
Ansa
il vertice
I Brics a guida Lula sempre più divisi, tranne che sui dazi di Trump
Nella dichiarazione finale del summit di Rio de Janeiro, il blocco ha espresso “serie preoccupazioni per l’aumento delle misure tariffarie e non tariffarie unilaterali che distorcono gli scambi commerciali”, ma senza riferimenti diretti al presidente americano. Tra assenze e distinguo, emergono profonde differenze tra i paesi Bric
“Qualsiasi paese che si allinei alle politiche antiamericane dei Brics sarà tenuto a pagare un dazio aggiuntivo del 10 per cento. Non ci saranno eccezioni a questa politica”, ha scritto Trump domenica scorsa in un post su Truth. Una comunicazione arrivata verso la conclusione del XVII vertice dei Brics, che si è tenuto presso il Museo di Arte Moderna di Rio de Janeiro. Da parte del Brasile era venuta addirittura una proposta di istituire nella metropoli carioca una sede permanente del gruppo. Ma poi Putin ha deciso di non partecipare se non in videoconferenza – come il Sudafrica, pure il Brasile come membro della Cpi ha potuto garantire che non sarebbe stato arrestato. Clamorosamente assente è stato anche Xi Jinping, per la prima volta da quando è alla testa della Repubblica popolare cinese. E qui si sono sbizzarrite le ipotesi: irritazione per un vertice tra Lula e il primo ministro indiano Modi; irritazione per le critiche che la moglie di Lula aveva fatto alla cinese TikTok durante una visita a Pechino; volontà di Xi di non incorrere nelle ire di Trump.
Non è intervenuto, al grande summit dei Brics, nemmeno il presidente iraniano Massoud Pezeshkian, e Teheran sarebbe rimasta scontenta per non essere riuscita a ottenere una condanna esplicita di America e Israele. Pure il presidente egiziano al Sisi ha deciso di disertare, pure lui timoroso di far arrabbiare Trump. Ma Lula è andato come un fiume in piena, con discorsi contro l’egemonia del dollaro e la guerra dei dazi di Trump. Nella dichiarazione finale di 126 punti, il blocco ha espresso “serie preoccupazioni per l’aumento delle misure tariffarie e non tariffarie unilaterali che distorcono gli scambi commerciali”, ma senza riferimenti diretti a Trump. E’ stata anche ribadita la necessità di riformare istituzioni come l’Onu, il Fondo monetario internazionale e la Banca mondiale, ma Egitto e India hanno rifiutato misure che mettano in discussione il dollaro, e neanche c’è consenso sulla proposta di Lula di riforma del Consiglio di sicurezza.
“Il governo brasiliano ha denunciato le violazioni dell’integrità territoriale dell’Iran, come aveva già fatto nel caso dell’Ucraina. E’ urgente che le parti coinvolte nella guerra in Ucraina approfondiscano il dialogo diretto in vista di un cessate il fuoco e di una pace duratura” aveva pure detto Lula, accusando la Nato di preferire “investire nella guerra piuttosto che nella pace”. E sul medio oriente: “Assolutamente nulla giustifica le azioni terroristiche perpetrate da Hamas. Ma non possiamo rimanere indifferenti al genocidio perpetrato da Israele a Gaza, all’uccisione indiscriminata di civili innocenti e all’uso della fame come arma di guerra”, “l’unica soluzione è la fine dell’occupazione israeliana”.
“Il ruolo del Brasile al centro di un Brics allargato e più autoritario è parte integrante della politica estera sempre più incoerente di Lula”, aveva scritto l’Economist, evidenziando una crescente impopolarità sul fronte interno che il presidente brasiliano cerca di contrastare con proposte di tasse ai ricchi presentate anche ai Brics come politica da estendere a livello mondiale. “Inizialmente, l’appartenenza ai Brics offriva al Brasile una piattaforma per esercitare un’influenza globale. Oggi, questo fa apparire il paese sempre più ostile all’occidente”, scriveva l’Economist. Solo che questa linea di scontro non è condivisa da India, Egitto, Etiopia, Emirati Arabi Uniti e Arabia Saudita, per cui alla fine non sono stati menzionati né America né Israele nella condanna agli “attacchi militari contro la Repubblica islamica dell’Iran dal 13 giugno 2025, che costituiscono una violazione del diritto internazionale e della Carta delle Nazioni Unite”. Rimosso anche il termine “genocidio”.
Tra generici appelli alla pace tra Russia e Ucraina, però, sono stati invece condannati “con la massima fermezza gli attacchi a ponti e infrastrutture ferroviarie che hanno deliberatamente preso di mira i civili nelle regioni di Bryansk, Kursk e Voronezh della Federazione Russa il 31 maggio e il 1° e 5 giugno 2025, che hanno causato la morte di diversi civili, tra cui bambini”. Gli oblast di Bryansk, Kursk e Voronezh si trovano tutti vicino al confine nord-orientale dell’Ucraina e hanno svolto un ruolo centrale nello sforzo bellico russo, fungendo da hub logistici chiave e da basi di lancio per attacchi missilistici e droni contro le città ucraine, spesso prendendo di mira infrastrutture civili e causando vittime. Ma di quelle a Lula non sembra importare.