
Ansa
i timori di Zelensky
Il bacio della morte di Trump. L'America non vuole più dare armi a Kyiv per difendersi da Putin
L'Ucraina ha fatto tutto quel che il presidente americano ha chiesto, ma a lui non basta. Intanto a Mosca applaudivano la decisione americana di sospendere le armi agli ucraini: questa è la strada per la pace, ha detto il Cremlino
Il ministro degli Esteri ucraino, Andriy Sybiha, ha convocato John Ginkel, diplomatico americano dell’ambasciata a Kyiv, per chiedergli conto della decisione dell’Amministrazione Trump di fermare la fornitura di armi all’Ucraina: “Ogni esitazione o ritardo incoraggia l’aggressore a continuare la guerra e gli atti di terrorismo”, ha detto Sybiha, per la milionesima volta. Per quanto gli ucraini siano da sempre pronti a tutto, resistenti, flessibili, riluttanti alla lamentela (“piangere non ha mai ridato la libertà a nessuno”, dice una canzone popolare), e per quanto molti dicano: non allarmatevi con i titoli di giornali, la realtà è sempre diversa dal sensazionalismo, nei giorni in cui Vladimir Putin lancia quasi 500 droni al giorno contro i civili, il blocco della consegna dei sistemi di difesa aerea già stanziati rappresenta un tradimento difficile da infiocchettare. In nome dell’interesse nazionale – le riserve statunitensi di armi sono basse – centinaia di intercettatori per i Patriot, di Stinger, di munizioni, di missili Hellfire e Aim (che sono lanciati dai Nasams ucraini e dagli F-16), così come i sistemi anticarro e i lanciamissili potrebbero non arrivare più in Ucraina.
Secondo il Wall Street Journal, alcuni di questi armamenti sono stati fermati mentre erano in transito in Polonia. Pentagono e Casa Bianca non hanno ancora chiarito molto di questa decisione, ma la viceportavoce Anna Kelly ha detto alla Pbs: “Questa decisione è stata presa per dare priorità agli interessi americani, in seguito alla revisione del dipartimento della Difesa sul nostro sostegno e la nostra assistenza ad altri paesi. La potenza delle Forze armate americane resta indiscussa – chiedete all’Iran”. Secondo una ricostruzione di Politico, le pressioni per sospendere le forniture all’Ucraina, in particolare delle munizioni e dell’artiglieria, sono iniziate a marzo, con un documento sulla scrivania del segretario alla Difesa, Pete Hegseth, che poi però non è finito in cima alle sue priorità. Così la decisione è stata presa, secondo molti, all’inizio di giugno su iniziativa del policy chief del Pentagono, Elbridge Colby, che aveva lavorato alla Difesa anche nel primo mandato di Trump, un falco anti Cina che da sempre sostiene che la minaccia arriva da là – ed è Pechino il partner di maggioranza nell’asse con Mosca, Teheran e Pyongyang – è su quella che l’America deve concentrarsi, senza disperdere soldi e materiale in altri contesti.
Però in questo preciso contesto, la guerra della Russia contro l’Ucraina, sono accadute molte cose in questi mesi: Volodymyr Zelensky ha accettato tutto quel che Trump gli ha chiesto, digerendo un’umiliazione in diretta globale, accettando un cessate il fuoco senza condizioni, firmando un accordo sulle terre rare che è più un risarcimento per gli americani che un’opportunità per gli ucraini, costruendosi da solo una flotta di droni all’avanguardia, offrendosi di pagare le armi americane che servono alla difesa del suo paese, adeguandosi al cambiamento di tono, di prospettiva, di equilibri all’interno dei consessi internazionali, aspettando ultimatum alla Russia che sono scaduti senza che accadesse nulla. Il vertice della Nato della scorsa settimana è stato forse quello che più ha illuso l’Ucraina, perché Trump è sembrato molto più comprensivo e in ascolto, forse ha capito che cosa ci sta facendo Putin, dicevano gli ucraini ottimisti, pronti a portare avanti un negoziato che sanno essere inutile, a causa della Russia.
Nulla basta con Trump, proprio come nulla basta con Putin. A spezzare questo duopolio deleterio è arrivato Emmanuel Macron, con la sua telefonata a Putin, inutile come tutte quelle che appassionavano il presidente francese all’inizio dell’invasione russa. Il presidente russo non sembra voler cambiare la sua idea sulla guerra in Ucraina e sul cessate il fuoco, ha detto la portavoce del governo francese, mentre a Mosca applaudivano la decisione americana di sospendere le armi agli ucraini: questa sì che è la strada per la pace, ha detto il Cremlino. A Kyiv intanto si cerca di calcolare le conseguenze dell’ultimo messaggio destabilizzante che arriva da Trump: queste armi erano state stanziate dall’Amministrazione precedente, c’è un contratto, nei dettagli sta il diavolo o la salvezza.