i Green Day, gli Strokes, i Killers, i tortini al cioccolato e le ostriche ghiacciate. Due figli.