Foto Ansa

guerra commerciale

L'Ue disunita sui dazi trumpiani valuta quanto brutto sarà l'accordo

David Carretta

A pochi giorni dalla scadenza del 9 luglio, Bruxelles prova a evitare un’escalation tariffaria con gli Stati Uniti. Ma alcune concessioni rischiano di indebolire la posizione europea, con Berlino e Roma pronte a cedere. Tutto è nelle mani di Trump

Aarhus. “Una settimana di lavoro produttiva”, ha detto il commissario al Commercio, Maros Sefcovic, tornando da Washington dopo aver incontrato le sue controparti americane, Howard Lutnick e Jamieson Greer, per cercare di trovare un accordo con gli Stati Uniti che permetta di mettersi alle spalle la guerra dei dazi lanciata da Donald Trump. Cosa più importante, Sefcovic ha visto anche il segretario al Tesoro, Scott Bessent, l’uomo chiave per trovare compromessi commerciali con l’Amministrazione Trump. La Commissione ieri ha fatto un resoconto agli ambasciatori dei ventisette stati membri. “Il nostro obiettivo rimane invariato: un accordo commerciale transatlantico valido e ambizioso”, ha assicurato Sefcovic. Eppure nessuno a Bruxelles si fa illusioni sulla possibilità di firmare una pace definitiva. A quattro giorni dalla scadenza del 9 luglio, quando Trump potrebbe portare i dazi sull’Ue al 50 per cento, tra funzionari e diplomatici europei prevale l’incertezza. Gli impegni che possono prendere Lutnick, Greer e Bessent con Sefcovic vengono considerati di scarsa rilevanza. “C’è una sola persona a Washington che decide: Trump”, spiega al Foglio un commissario europeo, che ha chiesto l’anonimato.

Giovedì, durante il lancio del semestre di presidenza danese del Consiglio dell’Ue, Ursula von der Leyen ha detto di puntare a “un accordo di principio” entro il 9 luglio. Un accordo completo e definitivo è “impossibile” a causa della dimensione della relazione commerciale transatlantica. L’Ue ha già fatto alcune concessioni importanti. E’ pronta ad accettare il “dazio di base” del 10 per cento imposto dagli Stati Uniti su tutte le importazioni europee. In cambio chiede che i dazi sui settori sensibili – acciaio e alluminio, automobili, farmaceutica, semiconduttori, prodotti alcolici, prodotti farmaceutici – non superino il dazio di base. Attualmente l’Amministrazione Trump impone dazi del 25 per cento sulle automobili europee e del 50 per cento su acciaio e alluminio. Man mano che si avvicina la scadenza, il timore degli europei è che aumentino le richieste da parte americana. L’ultima  proposta di Trump prevede  un dazio generalizzato del 17 per cento, più dazi differenziati in altri settori. Alcune richieste americane violerebbero le linee rosse fissate dall’Ue sull’autonomia legislativa, in particolare nel settore del digitale e degli standard di sicurezza. “Gli americani restano rigidi”, dice un diplomatico europeo, “tutti vogliamo avere un quadro chiaro di cosa sarebbe l’eventuale accordo  prima di decidere, e ancora questo quadro non c’è”. Gli europei si sono messi da soli in una posizione di debolezza, quando alcuni paesi hanno spinto la Commissione a sospendere la ritorsione sui dazi su alluminio e acciaio e a togliere dal tavolo la minaccia di usare lo strumento anti coercizione per compiere una rappresaglia nel settore dei servizi. Germania e Italia sono pronte ad accettare un “brutto accordo”, diverse fonti confermano che il numero di paesi per una risposta dura a Trump si è assottigliato. La domanda ora è quanto “brutto” sarà l’accordo che la Commissione è disposta ad accettare sotto la pressione del fronte della debolezza.
 

Di più su questi argomenti: