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il cognome non basta più

Crollano le dinastie politiche negli Stati Uniti, tranne una

Marco Bardazzi

I Cuomo sono in ritirata, i Daley non riescono più a controllare Chicago e in casa Maga il governatore della Florida Ron DeSantis ha fallito nel tentativo di costruire un percorso politico per la moglie Casey. L'unico brand che funziona è quello di Trump

C’è un solo brand politico appoggiato su una dynasty familiare che in questo momento resiste in America: è quello di Trump. Tutti gli altri sembrano aver perso qualsiasi capacità di attrarre gli elettori, come ha dimostrato il voto a New York nella campagna per il nuovo sindaco della città. 

La vittoria nelle primarie dei democratici del giovane politico socialista musulmano Zohran Mamdani sta facendo discutere molto, ma quasi sempre per le ragioni sbagliate. Immaginare che New York sia il laboratorio dove i progressisti stanno preparando la ricetta giusta per battere il mondo Maga trumpiano è l’ennesima illusione che i democratici potrebbero pagare cara: Mamdani non è un nuovo Barack Obama, è un insolito mix di politiche radicali, wokismo e uso sapiente dei social media che può funzionare a Manhattan e dintorni, ma non nel resto d’America. Il caso newyorchese è però importante, su scala nazionale, per altre ragioni. Tra queste, il fatto di sancire forse definitivamente la fine di un’epoca segnata dalle grandi dinastie politiche. Perché la vittoria del giovane Zohran è soprattutto la sconfitta dei due brand democratici più forti dopo quello dei Kennedy: Cuomo e Clinton. 

Lo shock che sta vivendo il partito non è legato soltanto all’irruzione in scena di Mamdani, che è un po’ la versione maschile ed etnica di quello che da anni sta facendo tra i democratici Alexandria Ocasio-Cortez, sua sostenitrice. La sorpresa è stata invece veder perdere nettamente un leader consolidato come l’ex governatore Andrew Cuomo e soprattutto vederlo sopraffatto in aree del Queens o di Brooklyn dove la macchina del partito era controllata saldamente dalle vecchie dinastie politiche. Il figlio di Mario Cuomo che perde a New York le primarie del suo partito nonostante l’appoggio di Bill Clinton e dello stato maggiore dei democratici newyorchesi è un segnale chiaro: il cognome non è più una garanzia per nessuno, in un’epoca di populismo dove non è più accettata l’idea che ci siano grandi famiglie che crescono i figli per prepararli a governare.

Eppure l’America in politica era sempre stata una terra di dinastie, in apparente contraddizione con la scelta di creare una repubblica proprio per allontanarsi dalle successioni monarchiche inglesi. Già all’alba del percorso storico degli Stati Uniti c’era stata la doppia presidenza degli Adams, padre e figlio, a dare un’indicazione per il futuro. Alla fine dell’Ottocento alla Casa Bianca era arrivato Benjamin Harrison, ventitreesimo presidente, nipote del nono presidente William Henry Harrison e bisnipote di uno dei padri fondatori degli Stati Uniti. Gli Harrison erano una famiglia storica della Virginia che ha prodotto vari politici, così come i Roosevelt di New York, anche se i due presidenti Theodore e Franklin Delano erano solo lontani cugini. La dinastia politica americana per eccellenza resta quella dei Kennedy, che oltre a un presidente e due aspiranti presidenti ha sfornato un esercito di politici democratici e ha poi invaso il campo anche dei repubblicani: prima con Arnold Schwarzenegger, governatore repubblicano della California sposato con una Kennedy e adesso con Robert F. Kennedy Jr che si è spostato nel campo di Trump e fa il ministro della Sanità. Tra il Ventesimo e il Ventunesimo secolo è stata poi la volta dei Bush tra i repubblicani e dei Clinton tra i democratici. Anche se a Hillary non è riuscito il salto alla Casa Bianca sulle orme del marito Bill e tra gli eredi di Bush non si è andati oltre un posto da governatore per Jeb, il fratello di George W.

Adesso non c’è dinastia che tenga, nella nuova America a trazione Maga. Liz Cheney, figlia del vicepresidente Dick, è stata rigettata come un corpo estraneo dai repubblicani per non essersi allineata con il trumpismo. I Cuomo sono in ritirata, i Daley non riescono più a controllare Chicago e perfino in casa Maga il governatore della Florida Ron DeSantis ha fallito nel tentativo di costruire un percorso politico per la moglie Casey. I Clinton non riescono più a comandare nel partito e se Michelle Obama ha mai davvero pensato di candidarsi sfruttando il nome di famiglia, farà meglio a ripensarci. 

L’unico brand che funziona è quello di Trump, che qualche tentazione dinastica potrebbe averla. Il figlio Don Jr scalpita e sembra attratto dalla politica, molto più di quanto non lo sia stato il genero Jared Kushner, mentre il giovane Barron è ancora un enigma. Zohran Mamdani, però, ha messo in guardia tutti: il cognome non basta più.

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