
Foto Ansa
stati uniti
La Corte Suprema allarga ancora un po' i poteri di Trump
Per la Corte i giudici minori non possono bloccare le decisioni del governo, ma la sentenza non chiarisce se i figli degli immigrati irregolari possono avere la cittadinanza americana. Trump esulta, ma il verdetto divide il paese e alimenta l’incertezza giuridica
La Corte Suprema americana, nell’ultimo giorno di sentenze della sessione di giugno, ha dato la sua opinione su un tema complicato, se la cittadinanza americana che viene assegnata a chiunque nasca sul suolo americano in virtù del Quattordicesimo emendamento della Costituzione sia valida anche per i figli dei migranti irregolari. I ricorsi sul tema sono partiti dopo che Donald Trump, nel primo giorno del suo secondo mandato, ha emesso un decreto esecutivo che imponeva alle agenzie federali di sospendere i procedimenti per ottenere la cittadinanza dei figli dei clandestini. Da lì i casi si sono consolidati in un unico grande ricorso che però ha usato un trucco giuridico: anziché chiedere alla Corte Suprema di decidere nel merito della questione, ha chiesto di decidere su un altro tema a esso legato. Ovvero: possono le Corti minori interferire con le decisioni del governo ed emettere ingiunzioni che le blocchino su base nazionale. Per la maggioranza conservatrice della Corte Suprema, no, non possono. La sentenza, scritta dalla giudice Amy Coney Barrett, è piuttosto diretta: le Corti distrettuali, come dice la parola, hanno una competenza ristretta, secondo i poteri che gli sono stati conferiti dal Judiciary Act del 1789. Una lettura che più originalista non si può. Si dice anche che “se il governo esonda rispetto alle sue competenze, le Corti non possono fare lo stesso”.
Le tre giudici liberal non potevano che opporsi a una simile decisione. Nel suo dissenso scritto, la giudice Sonia Sotomayor dice che la decisione “è una carnevalata travestita da rispetto delle leggi” e accusa i suoi colleghi di aver “fatto il gioco dell’Amministrazione”. Che a questo punto si ritrova con molti più poteri di prima. Oppure no? C’è un piccolo cavillo che viene rivelato da un’opinione concorrente del giudice Brett Kavanaugh: le class action in merito potranno essere sempre svolte. Solo che varranno appunto solo per una categoria di persone, magari localizzata in certi stati. Il magazine centrista The Bulwark ha commentato che la decisione può far sì che ci siano due Americhe: una dove i giudici proteggono i propri cittadini dall’arbitrio governativo e l’altra dove certe leggi vengono implementate. Oltretutto, non si decide nemmeno su quello che doveva essere il tema cardine della sentenza: i figli degli irregolari sono cittadini oppure no? Una risposta nel merito poteva essere devastante. Una sentenza del 1982, la Plyer vs Doe, affermava che negare ai figli dei clandestini dei servizi scolastici li privava della “eguale protezione di fronte alla legge”, quindi erano cittadini americani alla nascita. Si tratta di un precedente difficile da smontare integralmente come Trump vorrebbe.
Queste finezze accademiche però hanno lasciato indifferente il presidente che ha convocato una conferenza stampa con la procuratrice generale Pam Bondi e il suo vice Todd Blanche, già avvocato difensore di Trump nelle sue numerose controversie giudiziarie. Il presidente ha parlato di “vittoria gigante” e del fatto che “il paese dev’essere orgoglioso della sua Corte Suprema”. Ha anche aggiunto che ora finalmente la cittadinanza sarà limitata agli americani e che il Quattordicesimo emendamento era destinato solo “ai figli degli schiavi”. Non è proprio così, ovviamente: l’ordine esecutivo sulla cittadinanza resta sospeso per trenta giorni. Nel frattempo, uno dei ricorrenti, il procuratore generale della California, Rob Bonta, ha dichiarato che assieme ad altri colleghi democratici sta cercando di fare tutto il possibile per sospendere nuovamente nel merito il provvedimento dell’Amministrazione, che già i giudici distrettuali avevano definito come “sfacciatamente incostituzionale”.
La Corte Suprema, dal canto suo, ha preso una decisione che da un lato rintuzza le Corti distrettuali e il loro potere ingiuntivo, dall’altro non si esprime sulla questione della cittadinanza. E rimanda tutto al giugno 2026. Potenzialmente, dunque, qualora i ricorsi fallissero, l’ordine di Trump verrebbe implementato per circa un anno, con conseguenze devastanti per famiglie “a metà” tra status irregolare e voglia di integrarsi. Peraltro, tutto questo rafforzerà la volontà dell’Amministrazione di disobbedire agli ordini delle Corti minori, anche quando sono limitati a un territorio o a una sola categoria di persone, rafforzando i già ipertrofici poteri di una presidenza che appare sempre più restia a farsi limitare dalle leggi e dalla Costituzione.

Esecuzione capitale