
Ansa
l'editoriale dell'elefantino
Troppi baci al caro Trump. Bisognerebbe fargli un po' di male
Un supermarchese del Grillo a cui è impossibile dire di no. Ma che senso ha trattenere a forza di baci, come fa l’Europa, la sua sfacciata riluttanza in alleanze che lui sembra solo voler indebolire, se non demolire?
Lui richiede con insistenza che gli si baci il culo, e sembra un’affettazione di egomaniaca volgarità, ma la realtà è quella: dire di no a Trump è virtualmente impossibile. Ci possono provare, e ci provano, fino a prenderlo in giro o a costringerlo a fare passi sulla loro scia, solo coloro che si trovano nella invidiabile condizione descritta da Machiavelli quando osservava che Atene e Sparta vissero mille anni “armatissime e liberissime”. Ora Berlino Parigi e Roma sono al lavoro per una lettera sulla competitività delle imprese europee, che è un modo sofisticato di sbaciucchiare il culo al Trump che minaccia dazi insopportabili per un’Unione tuttora fondata essenzialmente su champagne e prosecco e altre mercanzie insofferenti dei diritti doganali. Zelensky, che è un uomo di stato oltre che un combattente, è costretto a discutere con chi gli nega armi già in viaggio, essenziali per la copertura contraerea, per evitare una rottura foriera di catastrofe per il suo paese in guerra di difesa dall’aggressione russa.
Ma non esiste un cannone gratis, gli spiega con un tocco macabro di paternalismo liberista il mezzo autocrate degli Stati Uniti. Quelle stesse armi che il Cancelliere tedesco, ottimo profilo fin qui, si propone di comprare, dicasi comprare, cioè un contrabbando interno alla Nato, per trasferirle a chi difende l’Europa sul fronte orientale. Meloni, che fa il suo mestiere con competenza ma per evitare sorprese, scarti, e altri elementi che sono il sale della buona politica, potrebbe cominciare a annoiare perfino un paese scafato come l’Italia, deve dire continuamente che ha parlato al telefono con Trump e ha ricevuto rassicurazioni di ogni genere. Baciare, baciare, baciare. Macron è stato trattato da demente, in risposta è arrivato un altro bacino, bisou bisou.
Gli unici che possono evitare il bacio sono Netanyahu, con la riserva di una certa dose di dissimulazione e adulazione, che porta il presidente amico a Fordow con i suoi bombardieri, dopo aver conquistato il cielo di Teheran, volente o nolente; Putin, che lo prende per i fondelli ma di concerto con lui stesso, dilazionando tutto e trattenendosi con lui molto al telefono, e interrompe comunque una conferenza per non farlo attendere in linea, “sennò si arrabbia”; Xi Jin Ping, mr Ping, che gli riscrive in un batter d’occhio l’intero pacchetto di cambiali da lui pomposamente pretese con le dogane in cambio di una semistabilità che la sua economia aggressiva e le sue armi e la sua geopolitica possono garantire. E’ brutto averne la conferma, ma il mondo è una trama di rapporti di forza alla quale si aggiunge, con risultati sconfortanti, l’ordito elegante del prêt-à-porter made in Europe, un’area che da questo punto di vista, nonostante gli encomiabili sforzi in corso d’opera, è ancora fuori del mondo.
Ogni volta che Trump partecipa a un vertice Nato o del G7 c’è la conferma, che lui adora e considera uno strumento indispensabile del suo potere d’immagine, del fatto che dirgli di no è impossibile, e che lui è un supermarchese del Grillo. Eppure bisognerà trovare il modo di fargli un po’ di male, mica tanto, non si hanno qui pretese inarrivabili, sennò che gusto c’è a fare politica internazionale, a gestire quella cosa pomposetta ma utile che è la sovranità nazionale, che senso ha trattenere a forza di baci la sua sfacciata riluttanza in alleanze di sistema che lui sembra solo voler indebolire, se non demolire?

Dal gulag all'occidente